E quei pensieri non potevano fare a meno di tornargli in
mente, mentre guardava lo sciaguattare delle onde sui fianchi della barca,
unica immagine di vita in tutto quel grigiore amorfo.
Lui e Menkhu se ne stavano seduti su una delle panchine
presso i fianchi del barcone mercantile che portava alcuni dei prodotti tipici
della zona alla città, chiacchierando con il padrone del barcone, che era
divertito e incuriosito dal fatto di avere imbarcato un Sileno, cosa che non
gli era mai capitata, dato che non capitava mai che un Sileno salisse su di una
barca, o su di un carro, o in groppa a un cavallo o a un asino. I Sileni, si
sapeva bene, viaggiavano solo a piedi.
Il padrone gli chiese come mai viaggiasse in barca, Menkhu
gli rispose che lui e Velthur avevano degli affari urgenti da sbrigare ad
Enkar.
Il padrone si disse meravigliato che un Sileno potesse avere
“affari urgenti” in città.
«Gli affari urgenti li ha soprattutto il mio amico qui. Io
vengo con lui ad aiutarlo».
«Fai bene. Non si sa mai, in città, cosa può succedere. Ti
possono rapinare in qualsiasi momento. Con un Sileno della tua stazza, e con
quel pelo rosso poi, penso che qualsiasi delinquente ci penserebbe due o tre
volte prima di allungare le mani. E poi, basta vedere il tuo amico, si vede che
non è per niente contento di andare ad Enkar».
«Non è per quello. La nebbia lo rende triste. Neanche a me
piace la nebbia, ma a me fa anche paura, come a tutti i Sileni. Nella nebbia si
nascondono gli spiriti, perché assomigliando alla nebbia, se ne servono per
nascondercisi, e magari poi ne saltano fuori quando meno te lo aspetti».
«Perché? Li hai mai visti, gli spiriti nella nebbia?».
«Tutte le volte che c’è la nebbia. Noi Sileni vediamo sempre
gli spiriti. Voi Uomini li vedete solo in certe circostanze, noi li vediamo
tutte le volte che si manifestano, cioè abbastanza spesso. E non ci piace
vederli…. Non hanno un bell’aspetto, e ti osservano senza dire niente».
«E li vedi anche adesso?».
«Sì, certo. Ne vedo uno proprio là, in mezzo agli alberi,
sulla riva, proprio dove la nebbia sembra serpeggiare fra gli alberi».
«Per la Luce
di Sil, lo vedo anche io!».
Velthur, prima distratto dai suoi pensieri, si voltò anche
lui all’esclamazione del barcaiolo.
Effettivamente c’era qualcosa in riva al fiume, una sagoma
bianca, così bianca da apparire luminosa, in apparenza umana, solo molto più
sottile, e molto alta. Le sue gambe sembravano confondersi con la nebbia che si
stendeva come un tappeto sull’erba, come se sorgesse da essa come da un lago o
uno stagno di vapori.
E altrettanto vaporosa appariva la figura misteriosa, che
tra l’altro era semitrasparente, tanto che si vedevano i contorni di un albero
dietro di essa.
Mentre i tre la osservavano, la figura alzò il braccio
sinistro in segno di saluto.
Velthur, nel vederla, mormorò: «Ricominciamo…. sta
diventando sempre peggio….».
A quel punto, il barcaiolo cominciò a perdere il senno.
«Sangue di Nethuan! È proprio uno spirito, un fantasma!
Guarda, adesso sta svanendo…. ma continua ad agitare la mano come per
salutarci….».
La figura venne avvolta da un banco di nebbia, come tutto il
resto. Una cappa di ombra grigia avvolse tutto, rendendo la scena ancora più
inquietante, perché ci si poteva aspettare che la misteriosa figura riapparisse
dalla nebbia, di fronte a loro.
«Sei stato tu, peldicarota? L’hai fatto comparire tu, quel
fantasma, vero? Hai evocato quello spirito per portarmi male, vero? O solo per
spaventarmi? Maledetto, adesso scendete tutti e due da questa barca! Siete
degli stregoni, sicuramente. È per colpa vostra che succedono cose strane da
qualche tempo nel nostro paese! Adesso accosto e voi scendete subito, o vi
ammazzo e getto i vostri corpi nel fiume!».
Afferrò uno dei remi del barcone e lo sollevò sopra le teste
di Menkhu e Velthur, che rimasero paralizzati dalla sorpresa e dalla paura. Non
capivano cosa gli era preso.
Menkhu, in particolare, non sapeva cosa dire. Si limitava a
nascondere la testa sotto il grosso braccio peloso, spaventatissimo.
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