Urlava in un modo terrificante e fuggiva come se avesse
visto la morte in faccia, come se ne andasse della sua stessa vita. E così
Azyel, da come Menkhu l’ha raccontato.
È come se loro avessero visto una cosa ancora più
terrificante di quella che ha visto qualsiasi altro».
«Sì, questo è vero. Non ho mai visto nessun essere fatato
comportarsi come Azyel. Sembrava una bestia in trappola. E dopo non sono più
riuscito a rintracciarlo. Non so neanche dove possa essere finito. Magari è
tornato alle Colline di Leukun».
Velthur cominciò a tormentare il ciondolo a tetraedro che
gli aveva regalato Prukhu e che portava sempre al collo.
«Devo potergli parlare, per quanto mi sia antipatico. Ma non
credo che ci dirà molto di più di quello che possiamo già sapere parlando tra
di noi.
La mia preoccupazione, adesso, è un’altra: il Santuario
rischia di venire chiuso, per evitare ulteriori disordini. Non credo che la Regina possa perdonargli di averla spaventata a tal
punto di fuggire….sì, insomma: non dimentichiamoci che è scappata di fronte a
tutto il popolo. Non c’ha fatto una bella figura….».
Hanipal fece una faccia delusa.
«Intendi dire che richiuderanno l’entrata e proibiranno i
pellegrinaggi, e tutto tornerà come prima, e quindi niente più speranze di
diventare ricchi?».
«Speriamo di no. Ma è prematuro dirlo. Speriamo che l’alkati
ci dica qualcosa al più presto. Io continuerò a cercare di capirci qualcosa.
Comunque, penso che nessuno voglia che il Santuario venga di nuovo sepolto e
dimenticato. È una cosa di troppo valore. Nessuno vorrebbe rinunciare
all’enorme ricchezza che può portare, compresa la Regina ».
Dopo pranzo, Menkhu riaccompagnò Velthur a casa sua,
approfittando dell’occasione per parlargli senza che i Ferstran potessero
sentire i loro discorsi.
«Cosa facciamo, adesso? Chi si sarebbe aspettato un tale
disastro?».
«Cosa puoi fare tu, non lo so. Magari prova a rintracciare
Azyel, per quello che può servire. Io invece so cosa devo fare. Devo farmi
coraggio e andare ad Enkar a prendere quel libro maledetto. Se quello che è
successo ieri è il risultato dei paurosi esperimenti alchemico-misterici
dell’eremita pazzo, come lo è quello che abbiamo visto e sentito nell’eremo, allora
devo prendere il coraggio a due mani e vedere di scoprire cosa sta cercando di
fare.
E poi un’altra cosa: dobbiamo assolutamente parlare con
Harali e cercare di scoprire da lei qualcosa di utile, per esempio a cosa
servivano i gigli rossi per quel pazzo di Aralar».
«Allora c’andiamo, a Enkar? Ti sei deciso, finalmente? O
vuoi che ci vada io, per te?».
«No, no, ci andiamo assieme, se proprio vuoi venire con me.
Dammi il tempo di decidere quando. Comunque, sarà il prima possibile».
«Magari potrei andarci io con la tua amica, la dottoressa
Irizar. Parto con lei quando torna a casa sua, mi accompagna dal libraio, ti
compro il libro prenotato e te lo porto in qualche giorno. Che ne dici?».
«No, voglio andare io stesso dal libraio, voglio parlargli.
Mi piacerebbe sapere se c’è un motivo particolare per cui ha deciso di fare
un’edizione di quel libro. Ma tu, Menkhu, non sei tenuto ad aspettarmi. Puoi
andare dove ti pare e piace, no? Se vuoi visitare la città, puoi benissimo
accompagnare Amani, se lei non ha nulla in contrario…. Credo che, da buona
cittadina, abbia un po’ paura dei Sileni. Certo, averti come compagno di
viaggio dovrebbe essere invece rassicurante per una donna sola…»
«Io devo rimanere al tuo fianco fino a quando questa storia
non sarà finita, Velthur. L’ho promesso a mio padre e alle Tre Madri del Fato».
«Allora ho un altro motivo per sperare che questa storia
finisca presto. Non mi piace che qualcuno debba starmi vicino solo perché è
costretto a farlo».
«Ma Velthur, io non
sono stato costretto! Lo faccio perché è giusto così. E sono contento di farlo.
Noi Sileni non abbiamo padroni, non ricordi? È solo la volontà dei nostri Dei,
il Grande Padre Cornuto e la
Grande Madre Trifronte che ci guida, e nessun altro. E quello
che mi hanno comandato, attraverso la parola delle Tre Madri del Fato, è quello
che voglio anche io».
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