mercoledì 29 marzo 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 359° pagina.


E poi c’era il dottor Laran, che quando gli avevano chiesto della morte del Reverendo Padre, aveva dato delle risposte un po’ ambigue.

Aveva detto che forse il suo cuore si era fermato improvvisamente, perché non trovava altra spiegazione. In pratica, detto così la sua autopsia non aveva dimostrato un bel niente.

Mezenthis gli aveva raccomandato di diffondere quella versione, e Velthur aveva ubbidito,  ma la cosa gli aveva creato un conflitto di coscienza. Per la dottrina dell’Aventry, mentire era un atto grave, che poteva essere giustificato solo se ne dipendeva la vita di una o più persone.

Mezenthis gli aveva detto chiaramente che se non sosteneva la versione ufficiale, non doveva più aspettarsi nessun aiuto economico per poter svolgere al meglio il suo lavoro di medico.

Velthur non aveva potuto fare a meno di acconsentire. Ma non era riuscito, evidentemente, ad essere convincente, causa il senso di colpa che provava. Non era affatto sicuro che la sua menzogna potesse contribuire a favorire un clima di pace fra i pellegrini del Santuario.

La morte di Maxtran era qualcosa di misterioso, e non poteva non pensare che essa si aggiungeva alla ormai lunghissima lista di eventi misteriosi di quella contrada, e tale sarebbe stata vista da tutti quanti, alla fine.

Ma le voci che circolavano di più, erano riguardo chi potesse avere avuto interesse ad avvelenare il Reverendo Padre. E lì le cose si erano fatte decisamente preoccupanti.

C’era chi sospettava lo stesso Mezenthis, che secondo alcuni aspirava a estromettere la famiglia Akapri, per sostituirla con sacerdoti scelti da lui, interamente succubi al suo comando.

Altri ancora sospettavano addirittura la figlia, che ora era rimasta da sola a guidare i riti del Santuario, e che aveva fatto in modo che il suo sposo, un essere insignificante e succube del volere della moglie, sostituisse Maxtran nella carica di sacerdote custode.

Anche se, a dire il vero, tale successione era comune e prevedibile per le tradizioni familiari dei sacerdoti. Nel Veltyan, per qualsiasi cosa, il primo successore di un uomo o era il figlio della sorella o il marito della figlia.

Ma tant’era, i pettegolezzi si arrampicavano su ogni cosa, per quanto stupida, pur di poter diffondere la peggiore delle ipotesi.

E naturalmente ce n’erano altre, di dicerie. Soprattutto quelle più terrificanti. Maxtran era stato ucciso da qualche pellegrino di qualche setta segreta che complottava per rovesciare la classe sacerdotale del luogo e impadronirsi del Santuario, servendosi della diffusione del terrore ed eliminando tutti coloro che avrebbero potuto opporsi.

E ovviamente, il sacerdote custode doveva essere la prima vittima.

Cominciò a diffondersi la paura del complotto, il sospetto che ogni pellegrino che entrava nel paese e poi nel Santuario, se aveva un aspetto non particolarmente rassicurante, o insolito, potesse essere un assassino, un seminatore di terrore, un sicario prezzolato da qualche gruppo oscuro.

Se prima i fanatici religiosi erano stati un fastidio, adesso sembravano essere diventati una vera minaccia.

I gestori delle locande cominciarono ad assumere l’abitudine di perquisire tutti i pellegrini che capitavano da loro, a spiarli, pronti a denunciarli ai gendarmi se avessero notato qualche attività sospetta.

Si stava respirando un clima sempre più pesante, in paese e tutt’attorno al Santuario, fino ad Aminthaisan e sulle colline, dove cominciavano a circolare anche lì storie di gruppi di pellegrini fanatici armati di spada, che si stavano ammassando nella regione con il proposito di prendere il Santuario con la forza. Un sospetto che, Velthur lo sapeva bene, non era del tutto campato in aria. Ma proprio per questo non aveva modo di poter distinguere la verità dalla fantasia, o dalla menzogna strumentale.

L’isteria collettiva si stava propagando in nuove forme. Prima era la paura degli spiriti oscuri della notte, dei malefici di streghe e stregoni, adesso vi si aggiungeva la paura di nascoste congiure sanguinarie.

Ma presto Velthur ebbe cose più importanti a cui pensare, almeno per lui.

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