giovedì 6 aprile 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 365° pagina.


Cercò di ignorare Syndrieli.

«Mi hanno detto che ti piace l’alchimia, Loraisan….. non ti piacerebbe diventare un alchimista? Magari un sacerdote alchimista…. Non ti piacerebbe?».

Loraisan aveva delle grosse difficoltà a mentire. Aveva sempre paura che le sue bugie si vedessero sul suo volto. O meglio, ne aveva la netta sensazione.

«Sì… mi piacerebbe!».

«Vieni con me, allora. Ti mostrerò qualcosa che ti piacerà, ne sono sicura!».

Lo prese per mano e lo condusse fuori dal parlatorio, verso il cortile interno, fino ad un’altra porta che era chiusa con un chiavistello. La madre e la sorella di Loraisan li seguirono in silenzio, sorprese di essere trattate quasi come se non esistessero.

Harali tirò fuori dalla sua cintura azzurra una chiave argentea, e aprì il chiavistello.

«Qua dentro si entra solo con il mio permesso, perché dopo il tempio di Sin, è il luogo più importante di tutto l’eremo».

La porta si aprì silenziosamente, senza alcun cigolio, su di un ampio locale illuminato da molte lampade perenni fissate ai muri.

Non c’erano finestre, solo strette feritoie che dovevano servire come mezzo di aerazione, non certo per guardare fuori.

In fondo al locale, sulla parete opposta alla porta, c’era una nicchia in cui troneggiava l’immagine taurina e argentea di Sin.

Lungo le pareti, c’erano tavoli pieni di alambicchi, ampolle, serpentine di vetro, pentacoli di rame e d’argento, sfere di cristallo, piccoli specchi iridescenti, cristalli naturali, poliedri scolpiti in rocce colorate, specchi oscuri rotondi, triangolari e poliedrici e altri oggetti alchemici.

«Questo è il nostro laboratorio alchemico. Qui produciamo le sostanze pregiate e i mezzi potenti che ci permettono di guadagnare ciò che è necessario al mantenimento dell’eremo e a tutte le opere che tornano alla maggior gloria di Nostro Signore della Luce Notturna».

Harali fece un ampio gesto lungo la sala.

«Qui insegno alle giovani che vengono qui per i tre anni di vita monastica i segreti basilari dell’alchimia. Qui valuto i loro talenti, e seleziono chi ha le abilità più grandi e potenti. Anche tua sorella Eukeni imparerà qui le tecniche dell’alchimia nel suo triennio monastico. E se vorrà rimanere qui per altri anni ancora, potrà imparare i segreti dell’alchimia come un qualsiasi Mastro Alchimista di città. Lei ha un buon talento alchemico, un buon farthankar. Se ce l’ha lei, io penso che puoi averlo anche tu».

«Mi hanno detto che sono troppo piccolo per poterlo sapere. Il dottor Laran mi ha detto che solo a dieci anni si può cominciare a sapere se una persona ha talento alchemico oppure no».

«E ti ha insegnato giusto. Ma anche se non puoi cominciare a praticare l’alchimia, puoi cominciare a studiarla, a leggere i libri che ne parlano. Io sono sicura che il tuo farthankar funzionerà!

Se tu studierai bene sotto la nostra guida, se saprai imparare tutto quello che deve sapere una persona colta, se sarai un bravo studente, potrai anche tu un giorno imparare l’alchimia in un laboratorio come questo».

Le parole della Reverenda Madre Fondatrice inquietarono Syndrieli, che cominciò a esprimere le sue perplessità.

«Reverenda Madre…. scusatemi, io sono una povera ignorante… ma non è un po’ presto per parlare di alchimia a un bambino così piccolo? So che l’alchimia è una cosa che va trattata con molta cautela, che può essere pericolosa….».

«La preoccupazione di una madre è legittima, ma credete davvero che io vorrei instillare pericolose curiosità in un bambino? Voi lo sapete bene: il nostro è un ordine di monache alchimiste. Per noi, è molto importante dare un’istruzione a tutti i figli degli etarna e dare loro soprattutto una formazione alchemica, in modo da dare loro le maggiori possibilità di costruirsi un futuro prospero. Se vi ho portato qui, è stato per far capire al bambino cosa può imparare qua dentro e quanto è importante per il futuro suo e della nostra comunità…».

C’era un notevole disappunto nella voce di Harali.

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