domenica 4 settembre 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 187° pagina.


«Velthur, io non so bene cosa è successo. Ero in compagnia di Harali e di Azyel, ed eravamo riusciti ad arrivare piuttosto vicini all’entrata del Santuario. Sai, un Sileno grande e grosso ha qualche vantaggio, in una folla di Uomini. A furia di spallate, mi facevo largo e mi tiravo dietro Harali. Azyel invece ricorreva ai suoi trucchi fatati, per andare avanti. Probabilmente scivolava fra una persona e l’altra senza che nessuno se ne accorgesse.

Abbiamo potuto vedere la Regina che saliva sulla Polenta Verde, sul suo seggio a portantina, assieme allo Sposo Regale, sollevato dai due Giganti come se fosse un vassoio. Pareva pallida, ma sorridente. Non sembrava essere una che è appena svenuta.

Poi quando è arrivata in cima e ha cominciato il rito della benedizione generale, il sole è spuntato ed era tutto rosso - e quella è l’unica cosa su cui si trovano tutti d’accordo - poi ho sentito un urlo spaventoso, e ho riconosciuto subito che tipo di urlo era: quello di uno Gnomo terrorizzato.

Ho visto Azyel, che aveva ripreso il suo vero aspetto e che si agitava in mezzo alla folla come un ossesso, come se lo stessero uccidendo, con gli occhi fuori dalla testa.

È già spaventoso vedere gli occhi di un Uomo o di un Sileno fuori dalla testa, figuriamoci quelli di uno Gnomo. Terrificante!

La gente attorno a lui, rendendosi conto di avere uno Gnomo impazzito in mezzo a loro, si è allontanata da lui spaventatissima. Io proprio non capivo cosa stava succedendo, e stavo per andargli incontro per calmarlo, ma poco dopo è letteralmente scomparso, mentre la folla si stava scatenando. Non so cosa stesse succedendo, tutti urlavano come Azyel, si agitavano, finivano uno sopra l’altro, e allora io ho pensato bene di afferrare Harali e allontanarmi usando la forza. Credo di aver menato un  po’ di cazzotti, quando le spinte non bastavano.

La guardia degli Shepenna di Enkar circondava tutto il bordo del crinale della Polenta Verde, e aveva alzato armi e scudi per respingere la folla impazzita. L’unica era cercare di allontanarsi nei campi. E allora io,  tenendo per mano Harali, ho corso fra i filari, verso la fattoria degli Akapri, ed è stato allora che ho guardato di nuovo in alto e…. l’ho visto!».

«Che cosa, hai visto?».

«Io…. non lo so. Non saprei dire. È come se avessi visto un altro mondo, sospeso nel cielo oltre le montagne. Semplicemente, ho visto qualcosa che non ho capito, che non so cosa sia».

«Prova a descriverne la forma, allora».

«La forma era quella… come di un paesaggio, ma un paesaggio assurdo. Era un orizzonte sospeso nel  cielo, in una zona sgombra dalle nuvole, sopra le montagne. Era come se si fosse aperta una finestra nel cielo che mostrava un altro mondo, un altro luogo.

C’era come un orizzonte fatto di una distesa di acqua, forse un mare, o perlomeno quello che credo sia un mare, dato che io purtroppo non ho mai visto il mare. E da quella distesa d’acqua scendeva una gigantesca cateratta, una cascata nel cielo che si perdeva oltre le montagne.

Sembrava come quando si guarda un panorama riflesso nel vetro di una finestra, vista dall’esterno. E sopra quel mare che precipitava in una grande cascata, stava un cielo purpureo, dove splendevano delle stelle rosse, credo. Ma non stelle come le nostre. Una miriade di stelle, come un nugolo di faville,  Insomma, era come guardare un altro mondo.

E allora io sono rimasto là, incantato, a guardare quella visione meravigliosa e incredibile. Anche Harali la vedeva accanto a me, quindi non è stata una mia allucinazione. Anche lei era rimasta incantata, continuava a dire che era bellissimo. Poi la visione è svanita lentamente, e anche la luce del sole è tornata normale.

Quando l’incantesimo è finito, ci siamo guardati attorno e abbiamo visto di essere praticamente dietro la fattoria degli Akapri, e attorno a noi c’era gente che si guardava attorno spaurita, come se si fosse appena svegliata da un incubo, e altra che invece vagava urlando, con le braccia tese in avanti come se non potesse vedere più niente. Credo che fossero ancora in preda alle visioni.

Io ero spaventatissimo, non sapevo che cosa fare. Chiamavo a gran voce il tuo nome, e quello di altri amici come Larsin e Syndrieli, nella speranza che mi sentiste.

Harali invece gridava che doveva cercare il suo amico Aralar, e vedendola sempre più spaventata, ho deciso di accompagnarla nella ricerca, sperando nel frattempo di trovare anche voi.

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