Altri si erano ritirati in casa, terrorizzati, altri ancora
si erano riuniti in piccoli gruppi per la strada, parlando con quelli che, per
vari motivi, non avevano potuto o voluto andare alla Polenta Verde.
Le storie di prodigi e visioni favolose si erano ingigantite
sempre più, man mano che le ore erano passate e le autorità sembravano aver
perso completamente il controllo della cosa.
I gendarmi del paese si erano affannati a dire alla gente di ritirarsi
in casa e mantenere una calma che ormai non esisteva più.
In risposta, la gente invocava la Regina , affinché
ricomparisse in pubblico e dichiarasse qualcosa su ciò che era successo.
I soldati della guardia degli Shepenna di Enkar se ne erano
andati subito dopo che la
Regina era scesa dal tumulo ed era letteralmente fuggita
sulla sua carrozza scintillante e assieme al suo corteo, infischiandosene tutti
dei pellegrini e dei locali in preda all’esaltazione religiosa.
La guardia degli Shepenna era venuta là per proteggere la Regina e il suo corteo, non
certo per proteggere i poveracci che avevano avuto la sventura di essere stati
coinvolti in quel delirio, e quindi non avevano avuto motivo per restare, a
parte quelli che erano stati lasciati per sbarrare l’entrata al Santuario di Silen.
Qualche esaltato andava in giro per le strade del paese e
lungo la strada lastricata urlando che Sil aveva compiuto un grande prodigio
per invitare il popolo a seguire la retta via e allontanarsi dal male e dalla
corruzione, o una terribile punizione sarebbe scesa su tutti quanti.
Dopo che il prodigio del sole e le visioni erano scomparse,
Velthur aveva vagato nella folla delirante per qualche tempo, fino a quando non
aveva trovato qualcuno che aveva bisogno di lui: una donna che era finita
calpestata dalla folla durante il delirio. Presto aveva scoperto altre persone
da soccorrere, e per fortuna la sua professione aveva avuto il sopravvento sul
trauma che aveva subìto nel vedere il mostro in cima al tumulo.
I Thyrsenna non avevano mai avuto ospedali veri e propri, al
massimo dei centri di raccolta degli ammalati in caso di epidemie, soprattutto
nei centri più grandi. Ma in un paesino come Arethyan non c’era niente.
Nessuno aveva immaginato che potesse succedere unacosa del
genere, nemmeno le Fate avevano saputo prevederlo, e adesso erano tutti
impreparati alle sue conseguenze. Per fortuna, nel caos aveva incontrato ben
tre altri medici che si stavano prodigando ad aiutare i feriti e gli ossessi, e
una di loro era Amani Irizar, che non aveva potuto mancare quell’importante
evento legato al Santuario d’Ambra.
Quando aveva trovato Amani, le aveva detto di aspettarlo che
sarebbe andato a casa e tornato con i suoi strumenti medici. E sempre per
fortuna, trovò un nobile cavaliere che, anziché fuggire, ritenne suo dovere
restare ad aiutare i deboli e gli umili, e fece salire il dottore sul suo
cavallo che, per fortuna, non era impazzito anche lui.
Il resto della giornata l’aveva passato curando i feriti,
calmando gli sconvolti e riconducendo tutti a casa, o facendo ospitare da
qualcuno del posto i pellegrini feriti. Per fortuna, poté contare sulla forza e
la generosità instancabili di Menkhu.
Alla sera, era crollato a dormire dopo aver dato un letto a
casa sua ad Amani e a un altro dottore,
mentre gli altri due li aveva fatti ospitare in casa di amici, e Menkhu aveva
dormito nel fienile dei Ferstran. Si addormentò pensando che il giorno dopo era
deciso a cominciare a cercare le risposte su quello che era successo,
interrogando con pazienza tutte le persone coinvolte che gli fossero capitate a
tiro. Cioè, praticamente tutta la gente del paese.
E infatti ora, a pranzo nella casa dei Ferstran, voleva
assolutamente fare un poco di chiarezza.
«Vediamo di fare un po’ d’ordine in questo caos. Tu dove ti
trovavi, quando è cominciato questo… prodigio, Menkhu?».
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