giovedì 29 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 209° pagina.


pensano più ad accumulare i soldi dei vitalizi e delle offerte per il mantenimento dei templi, e a costruirne altri per approfittare della pietà del popolo, della sua fedeltà al culto.

Intanto, a causa della loro corruzione, gli empi seguaci dell’Aventry avanzano con le loro dottrine blasfeme. L’alchimia ha portato grande benessere al nostro popolo, troppo benessere e agiatezza, e l’antico nerbo dei Thyrsenna si è rammollito, privato della sua virtù e del suo valore.

Davvero noi ormai viviamo come nei tempi subito prima del Diluvio, quando la superbia e le corruzione invadevano il mondo e lo spingevano alla ribellione contro gli Dei.

Sil, dall’alto del Cielo Etereo, ci invita a pentirci e non andare incontro alla Sua punizione…..».

A quel punto Velthur prese il braccio di Menkhu e lo trasse indietro.

«Adesso basta, amico. Credevo di poter sopportare l’ascolto di questi discorsi, ma è troppo anche per un uomo della mia pazienza. Ti prego, andiamo via!».

Menkhu ubbidì, ma guardò Velthur sorpreso. Non capiva il suo disprezzo.

Quando si furono allontanati, il dottore cercò di farglielo capire.

«Le cose che diceva quel predicatore le sentiremo ancora, molte e molte volte, non solo per le strade o per i templi, ma nei discorsi da osteria, nelle cene in famiglia o fra amici, ovunque. Sono i discorsi che temevo che avremmo presto sentito dopo quello che è successo al Santuario d’Ambra.

I discorsi che Aralar Alpan vuole che si diffondano nel Veltyan, che sono l’immagine del piano diabolico che, sono sicuro, sta tramando per rovesciare i poteri del nostro paese.

Non so se è in grado di riuscirci, ma sono sicuro che è in grado di fare molto male, di portare il caos e il conflitto in molti luoghi, e primo fra tutti il nostro tranquillo paesino, che non sa nulla delle potenze che si agitano nel Regno Aureo.

Per questo non ho potuto sopportare di continuare a sentire quell’invettiva…. E per questo non vedo l’ora di potermene tornare a casa».

Una delle vie principali che si dipartivano da Piazza delle Spezie era quella della casa dei Thesan, il quale non era un appartamento, ma un locale di due piani incassato fra altre case, dietro il quale c’era persino un giardino. Una casa di benestanti. Infatti, lo zio della moglie di Keilin era un ricco alchimista farmaceutico.

Keilin era un giovane alto e dai lunghi e ricciuti capelli neri, con un corto pizzetto senza baffi come era costume dei benestanti di città. La moglie, una donna magra di nome Thupelthi, non certo bella, ma dall’aria molto sofisticata, non fu felice di conoscere Velthur e soprattutto il suo amico.

Un Sileno era qualcosa di troppo rustico e rozzo per poterlo ospitare in casa, e chi si faceva accompagnare da uno come lui, non doveva essere un tipo raccomandabile.

Perciò disse chiaramente a suo marito di portare a mangiare fuori Velthur e Menkhu, perché non li voleva in casa, sapendo poi che razza di chiacchiere sarebbero circolate sul loro conto. E gli chiese anche di andare a portarli in un posto poco frequentato e molto economico, per non farsi vedere da qualche conoscente della buona società.

Velthur, da parte sua, non era felice del fatto che anche Thupelthi Thesan fosse un’Avennar, come suo marito. Certamente, non sembrava ubbidire ai principi di benevolenza universale verso tutti gli esseri viventi, che erano fra i principali cardini dell’Aventry.

Il suo guaio, evidentemente, era quello di essere la nipote di un abile e rinomato alchimista.

Gli alchimisti del Veltyan, si sapeva bene, erano la classe più potente dopo quella dei kametheina, i sacerdoti, e la cui sempre crescente influenza si opponeva alla loro teocrazia assoluta.

Quegli Avennarna che appartenevano a famiglie di alchimisti di grande abilità subìvano molto di meno la discriminazione che invece pativano quelli di altre classi, meno importanti. E ciò faceva sì che non pochi di loro avessero la puzza sotto il naso, peggio che se fossero dei nobili.

Keilin dovette scusarsi per sua moglie, e portò i due ospiti mancati a mangiare in una piccola locanda presso le mura orientali, tenuta da un’ostessa correligionaria, in modo che poi tutta la comunità degli Avennarna di Enkar potesse sapere che Keilin Thesan aveva un amico che a sua volta aveva un amico Sileno che si portava dietro in giro per la città, tanto per fare dispetto alla moglie.

LOVECRAFT 237: L'ORIGINE DELLA MAGIA NE "LA CASA DELLE STREGHE" E GLI UN...

martedì 27 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 208° pagina.


«Sì, uno dei motivi più importanti, anche se non l’unico. In ogni caso, era perché volevo vivere tranquillo».

Arrivati alla Piazza delle Spezie Menkhu rimase incuriosito dalla grande quantità di banchetti sotto le tende del mercato in mezzo alla piazza, dove si vendeva ogni sorta di frutta e verdure conservate sottolio o sotto spirito e ogni sorta di spezie, provenienti anche dai lontani paesi dell’Oriente.

Ma entrambi furono incuriositi dal centro stesso della piazza, sgombro di bancarelle, dove si ergeva la statua di Turmis, la divinità patrona dei commerci e dei mercanti, l’immagine di un giovane uomo dalla lunga capigliatura, a gambe nude, con una corta tunica, un grande cappello e un lungo bastone, una mano alzata in segno di benevolenza. Una statua fusa nel bronzo sopra un piedistallo di marmo, ai cui piedi venivano lasciate in offerta candele accese.

A Menkhu piacevano molto le statue degli Dei, e le immagini sacre della città erano molto più grandi e magnificenti e raffinate di quelle dei villaggi di campagna, perciò inevitabilmente lui non faceva altro che fermarsi ad ogni edicola e ogni tempietto, che si trovavano regolarmente a tutti gli incroci e a tutti gli angoli dei portici.

Per Velthur era un tormento attraversare la città con l’amico Sileno, perché non faceva altro che fermarsi a ogni più piccolo particolare per lui nuovo e insolito.

Ma quella volta, c’era un particolare in più che lo incuriosiva. Ai piedi della statua, c’era un sacerdote dalla lunga tunica bianca, che predicava alla folla urlando e inveendo.

«Quello chi è? Perché urla in questo modo? Con chi ce l’avrà?».

«Un predicatore di strada. Ce ne sono parecchi, in città. Esaltati religiosi che si improvvisano sacerdoti credendo di avere rivelazioni celesti e ammonendo le folle sulle malefatte di questo mondo. Normalmente poi predicano contro i kametheina athumiakh, i sacerdoti dei nobili, e contro le autorità cittadine».

«Fammi ascoltare un po’, ti prego. Tanto ormai siamo arrivati, no?».

«Va bene, ma solo pochi minuti. Quando avremo il libro, magari ti lascio fare un giro per la città, se vuoi, così puoi soddisfare un po’ la tua curiosità prima che ce ne andiamo….».

Menkhu si mescolò subito alla piccola folla di ascoltatori. Calando un po’ il suo cappello sul davanti e raccogliendosi ben dentro il suo mantello di lana, sperando così di non far notare il suo aspetto di essere dei boschi. Solo la folta barba rossa e i grossi piedi pelosi lo rendevano una figura inconsueta, oltre alla notevole stazza e statura.

«La Luce di Sil ci ha mostrato la via, ci ha dato il segno del suo volere con tali eventi prodigiosi. Prima ha fatto svelare il tempio dell’Era dei Giganti antidiluviani, quando il male e la violenza si propagavano su Kellur, la Madre Terra. Poi ha mostrato un prodigio celeste in occasione della visita della Regina, affinché fosse chiaro a tutti, e in particolar modo ai nostri governanti, che ci sta inviando dei moniti e dei messaggi, e li sta inviando a tutti i Thyrsenna, nessuno escluso.

Il segno del sole vermiglio è un chiaro simbolo di minaccia: significa sangue, fuoco, guerra, morte. Sangue che pioverà sul Regno Aureo come su di esso piove la luce del sole, immagine di Sil.

I demoni orribili che sono comparsi a molti sono un’ulteriore prova di questo monito: erano Demoni Oscuri venuti dall’Aisedis per minacciare i malvagi, coloro che offendono Sil con opere contro la religione e l’onestà.

Da tanti anni siamo in pace, non abbiamo più grandi invasioni dal nord e dall’est da diverse generazioni, e perciò ci siamo seduti sugli allori della nostra prosperità. Ma quanto può durare questo?

Badate, anche prima del Diluvio la gente credeva che il loro benessere sarebbe durato ancora molto tempo. Vivevano, mangiavano, bevevano, si divertivano e godevano di ogni bene, convinti di non dover fare i conti con gli Dei e la loro ira. E quando arrivarono le acque a travolgere tutto, non riuscirono a credere che fosse tutto finito, fino a quando furono sommersi.
Non facciamo lo stesso errore, non rendiamoci colpevoli di stoltezza e di superbia. Dobbiamo impedire che l’ira divina si abbatta sul nostro popolo, combattendo la corruzione e il male, la degenerazione dei costumi, la trascuratezza nei confronti del culto agli Dei. I nostri alti sacerdoti

LOVECRAFT 236: IL VIAGGIO INTERDIMENSIONALE NE "LA CASA DELLE STREGHE"

lunedì 26 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 207° pagina.


da palazzi di quattro piani, con ampi portici dagli archi molto alti, dove si aprivano botteghe di ogni tipo, che cominciavano ad affollarsi di clienti.

Alla fine della via c’era Piazza delle Spezie, dove si trovava la libreria che vendeva le copie del famigerato Le Dottrine Misteriche di Cthuchulcha, e più in là si trovava la casa del giovane dottore Keilin Thesan.

O meglio, la casa di sua moglie, dato che Keilin non praticava il “matrimonio notturno”, ma quello di convivenza, come la maggior parte della gente di città. Infatti Thesan era il cognome della moglie, che lui aveva assunto sposandosi, secondo le leggi matriarcali dei Thyrsenna.

Mentre camminavano per l’ampia via in direzione di  Piazza delle Spezie, Menkhu si guardava attorno sconcertato, osservando un mondo che oltre che del tutto nuovo, gli appariva poco comprensibile.

«Velthur, ma cosa ci fa tutta questa gente per la strada? C’è una festa, per caso?».

«No, è semplicemente gente di città, impegnata nei suoi affari, e che quindi gli può capitare di andare in giro per la strada, per lavoro, per andare a fare delle compere, per andare a trovare amici e parenti…. Insomma, le strade di città di giorno sono sempre così».

«Tutti quanti? E il tempo per il lavoro dei campi o con le greggi, dove lo trovano?».

«Ma Menkhu, la gente di città non lavora la terra e le greggi! Vivono e lavorano in città, e in città non ci sono campi e armenti! Dove li si metterebbe?».

«E allora cosa lavorano? Fanno tutti i fabbri e i vasai? O i medici?».

«Oh, qui si fanno tanti mestieri, non solo i fabbri, i vasai e i medici. Ci sono mercanti, negozianti, tessitori, alchimisti, sacerdoti, avvocati, architetti, tagliapietre, muratori, scultori, pittori, becchini, orefici…. e librai. Come quello da cui dobbiamo andare».

«La maggior parte dei mestieri che hai detto non so neanche cosa siano….ma penso che mi piacerebbe saperne di più. Anche se questa gente mi fa molta paura…. mi guardano in un modo tale…. ».

«Non ci sono Sileni, in città. È molto difficile vederne uno, dentro le mura. Tu forse per molte persone qui sei il primo Sileno che vedono dal vivo. E tra l’altro di pelo rosso carota. È anche per questo che non ho voluto che tu venissi qui da solo. E anche le Fate, non si vedono mai qui. In compenso, potremmo vedere dei Nani. Fra i Nani e le città degli Uomini ci sono molti rapporti commerciali. Alcuni, addirittura, vivono nelle città degli Uomini, in quartieri separati».

«I Nani li conosco, almeno un po’. Mio padre mi fece conoscere anni fa alcuni ambasciatori del Re del Giardino delle Rose, che erano venuti a parlamentare con le Tre Madri del Fato. Ma anche loro vivono in questi palazzoni di pietra?».

«No, penso che vivano nelle catacombe e nelle gallerie sotto Enkar. Anche nelle citta degli Uomini, loro vivono sotto terra, come nel loro regno».

«Beh, in ogni caso non avrebbero potuto vivere in palazzi del genere. Le famiglie qui devono essere numerosissime, vedendo quanto grandi sono queste case. Alcune hanno addirittura quattro piani!».

«Oh no, le famiglie qui non sono più numerose di quelle di campagna. Anzi, tuttaltro. La verità è che qui ogni famiglia vive in un solo piano. A volte, vivono anche due famiglie per ogni piano».

«Ma… saranno famiglie legate tra di loro, no? Cugini e via dicendo….».

«No, no…. famiglie che possono anche essere del tutto estranee  le une alle altre. Perché, capisci, non è come in campagna, dove la casa la si eredita di madre in figlia. Qui, se si vuole, puoi comprare un appartamento, cioè una parte di un piano, e viverci per tutta la vita. Certo, puoi anche lasciarla in eredità alla figlia primogenita, ma in generale non succede. La gente cambia casa ad ogni generazione in città, e può succedere anche diverse volte nella vita. Addirittura, può succedere di cambiare anche città».

«Vuoi dire che tante famiglie senza nessun legame fra loro vivono tutte insieme in questi palazzoni? Ognuno con le sue stanze, ma attaccati alle stanze di tanti altri estranei? Ma dev’essere un litigio continuo! Roba da finire con l’ammazzarsi l’un l’altro!».

«Beh, sì…. vedo che hai capito come si vive qui in città…».

«Allora, è per questo che hai scelto di vivere ad Arethyan?».

LOVECRAFT 235: E FINALMENTE COMPARE ANCHE KEZIAH MASON NE

domenica 25 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 206° pagina.


«E chi lo sa? Penso di sì, dato che sono ancora più antichi e sapienti delle Fate stesse. Come ho detto, solo gli Dei sono più vecchi di loro. Forse ce lo verrà a dire lui, ma sinceramente io spero che se ne rimanga nel fiume».

«Vedrò di parlargli io, se si farà rivedere. Ma chissà, forse in quel libro maledetto troverò qualcosa che mi faccia capire perché ci sta proteggendo. Probabilmente, anche i Sagusei hanno saputo di cosa sta facendo l’eremita pazzo, e per questo ne abbiamo visto uno dove il fiume raggiunge il suo punto più vicino a Monte Leccio, e ci ha detto quella frase misteriosa, quella sui gigli rossi e sui guardiani…. credo si riferisse alla legione dei gatti selvatici. Ma se il nostro amico non vorrà farsi vedere nei prossimi giorni, chiederò alle nostre amiche Fate come c’entra in questa storia. Loro sicuramente ce lo sapranno dire».

Dopo aver bevuto e mangiato qualcosa nella locanda, andarono di nuovo alla banchina dello scalo dei barconi, e la fortuna volle che trovassero subito un altro barcone, che trasportava un enorme carico di castagne ad Enkar.

Velthur fece la raccomandazione a Menkhu di non parlare assolutamente di spiriti, qualsiasi cosa vedesse, al padrone della barca capitasse di scorgere.

«Raccomandazione del tutto inutile, caro dottore – sbottò il Sileno – Dato che il remo sulla schiena me lo sono beccato io!».

Si era alzato un po’ di vento, e la nebbia si era in gran parte dispersa. Se Menkhu vedeva ancora qualche spirito, o quelli che lui credeva spiriti, non lo dette a vedere. Quello che era successo, gli aveva insegnato per sempre quanta superstiziosa violenza causava la paura degli Uomini per l’ignoto, e gli fece soprattutto capire perché suo padre ripeteva tante volte che bisognava stare attenti a rivelare particolari segreti agli Uomini, anche se si trattava di cose che per le altre stirpi di Kellur erano fatti del tutto naturali.

I due conducenti della seconda barca dissero loro che non si sarebbero fermati a nessun scalo per la notte, ma avrebbero continuato fino ad Enkar, perché erano in ritardo con le consegne.

I due viandanti risposero che per loro andava benissimo dormire sul barcone. Menkhu perché era abituato a dormire all’aperto, Velthur perché voleva sbrigarsi il prima possibile a compiere il suo viaggio.

Il barcone arrivò in vista della città la mattina del giorno dopo, poco dopo il sorgere del sole. Per fortuna non c’era più nebbia, e Menkhu poté ammirare lo spettacolo delle mura di pietra della città, e del grande, alto ponte che le collegava da una riva all’altra.

 Il fiume infatti passava attraverso il centro di Enkar, e dove esso passava attraverso le mura, gli abitanti di Enkar avevano costruito tre grandi e massicce torri di guardia, da dove le difese della città avrebbero distrutto qualsiasi imbarcazione di eventuali invasori, facendo precipitare sostanze infuocate dall’alto dei loro bastioni.

Altre tre torri di guardia sorvegliavano l’altro lato delle mura. Per chi veniva lungo il fiume, o sulla strada lastricata che lo fiancheggiava, era una vista imponente e suggestiva vedere le tre torri quadrate dominare il fiume, due sui lati del fiume e la terza in mezzo ad esso, collegate da due ponti, con le guardie armate che sorvegliavano perennemente, giorno e notte, dall’alto degli spalti.

Menkhu era senza parole, letteralmente ipnotizzato dalle mura e dalle torri monumentali.

Lui, un Sileno dei monti e dei boschi, non solo non aveva mai visto una città vera e propria, ma nemmeno aveva mai potuto immaginarla. Le case dei villaggi di campagna e di montagna, al massimo a due piani, in genere fatte in parte di legno e non di sola pietra come gli edifici cittadini, erano ben lontane da quelle opere dai blocchi enormi, con fregi scolpiti di bassorilievi sulle sommità e lungo gli angoli fra un lato e l’altro.

Se il barcone fosse giunto ancora prima del levarsi del sole, la vista sarebbe stata ancora più prodigiosa, illuminata dalla luce azzurra di migliaia e migliaia di lampade perenni nelle vie, sulle torri e i ponti e lungo le mura.
Dietro le torri, il fiume passava accanto a una grande piazza, la Piazza dei Sacchi, così chiamata perché era il principale scalo delle barche. Da Piazza dei Sacchi partiva un’ampia via fiancheggiata

LOVECRAFT 234: GLI ABISSI DELL'ALTROVE NE "LA CASA DELLE STREGHE"

sabato 24 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 205° pagina.


Il mondo era precipitato nella follia, e gli anziani presero ad invocare tutti assieme la Madre Trifronte di liberarli dal disordine. E allora Colei che foggia il Fato di tutti gli esseri inviò un messaggero, che disse ai Sileni di riunirsi ogni notte di plenilunio e intonare canti ed eseguire danze per incantare gli spiriti e spingerli a turbinare anche loro, affinché nel suono della musica i Sileni divenissero i Signori del Bosco e delle forze della Natura, e tutti gli spiriti ubbidissero a loro. Solo così il mondo avrebbe ritrovato ordine e limite definito.

Così fecero i Sileni, e la cosa funzionò. Nella danza e nella musica dei Sileni, il mondo ritrovò il suo ordine. Quando i Sileni si ritrovavano tutti assieme, ballavano e cantavano assieme, suonavano i loro flauti, i corni, i tamburi, le chitarre e le cetre e altri strumenti ancora, in un vortice attorno al fuoco, e tutte le forze dell’Altrove che passavano di là non potevano sottrarsi a quella magia, e turbinavano anch’esse fino a passare dalla porta che a ogni plenilunio si apriva per potere della Dea Madre Trifronte e del Dio Padre Cornuto.

Alla fine, gli esseri dell’Altrove furono tutti respinti dai riti del belk che si ripetevano a ogni plenilunio in tutti i boschi dove vivevano i Sileni, ma gli spiriti rimasero ai bordi delle nebbie e delle ombre della sera, a osservare da lontano. Alcune erano ombre luminose, altre oscure. Ma non osavano più farsi avanti, rimanevano in distanza, ad osservare, temendo la magia dei Sileni.

 E alcuni dei Geni, gli Elfi della Luce, vedendo quale portento avevano eseguito i Sileni, si unirono anche loro nelle danze del belk, apprendendo i Grandi Misteri della nostra religione, per liberare le loro città scintillanti dalle presenze dell’Altrove, che loro stessi avevano richiamato.

 E quelli di loro che si unirono ai Sileni nel rito del belk, divennero gli antenati delle Fate, gli Elfi del Crepuscolo. E insieme a noi custodiscono i segreti del belk, i segreti degli incantesimi che tengono indietro l’Altrove, impedendogli di entrare impunemente nei territori dei mortali…».

«E immagino che fra gli esseri dell’Altrove che in quel tempo scorrazzavano sulla Madre Terra, ci fossero anche…. Loro, vero? Quelli dalle Ali Nere, i Figli dell’Ottava Stirpe… o no?».

Menkhu alzò il braccio di scatto, guardandosi attorno temendo che qualcuno nella locanda li stesse ascoltando.

«Quello è uno dei misteri che non possono essere rivelati a chi non è iniziato, Velthur! Dovresti averlo capito, ormai! Già pronunciare il loro nome fuori del rito del belk, è una cosa che non si dovrebbe mai fare, se non in casi estremi».

«Perdonami…. ma mi sembra che questo sia appunto un caso estremo, non ti pare? Non solo per quello che sta succedendo, ma anche per quello che è successo oggi. Non so se sono rimasto più stupito per la figura che sembrava salutarci dalla riva, o per il Saguseo che è improvvisamente sorto dalle acque a proteggerci. Credo che sia lo stesso che abbiamo visto io, Larsin, Hermen e Maxtran quel giorno in cui abbiamo fatto il bagno nel fiume dopo essere stati sul Monte Leccio…. lo stesso giorno in cui abbiamo conosciuto Aralar Alpan, tra l’altro».

«Io non so nulla dei Sagusei. Mio padre sa molte cose, dice anche di averne conosciuti alcuni, sulle rive del fiume vicino alla foce, dove vivono alcuni di loro. Ma ne ha paura. Mi diceva che sono spaventosi, orribili a vedersi, e aveva ragione. Quando l’ho visto emergere dalle acque, con quella voce spaventosa…. mi ha fatto più paura lui del remo del barcaiolo matto!

Però mio padre diceva che non aveva paura tanto del fatto che fossero così orrendi, quanto piuttosto perché avevano a che fare con cose troppo antiche e misteriose. Loro sono la Prima Stirpe, prima di loro nessuno che parlasse e pensasse viveva sulla Madre Terra.

Più antichi di loro ci sono solo le montagne e gli oceani, e gli Dei. La loro nascita si perde in un passato di molti milioni di anni, più di qualsiasi altra stirpe.

 Loro conoscono le cose delle origini, le cose nascoste nell’Abisso. Loro sono amici degli Dei dell’Abisso, come Apson e Cthuchulcha…».

«Già, è vero. Non c’avevo pensato. Forse è per quello che ci segue. Forse sa che vado a comprare un libro che parla di segreti che riguardano anche loro».

«Sì, ma come fa a saperlo? Chi glielo ha detto?».

«Forse anche loro riescono a leggere nel pensiero, come le Fate?».

LOVECRAFT 233: COMINCIANO I VIAGGI NELL'ALTROVE DI WALTER GILMAN

venerdì 23 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 204° pagina.


Sono assolutamente libero, come voi Sileni. Ed è molto meglio così. Prova a pensare quanti problemi in più avrei avuto con questa storia, con una famiglia tra i piedi. Pensa a quello che è appena successo, e doverlo raccontare, o nasconderlo, alla mia famiglia».

«Già…. se pensiamo poi che non ho proprio capito quello che è successo».

«No, neanche io. Mi ha sorpreso quello che hai detto al barcaiolo, prima che uscisse di senno. Tuo padre non mi ha mai detto che voi vedete abitualmente gli spiriti. E a dire il vero, niente di quello che sapevo sui Sileni ha mai riguardato questo».

«Forse mio padre non te l’ha mai detto perché  la cosa non ti sarebbe piaciuta. Mi ha detto che non credi alle storie di spiriti».

«No, in effetti non ci credo. Non credo agli spiriti, come non credo alla magia, alle superstizioni di ogni tipo. Sono tutte cose contrarie ai principi dell’Aventry, che crede nella razionalità delle leggi dell’universo. Per noi, il mondo dei vivi è nettamente separato da quello dei trapassati, perché la loro vita e il loro destino sono diversi e non ha alcun senso che essi possano mescolarsi. Ognuno dei due regni ha le sue leggi, e non ci devono essere contatti fra i due.

 E se mi chiedi che spiegazione do a quello che sta succedendo, ti dico che non lo so, ma sono sicuro che un giorno la ragione umana riuscirà a scoprire le misteriose leggi della Natura che stanno dietro questi strani eventi. Forse non li spiegherò io, ma prima o poi qualcuno lo farà. C’è un legame che unisce tutte le cose, e la nostra mente può capire questo legame, poco per volta».

«Mio padre diceva che non ti capiva, e sinceramente neanche io. Se una cosa non te la spieghi, non esiste? Gli spiriti non esistono perché non te li spieghi?

Io vedo un sacco di cose che non mi spiego, ma mica spariscono perché non me le spiego. Poi quello che ho visto sulla riva, l’hai visto anche tu. Noi Sileni le vediamo spessissimo, in certe situazioni più che in altre. Mio padre una volta mi disse che noi Sileni vediamo gli spiriti perché vediamo nel buio, come i gatti. Abbiamo una vista diversa da quella degli Uomini. Voi siete ciechi di notte, noi no. E quando calano le ombre, noi vediamo le forme luminose, come le vediamo nella nebbia, o quando il cielo è cupo e burrascoso…. e vediamo anche altre cose. Le streghe e gli stregoni lo sanno, e anche molti contadini, almeno quelli che sono nostri amici. Tu evidentemente non lo sapevi perché mio padre pensava che non fosse il caso di raccontartelo, come ho detto. Tu ci sei amico, ma non pensi e non parli come i nostri amici. Sei speciale, e quindi la tua situazione rispetto a noi è speciale».

«Beh, in ogni caso penso che sia meglio che non ci siano segreti tra di noi. Anche perché appunto quello che hai visto tu, l’ho visto anche io, e anche il nostro “amico” barcaiolo…. e mi piacerebbe sapere il perché».

«Forse perché le ombre luminose sono diventate più chiare…. più brillanti da un po’ di tempo in qua. Quando è finita l’estate, e l’oscurità ha cominciato ad avanzare, ci siamo accorti che gli spiriti sono diventati sempre più luminosi, più splendenti. Anche le loro figure sono diventate meno evanescenti, più definite, meno trasparenti. È come se avessero acquistato forza e vigore, a tal punto che sembrano voler entrare nel nostro mondo, divenire cose solide».

«Come sarebbe, “entrare nel nostro mondo”? Cosa intendi dire?».

«Gli spiriti sono esseri dell’Altrove, sono qui, assieme a noi, eppure non sono qui. Cioè…. io non riesco a spiegarti, forse mio padre potrebbe o qualcun altro dei nostri anziani più saggi. Lo sai che secondo le antiche leggende, i nostri antenati inventarono il belk proprio per tenere a bada gli spiriti che perseguitavano la nostra gente nella notte dei tempi?

In quel tempo remoto, quando ancora i Geni dominavano sulla Madre Terra e gli Uomini non erano ancora nati, gli spiriti comparivano in continuazione, seguivano come ombre tutti gli esseri, e in particolar modo i Sileni, che erano comparsi da poco su Kellur. Il regno dell’aldiqua e dell’aldilà erano quasi uniti in un uno solo, e il mondo era nel caos. Nessuna legge naturale poteva svolgersi normalmente, perché realtà e sogno, passato e futuro, erano confusi assieme.

Le notti di plenilunio erano le peggiori, perché la luce della Madre Luna attirava ed evocava più di ogni altra cosa gli spiriti e ogni demone dell’Altrove. I fantasmi diventavano esseri di carne ed ossa, e i viventi parevano fantasmi evanescenti.

LOVECRAFT 232: LA COMPARSA DI BROWN JENKIN NE "LA CASA DELLE STREGHE".

giovedì 22 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 203° pagina.


«Ma il mio amico non c’entra. Non l’ha fatto apparire lui. Non saprebbe neanche come fare. Vi prego… ci lasci arrivare almeno al prossimo scalo, prenderemo un altro barcone….».

«No, per gli Dei degli Inferi! Voi non andate da nessuna parte. Siete stregoni! Siete saliti qui per portare sventura! Per diffondere sventura sul fiume, fino alla città! Siete voi che evocate i Demoni Oscuri che infestano questa regione! Adesso giuro che se non vi gettate in acqua subito, vi ammazzo!».

E calò la pala del remo proprio sulla schiena di Menkhu, che lanciò un gemito di dolore, senza però osare difendersi.

Fu in quel momento che si sentì un forte sciaguattìo sul fianco della barca, e con fragore acqueo emerse dal fiume una figura verde-scuro dagli occhi scarlatti, che emise un urlo stridulo e gracchiante. Un urlo che divenne subito una voce inumana che parlava la lingua dei Thyrsenna.

«Fermo! Lasciali stare! O sarò io a gettarti nel fiume! Io che ne sono il padrone!».

L’uomo mollò il remo, e indietreggiò terrorizzato, balbettando.

«Stregoneria, ecco cos’è…. adesso c’è anche un Saguseo di mezzo!».

Velthur e Menkhu rimasero ancora più paralizzati. Menkhu, in particolare, spiava da sopra il suo braccio che gli schermava il volto, la colossale figura scura che si reggeva con le braccia tese sopra i fianchi del barcone, con un bagliore di terrore nei suoi occhi gialli. Non aveva mai visto un Saguseo in vita sua, e ne sapeva pochissimo, se non che il loro aspetto era terrificante.

Con un rumore viscido, l’essere issò le gambe lunghe e possenti, dagli enormi piedi palmati, sul ponte del barcone, e avanzò minaccioso verso il barcaiolo. I suoi piedi a tre dita mandavano un rumore come di stracci bagnati sbattuti sulla pietra di una fontana. La sua voce era come un risucchio melmoso.

«Li lascerai arrivare al prossimo scalo, sani e salvi, e poi ti dimenticherai di loro. Non dirai a nessuno di ciò che hai visto e non dirai a nessuno che li hai caricati sulla tua barca, né di averli mai visti. Bada, se non farai come dico, la pagherai, perché io ti seguirò dovunque tu vada, almeno finché lavorerai sul fiume».

Appena ebbe finito di parlare, l’essere acquatico si gettò nel fiume con la rapidità di un delfino, e apparentemente scomparve. Più tardi, però, quando la barca uscì dal banco di nebbia, Velthur poté scorgere i suoi occhi rossi e brillanti che spuntavano dall’acqua, sul fianco destro della barca.

Dopo l’incredibile apparizione, sul barcone calò il silenzio del terrore. Nessuno dei tre aveva più il coraggio di parlare, e fu così fino a quando arrivarono allo scalo del paese di Sartiuna.

Menkhu se ne stava rannicchiato ai piedi di Velthur, che gli teneva protettivamente la mano sulla spalla, mentre teneva d’occhio il barcaiolo, che evitava il suo sguardo.

Appena furono scesi sul pontile di pietra alle porte del paese, Menkhu chiese di andare in una locanda.

«Ho bisogno di bere un goccio, per tirarmi su. E poi, la schiena mi fa un male….».

«Già, immagino. Penso che un boccale di vino te lo sei meritato, amico mio, anche se è ancora mattina presto».

Una volta trovata una locanda, fecero il punto della situazione.

«Hai fatto presto a trovarlo, un posto dove andare a bere qualcosa.».

«Io sono cresciuto qua, prima di andare a studiare ad Enkar. Mia nonna era una delle matriarche più importanti, e per questo ha potuto darmi i soldi per studiare».

«I tuoi parenti vivono ancora qui?».

«Mia sorella e mio fratello. Gli ultimi membri rimasti della nostra famiglia. Ma sono anni che non li vedo».

«Non vai mai a trovarli?».

«No, non siamo mai andati d’accordo. E poi, quando mi sono convertito all’Aventry, non hanno voluto più saperne niente di me. Né io di loro».

«È triste, questo….».
«Non per me, non sono mai stato felice nella mia famiglia. Una volta che me ne sono allontanato, sono stato contento di non lasciare legami di nessun tipo. Vivo solo e sono contento di vivere così.

LOVECRAFT 231: RAFFRONTI FRA "LA CASA DELLE STREGHE" E "I TOPI NEL MURO".

mercoledì 21 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 202° pagina.


E quei pensieri non potevano fare a meno di tornargli in mente, mentre guardava lo sciaguattare delle onde sui fianchi della barca, unica immagine di vita in tutto quel grigiore amorfo.

Lui e Menkhu se ne stavano seduti su una delle panchine presso i fianchi del barcone mercantile che portava alcuni dei prodotti tipici della zona alla città, chiacchierando con il padrone del barcone, che era divertito e incuriosito dal fatto di avere imbarcato un Sileno, cosa che non gli era mai capitata, dato che non capitava mai che un Sileno salisse su di una barca, o su di un carro, o in groppa a un cavallo o a un asino. I Sileni, si sapeva bene, viaggiavano solo a piedi.

Il padrone gli chiese come mai viaggiasse in barca, Menkhu gli rispose che lui e Velthur avevano degli affari urgenti da sbrigare ad Enkar.

Il padrone si disse meravigliato che un Sileno potesse avere “affari urgenti” in città.

«Gli affari urgenti li ha soprattutto il mio amico qui. Io vengo con lui ad aiutarlo».

«Fai bene. Non si sa mai, in città, cosa può succedere. Ti possono rapinare in qualsiasi momento. Con un Sileno della tua stazza, e con quel pelo rosso poi, penso che qualsiasi delinquente ci penserebbe due o tre volte prima di allungare le mani. E poi, basta vedere il tuo amico, si vede che non è per niente contento di andare ad Enkar».

«Non è per quello. La nebbia lo rende triste. Neanche a me piace la nebbia, ma a me fa anche paura, come a tutti i Sileni. Nella nebbia si nascondono gli spiriti, perché assomigliando alla nebbia, se ne servono per nascondercisi, e magari poi ne saltano fuori quando meno te lo aspetti».

«Perché? Li hai mai visti, gli spiriti nella nebbia?».

«Tutte le volte che c’è la nebbia. Noi Sileni vediamo sempre gli spiriti. Voi Uomini li vedete solo in certe circostanze, noi li vediamo tutte le volte che si manifestano, cioè abbastanza spesso. E non ci piace vederli…. Non hanno un bell’aspetto, e ti osservano senza dire niente».

«E li vedi anche adesso?».

«Sì, certo. Ne vedo uno proprio là, in mezzo agli alberi, sulla riva, proprio dove la nebbia sembra serpeggiare fra gli alberi».

«Per la Luce di Sil, lo vedo anche io!».

Velthur, prima distratto dai suoi pensieri, si voltò anche lui all’esclamazione del barcaiolo.

Effettivamente c’era qualcosa in riva al fiume, una sagoma bianca, così bianca da apparire luminosa, in apparenza umana, solo molto più sottile, e molto alta. Le sue gambe sembravano confondersi con la nebbia che si stendeva come un tappeto sull’erba, come se sorgesse da essa come da un lago o uno stagno di vapori.

E altrettanto vaporosa appariva la figura misteriosa, che tra l’altro era semitrasparente, tanto che si vedevano i contorni di un albero dietro di essa.

Mentre i tre la osservavano, la figura alzò il braccio sinistro in segno di saluto.

Velthur, nel vederla, mormorò: «Ricominciamo…. sta diventando sempre peggio….».

A quel punto, il barcaiolo cominciò a perdere il senno.

«Sangue di Nethuan! È proprio uno spirito, un fantasma! Guarda, adesso sta svanendo…. ma continua ad agitare la mano come per salutarci….».

La figura venne avvolta da un banco di nebbia, come tutto il resto. Una cappa di ombra grigia avvolse tutto, rendendo la scena ancora più inquietante, perché ci si poteva aspettare che la misteriosa figura riapparisse dalla nebbia, di fronte a loro.

«Sei stato tu, peldicarota? L’hai fatto comparire tu, quel fantasma, vero? Hai evocato quello spirito per portarmi male, vero? O solo per spaventarmi? Maledetto, adesso scendete tutti e due da questa barca! Siete degli stregoni, sicuramente. È per colpa vostra che succedono cose strane da qualche tempo nel nostro paese! Adesso accosto e voi scendete subito, o vi ammazzo e getto i vostri corpi nel fiume!».

Afferrò uno dei remi del barcone e lo sollevò sopra le teste di Menkhu e Velthur, che rimasero paralizzati dalla sorpresa e dalla paura. Non capivano cosa gli era preso.

Menkhu, in particolare, non sapeva cosa dire. Si limitava a nascondere la testa sotto il grosso braccio peloso, spaventatissimo.

LOVECRAFT 230: L'ARCHETIPO DELLA "STANZA SULL'ALTROVE" NE "LA CASA DELLE...

LOVECRAFT 229: IL MISTERO DELLA STANZA DI KEZIAH NE "LA CASA DELLE STREG...

lunedì 19 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 201° pagina.


percepito l’odore. Credo proprio che abbia lasciato la zona. Probabilmente è tornato alle Colline di Leukun, per riferire alle Tre Madri del Fato».

«Credevo che le Fate non avessero bisogno di essere vicine fisicamente per poter comunicare fra di loro…».

«No, infatti no…. ma penso che dopo quello che è successo, la Triplice Regina avrà voluto fare una riunione speciale del suo popolo, e in quelle riunioni, per tradizione, devono essere tutti presenti fisicamente attorno alla Reggia di Pietra».

«La Reggia di Pietra? Ah, il megalito colorato dove vivono le Tre Madri….hai ragione. Quello che è successo deve essere stato un bel trambusto anche per loro».

«A ben pensarci, da quel giorno maledetto non ho mai visto nessuno del popolo fatato nel bosco. Prima incontravo sempre qualcuno, non solo Azyel. Loro si rendono invisibili agli Uomini, ma non a noi, e nel bosco, anche se non li vediamo direttamente, riusciamo comunque a percepirne la presenza. Invece, in questi ultimi giorni non ho né visto né percepito nessuno. Credo che le Fate siano veramente spaventate. Quando torniamo da Enkar, andrò direttamente alle Colline di Leukun».

«E i tuoi, Menkhu? Tuo padre e la tua famiglia?».

«Ho incontrato un mio amico proprio ieri. Era anche lui alla Polenta Verde quando è venuta la Regina. C’erano diversi Sileni che erano incuriositi dall’evento. Mi ha detto che anche loro non vedono più le Fate nel bosco e che sarebbe andato anche lui alle Colline di Leukun per andare a vedere se davvero si sono riunite tutte là».

«Bene, un motivo in più per sbrigarci, allora. Domani partiamo di mattina presto, con il primo barcone mercantile che troviamo».

«Finalmente vedo la città!»

E ripiombò a dormire e a russare nel giro di pochi secondi.

Velthur lo invidiò per la sua capacità di addormentarsi così rapidamente, lui che invece, tormentato da mille elucubrazioni, spesso soffriva di insonnia, o comunque ci metteva troppo tempo per addormentarsi. Aveva sempre invidiato i Sileni per le loro capacità, che nessun Uomo aveva mai avuto.









CAP. XVIII: STRANO VIAGGIO IN CITTÁ



La mattina dopo, come stabilito, partirono per la città.

Il tempo non era dei migliori, anche se non era un disastro totale. C’era la nebbia sulla pianura, che andava e veniva in ampi banchi.

In certi tratti la grigia, triste penombra delle nebbie impediva di vedere a più di un metro sull’acqua, in certi altri un pallido disco bianco, così pallido da poter essere guardato ad occhio nudo, occhieggiava sopra il fiume, sopra i filari di alberi invernali della riva, che emergevano come file di sentinelle nere e grigio scure.

Velthur non amava la nebbia, gli metteva una malinconia e un senso di vuoto assoluti. Gli pareva che il grigio abisso del vuoto avvolgesse tutto quanto, come per dire che la vita non aveva alcun senso, e che tutto era appunto solo un grigio e vuoto nulla. Era un sentimento esagerato, melodrammatico, ma non poteva fare a meno di avvertirlo.

La nebbia era il simbolo della solitudine che era sempre stata la sua compagna fedele fin dall’infanzia.

Fin da bambino, aveva pensato spesso che così dovesse essere il luogo dell’oltretomba dove vengono punite le anime malvage: un grigio vuoto senza fine, fatto solo di solitudine e disperazione, senza bellezza, senza senso, senza vita.

LOVECRAFT 228: IL MISTERO DI KEZIAH IN "LA CASA DELLE STREGHE".

domenica 18 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 200° pagina.


ragione e non la superstizione come voleva il nostro maestro Sindinaven, dobbiamo cogliere ogni buona occasione che la ragione ci offre.

Mi ha raccontato come pare che nella Valle dei Gigli siano stati trovati dei reperti dell’Era dei Giganti, prima del Diluvio. Lui pensa che la causa della misteriosa sparizione degli abitanti non sia stata magica, o demoniaca, bensì alchemica. Forse è rimasta qualche sostanza sconosciuta, o forse qualche arma misteriosa e sconosciuta, nascosta nelle caverne o nel sottosuolo della Valle dei Gigli, che a un certo punto ha fatto sparire la gente. Forse ha spinto tutti alla follia, spingendoli al suicidio, o forse li ha addirittura annientati facendone sparire i corpi.

Fatto sta che lui crede di poter stabilire la verità e di poter controllare la forza che sta dietro questo tragico fatto. E se si potesse controllarlo, incanalarlo, si avrebbe una straordinaria arma di difesa contro i potenti del regno e qualunque invasore esterno. Pensate, se noi Avennarna potessimo far parte dei nuovi colonizzatori della Valle dei Gigli, alla fondazione di un nuovo potente regno, per noi inizierebbe una nuova era.

Lo so che sembra un’idea pazzesca, ma vale la pena provarci, non vi pare?»

Velthur avrebbe voluto dire che solo in quel momento tutti i pezzi del mosaico sembravano trovare il loro posto, ma si trattenne. Non era il momento per rivelare tutti i retroscena, o Lusis avrebbe pensato che era lui, il pazzo. Senz’altro, mancava sempre di meno a capire quali erano i veri progetti dell’eremita.

«Va bene, dottor Erkorekan. Avremo modo di parlare ancora di questo… progetto di cui parla l’eremita Alpan. Quando tornerò da Erkan mi spiegherà meglio cosa vuole fare, e perché voi ne siete tanto interessato».

Poi, come un lampo, gli venne in mente quello che aveva raccontato Thymrel a Larsin poco prima di scomparire, riguardo la sua presunta infanzia nella Valle dei Gigli. Si ricordò che aveva narrato di quando un suo innominato zio l’aveva portata in una caverna della valle, dove si era trovato un altro misterioso ipogeo, e della statuetta di Silen che lui aveva posseduto, e che diceva provenire dalla lontana era antidiluviana.

Ancora una volta, tutto confermava un sinistro e misterioso disegno dove nulla sembrava accadere a caso, ma il cui significato ultimo sfuggiva a ogni comprensione razionale.

Paradossalmente Lusis, Maestro delle Scritture, difendeva un’eventuale alleanza con Aralar e la misteriosa confraternita misterica che sicuramente aveva dietro, proprio in nome della ragione.

Cos’aveva quell’uomo, che riusciva a incantare così tanta gente?

Si accomiatò in fretta da Lusis e corse da Menkhu, il quale stava, come al solito, sonnecchiando sul tappeto del soggiorno del dottor Laran, e lo svegliò.

«Desolato di disturbare il tuo sonnellino, ma devo avvertirti che partiamo domani stesso per Enkar. Senza indugio. E un’altra cosa: vedi di trovare Azyel. Gli devo parlare, per riferire una cosa importante da comunicare alle Tre Madri del Fato».

Dopo un potente sbadiglio e un grugnito, Menkhu lo guardò interrogativo.

«È successo qualcosa di nuovo? Comunque, Azyel non l’ho più visto dal giorno della visita della Regina al Santuario. Credevo che si sarebbe fatto vedere per dirci qualcosa che non sappiamo ancora, o dirci cosa ne pensano le Tre Madri del Fato di quello che è successo.

«Ah, bene. Evidentemente ha preso molta più paura di noi, a tal punto che non vuole saperne più niente di questa storia, penso. D’altra parte, l’hai detto tu stesso che è stato il primo ad impazzire, come la Fata che ho visto io. Ma proprio per questo bisogna rintracciarlo, sempre se non l’abbiano ammazzato!».

«E chi dovrebbe averlo ammazzato? E perché?».

«Potrei risponderti che non c’è bisogno di chiederlo, dato che uno così antipatico lo potrebbe ammazzare chiunque, ma preferisco restare serio, e ti dico che a questo punto, se vediamo sparire qualcuno, dobbiamo considerare anche la peggiore delle ipotesi. Comunque, immagino che saprai come rintracciarlo».
«No, dato che non ci sono riuscito. Ovviamente l’ho cercato per tutto il circondario, nel bosco e persino qui in paese, se magari avesse assunto l’aspetto di un Uomo. Pensa, non ne ho neanche

LOVECRAFT 227: "LA CASA DELLE STREGHE" E LE TEORIE MULTIDIMENSIONALI

sabato 17 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 199° pagina.


«Purtroppo lo conosco così bene da sapere che è meglio stargli alla larga! Che cosa vi ha raccontato, quell’uomo? L’avete conosciuto al Santuario di Silen? Quello è sempre là, a cercare non si sa che cosa… probabilmente ad agganciare soprattutto adepti, dato che è riuscito ad adescare anche voi, sembra!».

«Veramente io lo conoscevo da molto prima. Una volta frequentava la biblioteca di Maristei, alla quale io sono legato da molti rapporti. Questo molto prima che diventasse un eremita e persino che diventasse un sacerdote. Siamo rimasti in contatto epistolare, e quando è venuto a vivere qui, mi ha inviato una lettera in cui diceva che era prossimo a fare un’importante scoperta.

Poi, quando è stato scoperto il Santuario di Silen mi ha avvertito subito, dicendo di venire qui al più presto, e io ho approfittato della visita della Regina per fare la mia visita…».

«E perché quell’uomo si interessa a voi? Perché si interessa alla nostra comunità? Che cosa vi ha proposto? Che cosa vi ha offerto e in cambio di cosa?».

Lusis rimase sconcertato dall’improvvisa aggressività e concitazione di Velthur.

«Che cosa vi ha fatto quell’uomo? Ne parlate come di un individuo pericoloso….».

«Lo è! Sta facendo opere alchemiche che credo siano molto pericolose. E credo che stia tramando dei piani eversivi e violenti. Non so niente di preciso, ma quando c’è di mezzo quello, succedono cose stranissime, addirittura inspiegabili. Se ve le raccontassi, non mi credereste. Ma vi assicuro, c’è qualcosa di strano che circonda quell’uomo.

Forse voi pensate che sia solo una coincidenza che il Santuario di Silen sia stato scoperto poco tempo dopo che lui si è stabilito qui, ma non è affatto un caso!»

«Oh, vi credo! vi credo! Aralar mi ha spiegato molte delle cose che sta studiando. È un tipo molto particolare, molto eclettico. Lui dice che tutti gli uomini di cultura, tutti gli spiriti innovatori del nostro paese dovrebbero unirsi per dare inizio a un’era nuova.

Io non ho la pretesa di dare inizio a una nuova era, ma penso che gli Avennarna devono trovare alleati all’esterno della loro comunità. Aralar, anche se un po’ stravagante, è un uomo di grande cultura, e di grande influenza. Ha amici nelle alte gerarchie sacerdotali, un alleato del genere ci sarebbe utile….».

«Voi sapete, allora, che cosa sta facendo? Le sue ricerche?»

«Sì, me l’ha spiegato attraverso un libro, dove sono descritte certe dottrine esoteriche di una confraternita segreta di cui lui farebbe parte…. ma sinceramente di quelle cose non m’interessa molto. M’interessa invece il progetto che pensa di realizzare negli anni futuri.

Mi ha detto che quando avrà trovato persone sufficienti, vuole fondare un monastero nella Valle dei Gigli, e cercare di attirarvi gente per ricolonizzarla. Mi ha chiesto se avrei potuto trovare gente delle nostre comunità disposta ad andare a vivere là».

«State….state parlando sul serio? Avete detto davvero la Valle dei Gigli?».

«Oh, andiamo, dottor Laran. Non sarete anche voi di quelli così superstiziosi da credere che nella Valle dei Gigli non si può andare a vivere, vero? Non capite il senso del suo progetto? Quel posto è rimasto isolato e deserto per tre secoli a causa del misterioso disastro che ha fatto scomparirne tutti gli abitanti. La superstizione delle nostre genti è tale da aver impedito che qualcuno potesse tornare a viverci, e proprio per questo è il posto adatto dove andare a formare una comunità aventry libera ed indipendente, pur rimanendo all’interno del Veltyan. Chi verrebbe a disturbarci in un luogo che viene evitato da tutti, a parte forse qualche brigante?».

«Quello che è successo in quel luogo non è mai stato chiarito. Non sto dicendo che credo a storie di demoni o altre forze misteriose o mostri mitici e altre leggende che circolano. Fatto sta che la causa misteriosa che fece sparire i Valgiglini secoli fa potrebbe colpire ancora chiunque si stabilisca là in futuro, almeno fino a quando non si scoprirà che cosa è stato….».
«Ma è appunto quello che vuole fare Aralar! Crede di aver capito che cosa è successo, e pensa di poter fare in modo di impedire che si ripeta. Ha una teoria molto interessante in proposito, che certamente è sconcertante anch’essa, ma che potrebbe dare una spiegazione razionale a quello che è successo. E per noi Avennarna, è quello che ci deve interessare. Se vogliamo vivere seguendo la

LOVECRAFT 226: L'INIZIO DE "LA CASA DELLE STREGHE".

venerdì 16 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 198° pagina.


«Oh, non pretendo che voi facciate niente, ma penso che farò io qualcosa. Molte volte, nella nostra confraternita come in altre, ci si è domandati se non sarebbe il caso di formare delle comunità in luoghi isolati, dove noi Avennarna saremmo più liberi di seguire le nostre dottrine di vita, di creare una società aventry, con delle città interamente aventry.

Non è solo un sogno, un’utopia. I nostri predecessori hanno cercato di diventare influenti nei vertici del Veltyan, di rendersi più numerosi e potenti nel centro del Regno Aureo, ignorando del tutto ciò che invece stava ai confini, od oltre i confini della nostra civiltà.

È l’errore che commettiamo tutti noi Thyrsenna. Siccome siamo l’unico popolo di Uomini civilizzati rimasti nel mondo, non ci interessiamo di ciò che sta fuori. Ma è proprio là che dobbiamo guardare per il nostro futuro. Negli immensi territori deserti che si stendono oltre il Veltyan, soprattutto ad Oriente, dove si stendono enormi estensioni di terra verde ed abbandonata..

Qui, ai confini orientali del regno, alcuni di noi potrebbero emigrare e fondare delle comunità totalmente aventry, che sarebbero i primi avamposti della costituzione di un dominio aventry, dove non saremmo più guardati con sospetto ed avversione, non potremmo più essere detentori di minori diritti rispetto agli altri cittadini del regno, ma saremmo noi a governare la società, secondo i principi di Sindinaven e dei Santi dell’Aventry. Non vi attira questo sogno, questo traguardo? Non lo ritenete possibile, anche se sarebbe un’opera lenta e rischiosa da realizzare?».

«Sì, conosco questo tipo di sogni, di progetti. E quale Avennar non ne ha mai sentito parlare? Ogni tanto qualcuno di noi immagina un esodo di massa, o la fondazione di un regno aventry oltre i confini del Veltyan, o di concentrarsi tutti in una sola regione per divenire maggioranza, e non più solo minoranza. Ormai sono cinquecento anni, dalla morte di Sindinaven, che questo sogno appare e scompare a seconda delle epoche e delle regioni in cui si diffonde.

Temo che la mia fede nella dottrina di Sindinaven non sia così forte da farmi credere che questo sogno sia realizzabile nella nostra epoca. Se noi fondassimo una città aventry ai confini del regno, la Regina lancerebbe una persecuzione contro di noi, perché temerebbe un movimento di separatismo nel Veltyan. Se fondassimo invece una città oltre i confini del Veltyan, nelle terre dei barbari, ci troveremmo ad essere una comunità isolata e debole, dedita a una vita pacifica e poco propensi alla guerra, in mezzo a popoli selvaggi e violenti. Faremmo una brutta fine, come è già successo ad altri che hanno cercato di portare avanti questo tentativo…».

Lusis lo interruppe.

«Sapevo che mi avreste obiettato questo. Molti nostri fratelli e sorelle mi rispondono così, ogni volta che parlo del mio progetto. Ma loro non sanno, come non sapete voi, evidentemente, che le cose adesso stanno cambiando. Noi viviamo in un’epoca di grandi mutamenti per i Thyrsenna, e forse chi vive in queste province fra le più periferiche ed isolate non può rendersene conto.

Le nostre navi si spingono sempre più lontano, e stabiliscono rotte commerciali con molti paesi remoti, persino in altri continenti. E molti popoli, presi da invidia e ammirazione per la nostra elevata civiltà e cultura, cercano di imitare il nostro modello.

Ma anche il nostro popolo sta cambiando, e sono sempre di più coloro che sono stanchi dell’immobilità e dell’oppressione della casta teocratica che ci domina da tanti secoli, e da cui lo stesso Sindinaven sognava di liberarci tutti.

Nascono nuove idee, nuovi culti anche all’interno della stessa religione tradizionale.

Persino membri della classe sacerdotale pensano che sia ora di cambiare, e infatti sono riuscito a conquistarmi alcune amicizie che mi hanno detto che, se riuscissero a conquistare il potere nella capitale, non esiterebbero a concedere maggiori diritti ai cittadini seguaci dell’Aventry, in cambio dell’appoggio della nostra comunità al loro movimento.

C’è un eremita che vive proprio qui, a poca distanza, che mi ha parlato molto delle sue aspirazioni a una riforma religiosa della nostra società….».

«Avete conosciuto Aralar Alpan?».

«Sì, lo conoscete anche voi? Beh, non c’è da stupirsene, l’eremo è nei dintorni del paese, avrei dovuto immaginarlo».

LOVECRAFT 225: LA CASA DELLE STREGHE.

giovedì 15 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 197° pagina.


Ed era anche un esperto dottore delle dottrine e delle opere aventry. Un Maestro delle Scritture, secondo il termine tradizionale.

L’Aventry non aveva sacerdoti veri e propri, solo Maestri delle Scritture, i quali divenivano capi delle comunità per elezione.

Lusis, da buon Avennar,  era venuto a vedere il Santuario solo per interesse culturale e storico.

E quando aveva conosciuto Velthur, si era sentito molto dispiaciuto che fosse il solo Avennar nel raggio di molti chilometri, e gli chiese come mai non aveva voluto andare a vivere in un luogo dove ci fossero altri correligionari.

Velthur rispose che anche se ogni tanto sentiva il bisogno di far parte di una comunità di persone che fossero come lui, era comunque felice dove si trovava, che era benvoluto dai locali, anche se non proprio da tutti, e che in fin dei conti il suo abbracciare l’Aventry era stato un fatto personale, che riguardava solo lui, poiché in fin dei conti, non era necessario far parte di una comunità per essere un vero seguace dell’Aventry, poiché essa era più una dottrina di vita e di pensiero, più che un culto.

Ma Lusis, avendo intuito di trovarsi di fronte a un uomo molto colto ed intelligente, si dispiacque che le sue capacità venissero sprecate in quell’angolo sperduto del regno, quasi ai confini della civiltà. Pensò che sarebbe stato bello se si fosse potuta fondare una comunità aventry proprio in prossimità del Santuario di Silen, in un luogo che sarebbe diventato presto uno dei massimi centri della religiosità tradizionale.

Lusis era profondamente diverso da Velthur, anche nel modo di vivere l’Aventry. Mentre Velthur non era mai stato particolarmente interessato a convertire altri alla sua dottrina, Lusis era uno spirito missionario, un influente Maestro delle Scritture che spingeva la sua comunità a diffondere l’insegnamento aventry.

«La dottrina di Sindinaven, il nostro Santo Maestro, non è per tutti gli Uomini, lo sappiamo bene» gli disse Velthur, per giustificare le sue scelte. «Solo le anime antiche, coloro che hanno vissuto molte volte, possono comprenderla, perché è per loro che è stata inviata sulla Madre Terra, affinché coloro che hanno già le doti spirituali per avanzare possano affrettarsi sulla via della perfezione. Ma coloro che sono anime giovani, dominati solo da istinti animali e da ignoranza, non possono accogliere e comprendere tale dottrina. La fraintenderebbero e la deformerebbero in modo nocivo, obnubilando la verità non solo per gli insipienti, ma anche per i saggi. Per questo io non faccio tanta opera di proselitismo. Al massimo rispondo alle domande che mi vengono poste a volte sulla nostra dottrina di vita».

«Chi può dire chi è un’anima antica e chi invece un’anima giovane? E poi, non è vero che l’Aventry è stata mandata in questo mondo solo per le anime antiche, ma invece essa esiste per tutte le anime che vogliono diventare sante, e alla santità aspirano non solo le anime antiche, ma anche quelle giovani, anche se la raggiungeranno in un futuro più lontano.

Se noi annunciamo a tutti il messaggio di Sindinaven, forse alcuni lo interpreteranno male perché sono anime giovani, ma molto più grave è quando sono le anime antiche, o che credono di essere antiche, che lo interpretano male rinchiudendosi nella loro torre d’avorio, e non offrendo a tutti la sorgente d’acqua viva che è la Verità, che è per tutti e per ciascuno, e non solo per pochi eletti».

«Ma io, eminente Maestro della Scrittura, non mi sono mai rinchiuso in alcuna torre d’avorio, semplicemente non ho mai voluto parlare della dottrina a chi sapevo che non aveva nessun interesse per essa».

«Non è che semplicemente avevate paura delle persecuzioni dei kametheina del culto di Sil? Voi qui siete da solo, in mezzo ai contadini ignoranti governati da un branco di sacerdoti ostili e intolleranti… è comprensibile che abbiate ceduto alla situazione».

«Non tanto intolleranti…. anche se ce ne sono di alquanto corrotti. Mi lasciano in pace perché io li lascio in pace, e non cerco di fare proselitismo.

Sì, la mia è un po’ una rassegnazione alla situazione. Noi Avennarna ci siamo abituati, no? Sì, sono da solo e cerco di proteggermi da solo. Ma cos’altro potrei fare?».

LOVECRAFT 224: MARCELINE BEDARD E LA REGINA MEDUSA DELLA MARVEL

martedì 13 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 196° pagina.


corruzione e la malvagità lontana dal Santuario, eviteremo l’ira di Sil e ulteriori, prodigiosi ammonimenti».

Velthur stava ascoltando anche lui le grida dell’araldo reale in fondo alla piazza.

Perfetto, si disse. I soliti decreti che non servono a niente, se non favorire di fatto ciò che si avversa a parole. Dal Santuario sarebbero stati esclusi tutti gli emarginati, i poveracci, tutti coloro che si trovavano ai margini della società, mentre i ricchi e potenti più corrotti avrebbero potuto continuare a frequentarlo indisturbati, previo pagamento al corrotto funzionario di turno.

I ricchi ladri impuniti, i ricchi sacerdoti che praticavano la stregoneria, che appartenevano a società segrete, che commettevano regolarmente atti illegali, avrebbero infestato l’ipogeo.

E primo fra tutti Aralar, rispettabile eremita per le autorità teocratiche.

Mentre invece né Velthur né Menkhu avrebbero più potuto entrare, se non abusivamente.

La signora Mendibur, che stava al suo fianco, sbottò: «Chissà cosa avrà visto, quella là! Magari un mendicante con la faccia da lupo mannaro? Sarà questo che l’ha spaventata? E adesso se la prende con tutti quelli che non vanno ai ricchi?».

Anche se signora Mendibur era una persona ossequiente alle autorità del Veltyan come la maggior parte della gente del posto, questo non le impediva di lanciare qualche battuta sarcastica ogni volta che le leggi e i decreti della Regina e del Magistero dimostravano una palese ingiustizia.

«Il fatto  è che la Regina ha voluto dare l’impressione di fare qualcosa per mantenere la calma, senza doversi impegnare a fare qualcosa. L’unica altra cosa che avrebbe potuto fare era di far richiudere il Santuario, ma la cosa non sarebbe piaciuta a nessuno. Così ha deciso di allontanare dal luogo sacro tutti quelli che non godono della simpatia delle autorità».

«Così voi, dottore, non potrete più entrare nel Santuario. Vi dispiace, la cosa? So che vi interessava molto, come vi interessano tutte le cose antiche».

«Non è che non potrò più entrare nel Santuario…. è che per potervi entrare sarò costretto a pagare chissà quanti soldi a quella vecchia avida dell’alkati Errani Kaper. E sinceramente, mi domando se ne valga la pena».

Il giorno dopo, Velthur cominciò ad organizzare il suo viaggio ad Enkar, che voleva avvenisse quanto prima. Mandò una lettera al giovane amico Keilin, scrivendogli che sarebbe venuto a giorni, costi quel che costi, indipendentemente dal fatto che il giovane dottore avesse avuto modo di occuparsi di lui o meno.  Avrebbe trovato una locanda per sé e Menkhu, e poi si sarebbe recato dal libraio-stampatore di Piazza delle Spezie.

Per sua fortuna, aveva trovato, tra i pellegrini e i visitatori del Santuario di Silen, un medico della provincia del Maristevian, un tal Lusis Erkorekan, che era anch’egli un Avennar, il quale fu ben felice di sostituirlo in cambio dell’ospitalità in casa sua.

La signora Mendibur non era per niente contenta che il dottore si facesse sostituire e addirittura ospitasse in casa sua una persona che non conosceva. Ma Velthur le disse che sarebbe stata una cosa di due giorni, il tempo di andare ad Enkar e tornare.

D’altra parte, tanta fiducia era proprio dovuta al fatto che si trattava di un suo correligionario. L’Aventry era l’unico culto religioso nel Veltyan, oltre ai culti stregoneschi del belk, che subìva una vera e propria emarginazione sociale e politica. Ciò aveva creato una profonda e immediata solidarietà fra tutti i suoi seguaci, anche se non si conoscevano di persona.

Era stata una delle sue pazienti a fargli conoscere il medico del Maristevian, che aveva pensato giustamente che sarebbe stato contento di incontrare un altro Avennar.

La sua paziente gli aveva affittato una camera in casa sua, e quando aveva saputo che era un Avennar, gli aveva parlato del dottor Laran. Lusis aveva subito provato interesse, perché non si aspettava di trovare degli Avennarna da quelle parti. E infatti Velthur era proprio l’unico del posto.

Lusis era un uomo sulla sessantina, basso, corpulento e dalla lunga barba bianca appuntita e senza baffi secondo la tradizione della buona società dei Thyrsenna, con vividi occhi di un grigio argento chiarissimo, nato e cresciuto in una grossa comunità aventry, mentre invece Velthur era un convertito, che aveva pochi contatti con le comunità aventry.
Ed era anche un esperto dottore delle

LOVECRAFT 223: IL RITRATTO DI MARCELINE NE "L'ABBRACCIO DI MEDUSA".

lunedì 12 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 195° pagina.


Già si prefigurava Aralar Alpan presentarsi alle masse di pellegrini come il sant’uomo, il mistico visionario che parlava con gli Dei e ne interpretava il volere. Lui, l’alchimista, il saggio, avrebbe svelato i misteri del Santuario di Silen, e sicuramente quello che cercava nel suo interno doveva far parte del piano di scalata al potere religioso che, inevitabilmente, avrebbe portato al potere politico, e poi al potere assoluto.

In un paese teocratico come il Veltyan, la chiave del potere era nel saper manovrare il culto. La formazione di un nuovo movimento religioso e il suo successo, come era già successo in altre epoche ed in altri regni, avrebbe segnato un cambiamento epocale.

E l’unica cosa che poteva fare adesso Velthur era andare a comprare quel libro maledetto e leggerlo, studiarlo alla ricerca dell’indizio che l’avrebbe illuminato sugli intenti e i mezzi dell’eremita pazzo. Sempre che non impazzisse prima anche Velthur.

E un’altra incognita, era quello che avrebbe fatto la Regina.

Se aveva intuito il pericolo insito nel Santuario, avrebbe cercato di chiuderlo, almeno temporaneamente. Ma se l’avesse fatto, con tutta probabilità si sarebbe arrivati a una rivolta, nata proprio dall’isteria collettiva religiosa.

Ormai la frittata era fatta. Aralar, anche se pazzo, doveva essere un genio.

Il giorno successivo, verso l’ora di pranzo, un gruppo di tre araldi reali andò per il paese di Arethyan, per annunciare un proclama della Regina. Due soffiavano nelle trombe, per annunciare al popolo le parole della Kyrenni, il terzo leggeva il rotolo dove erano state trascritte.

Si fermarono nella piazza del mercato, e quando la folla si fu riunita, l’araldo urlò dall’alto della torre dei proclami, che si trovava in ogni villaggio dei Thyrsenna, dove gli araldi annunciavano al popolo la volontà delle autorità.

«Udite, udite, popolo di Arethyan! La Regina Eletta del RegnoAureo, Exinedri II del casato di Vipsul, Figlia Diletta di Sil, Testimone della Signora della Luce e Messaggera del volere della Dea Madre dell’Universo e di tutti gli Dei Superni e Inferni, Intermediaria del Volere Divino presso il grande e antico popolo dei Thyrsenna, Eccelsa Sovrana fra tutti i sovrani di Kellur, la Madre Terra, vi annuncia il Suo volere dopo i gravi ed imprevisti eventi che hanno colpito la comunità locale il giorno 9 del mese dell’Arciere dell’anno 3089 dopo la Fondazione del Regno Aureo.

La nostra augusta sovrana è rimasta sconvolta dagli eventi prodigiosi a cui ha assistito in suddetta data presso il sotterraneo Santuario di Silen, che le hanno mostrato la volontà di Sil.

Come tutti coloro che hanno visto il Prodigio del Sole Scarlatto, anche la sovrana ha ricevuto una straordinaria e terrificante visione ispiratrice, e la sua vicinanza alla Luce di Sil gli ha permesso di vedere chiaramente il suo significato.

A causa di questa visione, che per il momento la Nostra Sovrana non vuole rivelare, Ella ha preso la decisione di porre il Santuario sotto la diretta giurisdizione di suo fratello Mezenthis Vipsul, l’Eminente Shepen di Anxur, il quale farà sì che il luogo sia sorvegliato accuratamente e frequentato solo dai locali e dai pellegrini espressamente autorizzati da un permesso rilasciato dalle autorità sacerdotali solo alle persone che dimostrano una profonda e sincera intenzione religiosa, aliena da ogni secondo fine e da ogni disubbidienza alle tradizioni del nostro amato regno…

Nessun seguace dell’Aventry, o sospettato di simpatie per i suoi seguaci, nessuno straniero, nessun ex-schiavo, nessun vagabondo, nessun Sileno, o Nano, o Fata, nessuno che sia dedito alla stregoneria, nessun membro di società o sette segrete o sospettato di essere tale, potrà accedere al Santuario di Silen.

Questo al fine di prevenire attività o atti nefasti o empi o lesivi della legge e del benessere del Regno Aureo…..

Questo perché è evidente che il misterioso Prodigio del Sole Rosso è un segno celeste che Nostra Signora ha inviato alla Regina dei Thyrsenna per metterla in guardia da chi minaccia l’integrità del Regno Aureo e del suo popolo.
La Regina invita il popolo a non lasciarsi turbare dai misteriosi accadimenti occorsi al Santuario di Silen, e raccomanda di pregare e agire affinché non abbiano a ripetersi. Solo se terremo lontane la

LOVECRAFT 222: LA "GORGONE" MARCELINE BEDARD

domenica 11 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 194° pagina.


già partiti, assieme a tanti altri pellegrini. C’è un sacco di gente che vuole lasciare questo posto per dimenticarsi quello che ha vissuto, da quel che mi pare».

«Come mai non hai voluto tornare a casa anche tu?».

«Gli altri se ne sono andati perché hanno paura. Io no. Speravo di riuscire a capirci qualcosa, prima di dovermene andare».

«Bene, mi fa piacere. Ho bisogno di persone che non si spaventino di fronte a cose che non capiscono. E a questo proposito, ti prego di portare un mio messaggio al nostro amico Keilin Thesan. Quando sarai tornata ad Enkar, digli che presto arriverò a ritirare la copia del libro che ha prenotato per me».

«Ah, finalmente! Intendo: finalmente ti sei deciso a venire a trovarci ad Enkar. Posso sapere di che libro si tratta? Keilin non me ne aveva parlato».

«Non te ne ha parlato perché aveva intuito che non era qualcosa di cui parlare. Però, se è vero quello che mi hanno detto, il libro stesso potrebbe avere a che fare con quello che è successo al Santuario».

«Allora non vedo l’ora che tu arrivi in città!»

Velthur la fece rientrare in casa sua, e dopo che lei si fu ritirata nella camera degli ospiti, lui andò a cercare altri conoscenti, fino a sera. Man mano che parlava con la gente, che raccoglieva testimonianze, si convinceva sempre più che si fosse trattato di un gigantesco miraggio indotto. Non tutti avevano visto cose diverse. Non erano pochi quelli che avevano visto uno dei mostri neri alati, con le ali che ricordavano le ali di una farfalla o di una via di mezzo fra ali di farfalla e ali di pesce volante, e tutti li avevano descritti nello stesso modo. Diversi invece erano tutti gli altri mostri, e alcuni, come Menkhu, dichiaravano di aver visto non un mostro, ma qualcosa d’altro comunque assurdo.

Si trattava di tutti coloro che avevano visto qualcosa nel cielo, anziché a terra. Una donna anziana aveva visto le torri di una grande città che emergevano dalle nuvole, e che parevano fatte di cristallo scintillante. Diceva di aver visto la città celeste degli Dei, dove dimorano gli spiriti beati sotto l’eterna Luce di Sil.

Un’altra donna disse di avere visto gli Dei stessi, le cui figure si stagliavano colossali all’orizzonte, come ombre luminose sullo sfondo del cielo nuvoloso. Un giovane invece disse di avere visto una nave celeste, le cui vele dispiegate parevano due grandi ali. Disse che sembrava un drago di metallo scintillante.

Ovviamente quelli che avevano visto mostri aggirarsi fra la gente ricordavano la visione con terrore e turbamento, convinti di aver visto dei Demoni Oscuri usciti dagli Inferi per minacciare i peccatori. Quelli che invece avevano avuto meravigliose visioni celesti, ricordavano la cosa come un’esperienza bellissima e sconcertante, che li faceva sentire delle persone nuove.

Di conseguenza, la mentalità della gente aveva già stabilito qual era la giusta interpretazione da dare all’incredibile evento. Era stato un messaggio che Sil aveva voluto mandare a tutti e a ciascuno. Gli esseri mostruosi erano degli ammonimenti contro azioni malvage, le visioni celesti erano rivelazioni dell’aldilà e incitamenti a raggiungere il Regno degli Dei Celesti, il Cielo Etereo.

Un evento del genere avrebbe presto avuto un’influenza enorme sulle masse dei Thyrsenna. Avrebbe creato uno scalpore enorme e attirato folle immense verso il Santuario di Silen. Se c’era qualcuno che stava manovrando segretamente la cosa, allora l’intento rivoluzionario era evidente. Guidando le masse entusiaste di pellegrini confluite là, qualcuno avrebbe potuto creare uno scisma, un movimento di dissenso che avrebbe potuto rovesciare la casta sacerdotale, modificando il culto dominante nel Veltyan, magari arrivando a sostituire, come divinità suprema del Regno Aureo, l’antico Silen alla tradizionale Dea del Sole.

Forse, se lui avesse potuto far arrivare i suoi sospetti alle alte sfere, avrebbe potuto muovere delle indagini in questo senso. Ma lui, che era un Avennar, sarebbe stato guardato a sua volta con sospetto, se avesse osato insinuare l’esistenza di un complotto che probabilmente coinvolgeva dei sacerdoti dei culti tradizionali.

LOVECRAFT 221: IL MITO DI MEDUSA E I SUOI LEGAMI CON CTHULHU

sabato 10 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 193° pagina.


facevano apparire come dei perfetti ventagli, leggermente trasparenti, ma comunque nere. Grandi ali nere come il loro proprietario. Allora ha spiccato il volo e si è messo ad inseguire l’altro mostro in volo. Uno spettacolo incredibile.

Cioè, lo so che sembra che stia delirando anche io. Se me l’avesse raccontato un paziente, avrei pensato che stesse veramente molto male, eppure quello che ho visto non aveva proprio l’aria di un’allucinazione. Tant’è vero che ho voluto aggrapparmi alla tua teoria che si sia trattato di vapori venefici dall’interno del Santuario….».

«Va bene, senz’altro è una storia pazzesca, anche se non molto più pazzesca di quelle che potrei raccontarti io. E alla mia teoria sono io il primo a non crederci, perché l’ho inventata nel tentativo di tranquillizzare la gente. Ma ora vorrei sapere cosa hai visto dopo».

«Niente. Dopo che il mostro alato ha preso il volo, li ho visti sparire tutti e due, mentre la luce del sole tornava normale. Per qualche istante li ho cercati con lo sguardo, mi sono persino avvicinata al bosco nel tentativo di scorgerli, ma non ho visto né sentito più niente.

Ma scusa, allora se nemmeno tu credi alla teoria dei vapori allucinogeni, cosa dobbiamo pensare? Che abbiamo visto i Demoni Oscuri degli Inferi e altri esseri spirituali, inviati da Sil stessa? Tu sei un Avennar, lo so bene. Non credi agli spiriti che appaiono e visitano i viventi».

«Quello che credo io non ha molta importanza. Importa solo quello che potrebbe essere vero. L’unica altra cosa che credo possibile, se non vogliamo credere che sia reale quello che abbiamo visto ieri e quello che diverse persone dicono di avere visto da queste parti nei mesi scorsi, è che ci sia qualcuno che abbia il potere di creare miraggi e farli sembrare veri a chiunque. Le Fate sono in grado di farlo. Forse anche alcuni alchimisti».

«Stai parlando di una sorta di complotto?».

«È solo una teoria, forse ancora più insensata delle altre. Ma penso che potrebbe essere il complotto di un gruppo di persone che vuole seminare il caos nel Veltyan per rovesciare i poteri vigenti.

Qualcuno che forse sta facendo delle opere alchemiche per far credere vero ciò che non lo è».

«E… questa tua idea si fonda su qualche fatto? Qualche prova? Hai in mente dei possibili colpevoli?».

«Sì, diciamo che ho dei validi indizi. Ma non ancora delle prove certe. E fino a quando non le avrò, mi tengo per me i nomi dei possibili colpevoli. Fatto sta che negli ultimi mesi, il mostro alato nero l’hanno visto diverse persone, o in visione, o in sogno, o nella vita reale. Adesso invece sembra essere accompagnato da altri mostri, o esseri favolosi. Il tuo mostro bianco e azzurro, per esempio; ma c’è anche chi ha visto cervi bianchi con corna rosse, o capri neri dalle corna d’oro e altre amenità del genere».

«Ah, io ho collezionato parecchie testimonianze interessanti, sia alla locanda del Gatto Nero sia parlando con i feriti e i contusi che ho curato ieri. Effettivamente ci sono almeno altre due persone che dicono di aver visto degli enormi mostri simili a uomini neri con le ali e occhi rossi, un altro dice di aver visto un drago rosso e dorato a sei zampe, un altro ancora dice di aver visto un serpente con in testa una cresta simile a quella di un gallo, che sembrava una corona, e il corpo interamente coperto di piume colorate, come un uccello e…. aspetta un momento».

Amani aprì la piccola borsa che le pendeva dalla cintura e ne tirò fuori un taccuino a rotolo, che svolse sotto gli occhi di Velthur.
«Ah, sì, ecco…. mmmhhh… allora, uno ha detto di aver visto un demone orrendo, biancastro e rugoso, con i denti di corallo, e un altro ancora una specie di gatto gigantesco, grigio e tigrato, dagli occhi azzurrissimi, grande come un lupo, e con due grandi ali di pipistrello…. una donna dice addirittura di aver visto una specie di piovra verde, con un unico enorme occhio rosso con la pupilla a fessura, come quello di un Saguseo, in mezzo al corpo viscido e flaccido come una borsa mucillaginosa e file di occhi più piccoli lungo tutti i tentacoli…. Insomma, una fantasia incredibile, più o meno come la mia. Comunque quella del Serpente Piumato è la migliore! Avrei voluto averlo visto io, invece di quei mostri spaventosi che non mi hanno fatto dormire stanotte…. Anzi, se permetti, mi farei un pisolino a casa tua, dato che domani voglio ripartire. Gli altri due medici sono

LOVECRAFT 220: LA PARIGI ESOTERICA NE "L'ABBRACCIO DI MEDUSA"

venerdì 9 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 192° pagina


Il volto era ancora peggio: la bocca era grande, rotonda e a ventosa, e gli occhi erano due globi sporgenti, grandi come mele, ma nere. Non aveva né naso, al suo posto aveva un’unica narice triangolare, come uno sfiatatoio. E i suoi capelli…. Beh, io non so cosa fossero, ma penso non fossero capelli…. Hai presente i pistilli dei fiori? O le antenne delle lumache? Praticamente, una foresta di antenne gelatinose e azzurre, di un azzurro intenso che ricordava un po’ le pietre di turchese, che sporgevano dal suo cranio come una foresta cascante, come un salice piangente…. Insomma, una cosa veramente orribile e sconosciuta.

Per un secondo, ho pensato ad un orribile scherzo, a qualcuno che si fosse messo un costume in maschera per spaventare la gente, ma osservandolo, capii che quello non era un costume, aveva l’aspetto di qualcosa di vivo… vedevo delle pulsazioni sotto la pelle, ai lati del collo, e sulle costole, dove c’erano delle fessure, come delle branchie di squalo… ho avuto l’impressione che respirasse attraverso quelle fessure nel torace.

Se fossi più paralizzata dal terrore, o dallo stupore, non saprei dire. Semplicemente, non riuscivo a credere a quello che vedevo, soprattutto perché non capivo perché la gente attorno non si accorgesse di quel mostro bianco e azzurro. Ti giuro su tutti gli Dei: l’ho visto bene, l’ho osservato in tutti i suoi particolari, perché avanzava lentamente, a poca distanza da me.

Io continuavo ad osservarlo e poi mi sono accorta che la gente finalmente ha cominciato ad urlare selvaggiamente, ma poco dopo mi sono resa conto anche che si stava spaventando per cose che io non vedevo, come loro non vedevano quello che vedevo io.

E a quel punto è successa una cosa ancora più strana. Quando la gente ha cominciato a urlare e cadere per terra o fuggire di qua e di là dicendo di vedere cose spaventose, l’essere ha cominciato a guardarsi intorno, e sembrava… sorpreso. Come se non capisse perché la gente si spaventasse tanto attorno a lui.

E poi…. poi ha guardato me. Si è accorto che io lo guardavo, e ha risposto al mio sguardo e…. lo so che sembra ridicolo. Ma in quel momento quella cosa si è spaventata a causa mia! Capisci, Velthur? Si è messa le sue enormi mani palmate, con sette dita che terminavano in piccole ventose, e si è coperta la faccia come se non volesse che gliela guardassi, ritraendosi.

Neanche per un istante ho pensato che stessi vedendo un miraggio, un’allucinazione. Come ti ho detto, mi appariva del tutto reale.

Avrei voluto fuggire, ma avevo i piedi inchiodati a terra e lo sguardo inchiodato negli occhi neri dell’essere, che continuava a fissarmi e a ritrarsi, spaventato.

E allora ha mandato anche dei suoni, come dei piccoli versi gutturali, si è voltato e se ne è andato. L’ho visto sparire tra la folla, verso la strada lastricata.

A quel punto io ho fatto una cosa folle: l’ho inseguito. Camminava a una velocità incredibile, perché aveva quelle gambe lunghissime, ma io ho cominciato a correre, cercando di evitare la gente che si agitava impazzita. E poi…. poi è saltato fuori quell’altro!».

«Ce n’era un altro??? Un altro mostro come quello?».

«No, peggio! Un mostro ancora più spaventoso. Non perché fosse più orribile, era solo molto più grosso…e completamente nero, a parte gli occhi che erano rossi. Aveva la forma di un uomo gigantesco, con due enormi ali nere sulle spalle. Non aveva un volto, o perlomeno non gliel’ho visto. Aveva solo due grandi occhi che splendevano di una luce rossa.

 Rossa come era il sole in quegli stessi momenti di delirio.

Ma non era finita lì, dopo ho visto altre due cose che mi hanno molto sorpreso. I due mostri si sono visti l’un l’altro, si sono guardati, e il primo mostro, quello bianco e azzurro, si è bloccato e si è spaventato, più che quando ha visto me. Ha mandato un verso acuto, stridulo, e poi è fuggito in direzione del bosco, oltre la strada, e in quel momento è successa l’altra cosa sorprendente.

Prima mi era sembrato che scivolasse fra la gente come un fantasma, senza toccare nessuno. Poi ho visto distintamente che ha urtato un uomo, e l’ha gettato a terra! Insomma, quello che stavo vedendo non era un’allucinazione, anche se lo vedevo solo io.
L’altro mostro, invece, ha dispiegato le sue grandi ali, e allora ho visto che sembravano un po’ come quelle di una farfalla, membranose, con una serie di sottili venature, o di cartilagini, che le

LOVECRAFT 219: L'INIZIO DI "L'ABBRACCIO DI MEDUSA".

giovedì 8 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 191° pagina.


«Va bene, contento tu….  ma io preferisco vederti libero come vedevo libero tuo padre e tutti quelli della tua stirpe».

«Io sono libero come prima, Velthur. Ti assicuro. E adesso appena arriviamo a casa tua, te lo dimostrerò. Mi faccio un bel pisolino digestivo e dormo sopra tutta questa faccenda, perché non voglio che tutti questi guai mi tolgano il sonno!».

«Saggia decisione, la seguirò anch’io….».

Invece non ne fu capace. La troppa tensione e i troppi pensieri lo spinsero invece a vagare per il paese a parlare con tutti i conoscenti che incontrava, per raccogliere testimonianze su quello che era successo il giorno prima, o su voci che correvano in giro.

Dopo essere tornato a casa, aveva lasciato Menkhu a dormire sul tappeto del suo soggiorno, perché essendo abituato a dormire sui prati o nel bosco o nei fienili, il Sileno non amava i letti.

Poi aveva visto tornare Ameni dalla locanda del Gatto Nero, dove aveva pranzato con gli altri due medici, e avevano parlato un po’ delle chiacchiere che correvano in paese.

Aveva parlato con l’ostessa della locanda, che era una cugina dell’alkati di Arethyan, e che le aveva raccontato che pareva che la Regina fosse rimasta anche lei sconvolta da quello che era successo, perché aveva avuto una visione anche lei, dall’alto del tumulo, e l’aveva interpretato come un segno divino. Ma erano solo dicerie, non si era sicuri che fosse proprio così. Non si sapeva neanche quanto sarebbe rimasta ancora nella villa dei Tezanfalas. Secondo il programma originario, avrebbe dovuto fermarsi solo un paio di giorni, ma ora si pensava che avrebbe fatto una seconda visita al Santuario, per raccogliersi in preghiera e meditazione, e invocare la Luce di Sil.

«E tu, Amani? Presi dal nostro dovere di medici, non abbiamo parlato di cosa è successo a noi. Ho avuto anche io una visione spaventosa, ho visto un essere di nebbia nera e di serpenti di fuoco che ha dispiegato delle ali nere e si è librato in cielo sopra le nostre teste. Qualche tempo fa, ho ingerito una potente droga e ho avuto delle visioni in certo modo simili a quella di ieri, e anche questo mi ha suggerito l’idea che siamo stati esposti a dei vapori allucinogeni usciti dal Santuario.

Tu invece che cosa hai visto, se hai visto qualcosa?».

«Ha importanza?».

«Lo ha per me. Pare che alcune persone non abbiano visto niente. Raccogliendo testimonianze sulle varie esperienze, forse vengo a capo di qualcosa, magari appunto nello stabilire se la causa è conosciuta, o se davvero dobbiamo pensare a una forza spirituale….».

«Io ero presso la strada lastricata, cioè dal versante opposto a quello dove stavi tu. E ho visto qualcosa che mi ha fatto svenire dalla paura, perché era a pochi metri da me. E quel che è peggio, è che l’ho visto come vedo te in questo momento. Ricordo che ero lucidissima, assolutamente sveglia e stavo parlando con altri pellegrini, poi è sbucato il sole con quella strana luce rossa, e mentre tutti se ne stavano a guardare in alto, io ho colto con la coda dell’occhio una figura strana che camminava fra la gente accanto a me.

Mi sono voltata, e mi si è gelato il sangue nelle vene, perché era qualcosa di mostruoso. Non era né un Uomo, né una Fata, né un Sileno, né un Nano e neanche un Tritone, né alcun animale conosciuto, ma qualcosa di molto più orribile. Aveva una forma vagamente umana, nel senso che aveva una testa, due braccia, due gambe, ma la somiglianza con noi si fermava poco più in là. 

E quel che era più incredibile, era che avanzava in mezzo alla gente come se niente fosse, indifferente a tutti, mentre tutti quanti sembravano non vederlo. Eppure, ti giuro, aveva un aspetto così reale, così presente. Ne ho sentito persino l’odore, un odore disgustoso che non saprei a cosa paragonare. Mi ricordava un’orrenda mescolanza fra patate marce e incenso, un odore che io odio.

Mi è passato accanto a tre-quattro metri, forse anche meno, al mio fianco destro. Ricordo perfettamente che era biancastro, un colore simile a quello della panna, ma con sfumature  giallognole e completamente squamoso. La sua pelle ricordava quella di un ramarro, e aveva braccia e gambe lunghissime, sottili, che gli davano un’andatura ondeggiante, quasi scimmiesca. Il corpo era orribilmente deforme, con il torace enormemente largo e la schiena curva quasi come quella di un gobbo.