mercoledì 7 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 190° pagina.


Urlava in un modo terrificante e fuggiva come se avesse visto la morte in faccia, come se ne andasse della sua stessa vita. E così Azyel, da come Menkhu l’ha raccontato.

È come se loro avessero visto una cosa ancora più terrificante di quella che ha visto qualsiasi altro».

«Sì, questo è vero. Non ho mai visto nessun essere fatato comportarsi come Azyel. Sembrava una bestia in trappola. E dopo non sono più riuscito a rintracciarlo. Non so neanche dove possa essere finito. Magari è tornato alle Colline di Leukun».

Velthur cominciò a tormentare il ciondolo a tetraedro che gli aveva regalato Prukhu e che portava sempre al collo.

«Devo potergli parlare, per quanto mi sia antipatico. Ma non credo che ci dirà molto di più di quello che possiamo già sapere parlando tra di noi.

La mia preoccupazione, adesso, è un’altra: il Santuario rischia di venire chiuso, per evitare ulteriori disordini. Non credo che la Regina  possa perdonargli di averla spaventata a tal punto di fuggire….sì, insomma: non dimentichiamoci che è scappata di fronte a tutto il popolo. Non c’ha fatto una bella figura….».

Hanipal fece una faccia delusa.

«Intendi dire che richiuderanno l’entrata e proibiranno i pellegrinaggi, e tutto tornerà come prima, e quindi niente più speranze di diventare ricchi?».

«Speriamo di no. Ma è prematuro dirlo. Speriamo che l’alkati ci dica qualcosa al più presto. Io continuerò a cercare di capirci qualcosa. Comunque, penso che nessuno voglia che il Santuario venga di nuovo sepolto e dimenticato. È una cosa di troppo valore. Nessuno vorrebbe rinunciare all’enorme ricchezza che può portare, compresa la Regina».

Dopo pranzo, Menkhu riaccompagnò Velthur a casa sua, approfittando dell’occasione per parlargli senza che i Ferstran potessero sentire i loro discorsi.

«Cosa facciamo, adesso? Chi si sarebbe aspettato un tale disastro?».

«Cosa puoi fare tu, non lo so. Magari prova a rintracciare Azyel, per quello che può servire. Io invece so cosa devo fare. Devo farmi coraggio e andare ad Enkar a prendere quel libro maledetto. Se quello che è successo ieri è il risultato dei paurosi esperimenti alchemico-misterici dell’eremita pazzo, come lo è quello che abbiamo visto e sentito nell’eremo, allora devo prendere il coraggio a due mani e vedere di scoprire cosa sta cercando di fare.

E poi un’altra cosa: dobbiamo assolutamente parlare con Harali e cercare di scoprire da lei qualcosa di utile, per esempio a cosa servivano i gigli rossi per quel pazzo di Aralar».

«Allora c’andiamo, a Enkar? Ti sei deciso, finalmente? O vuoi che ci vada io, per te?».

«No, no, ci andiamo assieme, se proprio vuoi venire con me. Dammi il tempo di decidere quando. Comunque, sarà il prima possibile».

«Magari potrei andarci io con la tua amica, la dottoressa Irizar. Parto con lei quando torna a casa sua, mi accompagna dal libraio, ti compro il libro prenotato e te lo porto in qualche giorno. Che ne dici?».

«No, voglio andare io stesso dal libraio, voglio parlargli. Mi piacerebbe sapere se c’è un motivo particolare per cui ha deciso di fare un’edizione di quel libro. Ma tu, Menkhu, non sei tenuto ad aspettarmi. Puoi andare dove ti pare e piace, no? Se vuoi visitare la città, puoi benissimo accompagnare Amani, se lei non ha nulla in contrario…. Credo che, da buona cittadina, abbia un po’ paura dei Sileni. Certo, averti come compagno di viaggio dovrebbe essere invece rassicurante per una donna sola…»

«Io devo rimanere al tuo fianco fino a quando questa storia non sarà finita, Velthur. L’ho promesso a mio padre e alle Tre Madri del Fato».

«Allora ho un altro motivo per sperare che questa storia finisca presto. Non mi piace che qualcuno debba starmi vicino solo perché è costretto a farlo».

 «Ma Velthur, io non sono stato costretto! Lo faccio perché è giusto così. E sono contento di farlo. Noi Sileni non abbiamo padroni, non ricordi? È solo la volontà dei nostri Dei, il Grande Padre Cornuto e la Grande Madre Trifronte che ci guida, e nessun altro. E quello che mi hanno comandato, attraverso la parola delle Tre Madri del Fato, è quello che voglio anche io».

Nessun commento:

Posta un commento