domenica 19 giugno 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 123° pagina.


La ragazza, dall’aspetto per niente attraente, pareva timida e imbarazzata, ma nello stesso tempo pareva piacevolmente interessata al dottore, tanto che Velthur si aspettava che gli chiedesse di passare il resto della notte con lei.

Velthur pensò che se glielo avesse chiesto, magari le avrebbe detto di sì. Le bruttine non le dispiacevano, ed era parecchio tempo che non giaceva con una donna. Pensò che mescolare il sangue di quella gente con il proprio non sarebbe stato un male, nella speranza di rinvigorire un poco quella gente isolata che chiaramente era segnata da troppi accoppiamenti fra consanguinei.

Ma lei non si spinse a tanto, e per il galateo dei Thyrsenna, era sempe la donna a dover fare l’invito per prima, e quindi Velthur non ci provò neanche. Tra l’altro, non sarebbe stato dell’umore giusto.

«Quando avete gridato… avete visto qualcosa, vero? Il vino di frutti di bosco provoca visioni. È per questo che lo si beve…».

«Voi l’avete mai bevuto? A me ha fatto venire delle allucinazioni spaventose. Anche molto belle, ma con particolari orrendi e terrificanti. Ho visto dei veri e propri mostri…. è per quello che ho urlato. State sicura che non lo berrò mai più, e che non salti in testa a vostro zio di offrirmelo di nuovo, o non avrò rispetto della sua bianca barba!».

«Mi spiace…. Non vorrei che per questo voi non voleste più avere a che fare con noi. Sarebbe il primo visitatore a non rimanere soddisfatto della nostra ospitalità».

«Ma no, non ce l’ho con voi, ma solo con la leggerezza di vostro zio. E vi do un consiglio medico: non bevete più quella roba e non offritela più a nessuno. Fa male alla salute, e rischia di farvi diventare pazzi. Avete capito?».

«Io l’ho bevuto una sola volta, e ha dato anche a me visioni brutte e incubi. D’allora non ho più voluto assaggiarlo».

«E avete fatto bene, perché così avete dimostrato di essere più sensata di vostro zio! Se proprio non volete buttarla via, vendetela a qualche sacerdote!».

Harali rise.

«Non amate molto neanche voi i sacerdoti, vedo! Non li ama neanche mio zio, e tanti altri da queste parti»

«Sapete quanti kametheina etariakh commerciano in birra verde, birra all’assenzio? Se vendete il vino fatato ad uno di loro, gli fate un favore! Comunque sì, non amo i sacerdoti. Io sono un Avennar, perciò non posso guardare di buon occhio quella gente».

«Cos’è un Avennar?».

«Oh, lasciate stare…. qua non ce ne sono. Credo di essere l’unico Avennar da qui fino ad Enkar. Comunque, gli Avennarna sono i seguaci di una religione che non segue il culto di Sil».

«Come le Fate, i Sileni e le streghe, che seguono altri Dei? Seguite Dei stranieri?».

«No, non seguiamo nessun Dio o Dea. È troppo difficile da spiegare. Perdonatemi, non amo parlare della mia religione. Mi ha già procurato abbastanza guai. Sappiate comunque che spesso abbiamo dovuto subire persecuzioni da parte dei sacerdoti di Sil».

Harali sembrava interessata all’Aventry, di cui non aveva mai sentito parlare. Velthur provò a spiegarle i princìpi fondamentali della sua religione, cioè la dottrina della reincarnazione e del principio primo e impersonale di tutte le cose, l’etica della razionalità e del controllo delle emozioni e degli istinti, il concetto di evoluzione dello spirito attraverso le varie reincarnazioni per raggiungere la perfezione finale e la liberazione dal mondo fisico, la venerazione per i Santi, cioè quegli uomini e donne dell’Aventry che avevano dimostrato le più alte virtù in vita e che si credeva avessero conquistato perciò la perfezione nell’aldilà e perciò la liberazione dal ciclo delle rinascite..

«Voi siete la prima persona che sembra sinceramente interessata alla mia religione e che sembra capirla, fra la gente di campagna. È strano, perché è una religione per la gente di città….».

Velthur avrebbe voluto dire “per persone con una certa istruzione e non per analfabeti”, ma si guardò bene dal dire qualcosa di offensivo con quella ragazza che cercava solo di essere gentile con lui, e che era affascinata da lui probabilmente proprio perché aveva una cultura, e apparteneva ad un mondo dal quale era esclusa per nascita.
«Alle volte vorrei avere un’istruzione,

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