giovedì 29 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 209° pagina.


pensano più ad accumulare i soldi dei vitalizi e delle offerte per il mantenimento dei templi, e a costruirne altri per approfittare della pietà del popolo, della sua fedeltà al culto.

Intanto, a causa della loro corruzione, gli empi seguaci dell’Aventry avanzano con le loro dottrine blasfeme. L’alchimia ha portato grande benessere al nostro popolo, troppo benessere e agiatezza, e l’antico nerbo dei Thyrsenna si è rammollito, privato della sua virtù e del suo valore.

Davvero noi ormai viviamo come nei tempi subito prima del Diluvio, quando la superbia e le corruzione invadevano il mondo e lo spingevano alla ribellione contro gli Dei.

Sil, dall’alto del Cielo Etereo, ci invita a pentirci e non andare incontro alla Sua punizione…..».

A quel punto Velthur prese il braccio di Menkhu e lo trasse indietro.

«Adesso basta, amico. Credevo di poter sopportare l’ascolto di questi discorsi, ma è troppo anche per un uomo della mia pazienza. Ti prego, andiamo via!».

Menkhu ubbidì, ma guardò Velthur sorpreso. Non capiva il suo disprezzo.

Quando si furono allontanati, il dottore cercò di farglielo capire.

«Le cose che diceva quel predicatore le sentiremo ancora, molte e molte volte, non solo per le strade o per i templi, ma nei discorsi da osteria, nelle cene in famiglia o fra amici, ovunque. Sono i discorsi che temevo che avremmo presto sentito dopo quello che è successo al Santuario d’Ambra.

I discorsi che Aralar Alpan vuole che si diffondano nel Veltyan, che sono l’immagine del piano diabolico che, sono sicuro, sta tramando per rovesciare i poteri del nostro paese.

Non so se è in grado di riuscirci, ma sono sicuro che è in grado di fare molto male, di portare il caos e il conflitto in molti luoghi, e primo fra tutti il nostro tranquillo paesino, che non sa nulla delle potenze che si agitano nel Regno Aureo.

Per questo non ho potuto sopportare di continuare a sentire quell’invettiva…. E per questo non vedo l’ora di potermene tornare a casa».

Una delle vie principali che si dipartivano da Piazza delle Spezie era quella della casa dei Thesan, il quale non era un appartamento, ma un locale di due piani incassato fra altre case, dietro il quale c’era persino un giardino. Una casa di benestanti. Infatti, lo zio della moglie di Keilin era un ricco alchimista farmaceutico.

Keilin era un giovane alto e dai lunghi e ricciuti capelli neri, con un corto pizzetto senza baffi come era costume dei benestanti di città. La moglie, una donna magra di nome Thupelthi, non certo bella, ma dall’aria molto sofisticata, non fu felice di conoscere Velthur e soprattutto il suo amico.

Un Sileno era qualcosa di troppo rustico e rozzo per poterlo ospitare in casa, e chi si faceva accompagnare da uno come lui, non doveva essere un tipo raccomandabile.

Perciò disse chiaramente a suo marito di portare a mangiare fuori Velthur e Menkhu, perché non li voleva in casa, sapendo poi che razza di chiacchiere sarebbero circolate sul loro conto. E gli chiese anche di andare a portarli in un posto poco frequentato e molto economico, per non farsi vedere da qualche conoscente della buona società.

Velthur, da parte sua, non era felice del fatto che anche Thupelthi Thesan fosse un’Avennar, come suo marito. Certamente, non sembrava ubbidire ai principi di benevolenza universale verso tutti gli esseri viventi, che erano fra i principali cardini dell’Aventry.

Il suo guaio, evidentemente, era quello di essere la nipote di un abile e rinomato alchimista.

Gli alchimisti del Veltyan, si sapeva bene, erano la classe più potente dopo quella dei kametheina, i sacerdoti, e la cui sempre crescente influenza si opponeva alla loro teocrazia assoluta.

Quegli Avennarna che appartenevano a famiglie di alchimisti di grande abilità subìvano molto di meno la discriminazione che invece pativano quelli di altre classi, meno importanti. E ciò faceva sì che non pochi di loro avessero la puzza sotto il naso, peggio che se fossero dei nobili.

Keilin dovette scusarsi per sua moglie, e portò i due ospiti mancati a mangiare in una piccola locanda presso le mura orientali, tenuta da un’ostessa correligionaria, in modo che poi tutta la comunità degli Avennarna di Enkar potesse sapere che Keilin Thesan aveva un amico che a sua volta aveva un amico Sileno che si portava dietro in giro per la città, tanto per fare dispetto alla moglie.

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