domenica 18 giugno 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 391° pagina.


raccontato storie e leggende a Loraisan e ai suoi fratelli e sorelle prima di essere mandati a letto. Con le sue proverbiali doti di narratore, aveva rievocato la leggenda di un Re dei Giganti antidiluviani, che aveva cercato di invadere il regno del Giardino delle Rose molti millenni prima, per impossessarsi delle favolose ricchezze che vi erano nascoste.

Il Re dei Giganti, una volta penetrato nei labirinti del regno incantato dei Nani, vi si era perso assieme a tutti i suoi guerrieri, e di loro non si era più saputo nulla. Da allora i Giganti non avevano più osato attaccare i Nani, ed erano sempre stati bene attenti a non farseli nemici in qualsiasi modo.

Molto tempo dopo,  nelle epoche successive al Diluvio, era invece toccato a un Re degli Uomini cercare di attaccare il favoloso Zerennal Baras, provenendo dalle vaste steppe d’Oriente, appena aldilà delle Montagne della Luna.

Non erano certo potenti come i Giganti, ma facevano paura a tutti gli altri popoli. Era un’orda di guerrieri nomadi bruni, dalla pelle olivastra, che erano giunti cavalcando da un paese sconosciuto oltre le grandi praterie che si stendevano ad est del Veltyan, forse dai piedi delle Montagne Celesti.

Questi guerrieri a cavallo avevano sentito parlare del favoloso regno dei Nani, delle sale con le pareti e le porte rivestite d’oro, dei giardini di rose multicolori costellati di statue di smeraldo, rubino e zaffiro,  dei palazzi fatti di labirinti di specchi d’argento e colonne di diamante, illuminati da gemme che splendevano di luce propria.

Ma non avevano badato alle altre leggende, quelle che parlavano degli orrendi mostri che i Nani avevano posto a guardia delle loro immense ricchezze, e quando gli invasori orientali avevano raggiunto le Montagne della Luna ed erano riusciti, non si sa come, ad abbattere le porte d’acciaio adamantino che chiudevano gli accessi al regno sotterraneo, si erano trovati di fronte orrori senza nome.

I guerrieri invasori erano stati quasi tutti massacrati e fatti a pezzi, e coloro che erano riusciti a sfuggire, si dice che fossero impazziti tutti quanti.

Le donne e i bambini di quel popolo tornarono indietro, nelle steppe orientali, e non si fecero più vedere sulle Montagne della Luna, né in altre contrade del Veltyan.

Ancora adesso, nella valle di fronte alle cime del Giardino delle Rose, c’era un grande prato che veniva chiamato Campo del Sangue, perché la gente del posto ricorda ancora il giorno in cui furono trovati i corpi degli invasori, a migliaia, tutti letteralmente ridotti a pezzi da una forza misteriosa.

Nessuno aveva assistito alla battaglia di fronte alle porte del Giardino delle Rose, perché la gente del posto era fuggita nelle valli vicine di fronte all’orda barbarica; ma spaventose urla e boati, e sinistri lampi erano giunti oltre le cime del Giardino delle Rose, e per molti anni i valligiani avevano avuto paura ad avvicinarsi al Campo del Sangue, che veniva reputato un luogo maledetto.

Prukhu non aveva voluto raccontare tutto, e aveva detto che certe cose non bisogna raccontarle ai bambini, perché spaventavano anche i grandi.

Magari l’aveva detto solo per aumentare l’effetto di paura e mistero, ma questo Loraisan non poteva saperlo. Anche perché Prukhu, ogni volta che narrava una storia, a grandi o a piccini, dava sempre l’impressione di sapere di più di quel che rivelava.

Anche i Sileni, che pure sono sempre stati in buoni rapporti con i Nani, erano molto prudenti nell’avvicinarsi alle loro dimore. Eppure era dai Nani stessi che Prukhu e quelli della sua gente avevano imparato tante storie, tanti segreti, così come, in minor misura, li avevano imparati anche gli Uomini.

I Sileni avevano ricevuto molto più spesso il privilegio di visitare le dimore dei Nani nello Zerennal Baras. E per questo i loro vecchi saggi, come Prukhu, conoscevano storie e misteri che venivano da tutte le epoche e da tutti i paesi.

Dai Nani, i Sileni non avevano appreso segreti alchemici, ma in fin dei conti ai Sileni l’alchimia non interessava più di tanto.

Gli Uomini invece conoscevano un poco solo i dedali di gallerie che si stendevano sotto le loro città, dove vivevano i Nani immigrati nei territori centrali del Veltyan. Ma alcuni dicevano che da quegli stessi labirinti si dipartivano lunghissime ed ampie gallerie che conducevano al Giardino delle Rose, e da lì verso altre catene di monti, sparse in tutto il mondo.

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venerdì 16 giugno 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 390° pagina.


Insomma, era una bella confusione, eppure Loraisan la capiva, perché lo affascinava questa suddivisione del tempo del mondo in Grandi Anni divisi ognuno in tredici Grandi Ere-Mesi. L’idea di ere così lunghe, di periodi di tempo che apparivano spaventosi per la loro vastità, lo impressionavano e lo affascinavano come poche cose al mondo.

Anche per le implicazioni e le credenze che li riguardavano.

Secondo le tradizioni dei Nani, Kellur viveva nel Grande Anno 17.395 dalla sua nascita. Cioè viveva da un tempo inconcepibile per gli Uomini, di fronte alla quale la durata non di una, ma di mille vite di Uomini sarebbe stata brevissima, il tempo di un giorno.

Un periodo di tempo che spaventava per l’abissalità della sua lunghezza. Milioni e milioni di anni solari, innumerevoli ere che si erano succedute sulla Madre Terra dalla sua nascita, e in cui gli Uomini erano praticamente nati nemmeno ieri, ma oggi, a distanza di poche ore nel passato.

Un’altra tradizione che avevano i Nani, e che avevano trasmesso agli Uomini, era che allo scadere di ogni Grande Anno avvenisse nel mondo un grande cambiamento, un rinnovamento delle cose, perché il ciclo del tempo si chiudeva, e ne cominciava un altro.

Ma anche fra la fine di un’Era Astrale e l’inizio di un’altra, doveva succedere qualcosa di importante, un qualche mutamento nelle vicende di Kellur. E solo i Nani conoscevano la chiave di questi mutamenti, il loro significato.

I Nani. Gli Elfi delle Tenebre, per i quali le tenebre erano luce. Quante cose dovevano sapere, quante cose dovevano avere scoperto e imparato nel lento scorrere dei millenni. La loro saggezza risaliva a molto tempo prima della nascita dei primi Uomini, e il libro diceva che la loro grande civiltà aveva visto lo scorrere di molti Grandi Anni. Non si sapeva neanche quanti.

Il loro era un sapere nascosto, che non concedevano alle Stirpi più giovani, se non in poche stille, perché non le ritenevano degne di ricevere tutta la loro sapienza. Essi si nascondevano nel sottosuolo, e nessuno sapeva per quanto si estendeva il loro dominio segreto. Alcuni dicevano che i Nani fossero milioni e milioni, e che la rete di gallerie che avevano scavato si estendesse sotto tutti i continenti della Madre Terra, passando persino sotto i fondali degli oceani. Loraisan provava un fascino irresistibile per i Nani, e nello stesso tempo ne aveva paura.

Lo riempivano di emozione le descrizioni dei regni dei Nani riportati nei libri e rappresentati da illustrazioni favolose, e gli faceva volare la fantasia l’idea di quei dedali di gigantesche gallerie nel sottosuolo, che arrivavano non si sa dove, di grandi città scavate in immense caverne e in altrettanti labirinti di gallerie e di sale, sostenute da colonne di cristallo luminoso, piene di ogni sorta di tesori, di oro e gioielli e di vasti giardini fioriti illuminati da grandi lampade perenni, lo riempiva di emozione. Forse quelle descrizioni erano delle esagerazioni mitiche, poiché sembrava che pochissimi Uomini avessero avuto l’occasione e il permesso di visitare in lungo e in largo i domini degli Elfi delle Tenebre. Ma Loraisan non aveva ancora imparato a distinguere sempre fra le leggende e le favole e la realtà.

Ma assieme a quelle descrizioni, ce ne erano altre, che non erano altrettanto favolose e meravigliose, ma semmai inquietanti.

I libri dicevano che molti di quei segreti celati dai Nani, nascosti in cavità ancora più profonde, erano mostri orrendi celati nelle tenebre, o nelle acque di laghi e fiumi sotterranei, e quelli popolavano i suoi incubi.

Le leggende dicevano anche che il regno dei Nani confinava con le porte degli Inferi, e che avevano rapporti con le anime dei defunti che vivevano sotto di loro.

Uno dei suoi terrori più abituali, nel silenzio della notte, era che da quei luoghi nascosti e profondi risalissero silenziosamente degli orrori striscianti, e si aggirassero sulla superficie alla ricerca di vittime.

C’erano molte leggende sui draghi ed i basilischi e altre creature come piovre giganti ed enormi serpenti o vermi colossali, o giganteschi pipistrelli, che i Nani allevavano come animali domestici, dentro le cavità più grandi.
Ce n’era una in particolare, che l’aveva sempre colpito per l’orrore e il senso del mistero che evocava. L’aveva sentita una di quelle sere d’inverno attorno al focolare in cui Prukhu aveva

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domenica 11 giugno 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan. 389° pagina.


passaggio da un’area del cielo all’altra nel giorno dell’equinozio di primavera, ognuna presieduta da una particolare costellazione.

Tale misurazione era basata sul fatto che per i Thyrsenna, così come per i popoli dell’Oriente, l’equinozio di primavera era il primo giorno dell’anno. Il giorno in cui Sil, la Madre della Luce, trionfava sulle tenebre, e i giorni divenivano più lunghi della notte.

Dopo ogni 2016 anni, la precessione degli equinozi risultava spostata di ben 28 giorni, cioè un intero mese zodiacale, che corrispondeva a una delle tredici aree del cielo in cui il sole sorgeva nel corso dell’anno.

Se per esempio ci si trovava all’inizio dell’Era del Leone, cioè nell’era in cui il sole all’equinozio sorgeva nella costellazione del Leone, dopo 2016 anni esso sorgeva invece nella costellazione del Granchio, cioè la costellazione precedente nel ciclo annuale.

Con sorpresa ed estremo interesse, Loraisan scoprì dai libri di astronomia della biblioteca dell’eremo, che ci si trovava proprio alla fine dell’Era dei Gemelli, e stava per cominciare l’Era del Toro.

Prima dell’Era dei Gemelli c’era stata l’Era del Granchio, in cui era sorto il regno del Veltyan, e prima ancora c’era stata l’Era del Leone, che era finita poco prima del Diluvio.

I Giganti avevano dominato durante quattro Ere Astrali: quella dell’Aquila, della Bilancia, della Fanciulla e infine quella del Leone.

Dopo 26.226 anni, cioè dopo tredici Ere Astrali più diciotto anni di intermezzo per colmare il disavanzo bisestile, si compiva il Grande Anno. Tale fine del ciclo avveniva al concludersi dell’Era dei Pesci e all’inizio dell’Era del Tritone. Questo perché i Tritoni erano la Stirpe Primeva, quella che per prima aveva abitato Kellur, la Madre Terra. E quindi, il loro segno celeste veniva considerato il più antico di tutti.

Secondo questo computo, l’Era del Toro sarebbe dovuta cominciare nell’anno 3112 d.F.R.A. e finire nel 5127.  Poi ci sarebbe stata l’Era dell’Ariete dal 5128 al 7143, l’Era dei Pesci dal 7144 al 9159,  poi ci sarebbe stato l’intermezzo di diciotto anni, e nel remotissimo 9176 sarebbe cominciato il nuovo Grande Anno.

Ma c’era qualcosa di strano in tutto quel computo: perché se adesso ci si trovava alla fine dell’Era dei Gemelli e all’inizio di quella del Toro, allora l’equinozio avrebbe dovuto cadere appunto nel primo giorno del mese dei Gemelli e fra poco avrebbe dovuto cominciare nell’ultimo giorno del Toro. Perché invece cadeva il primo giorno del mese dell’Ariete?

La risposta venne a Loraisan dal proseguire nella lettura. Scoprì che in realtà il computo dei mesi e degli anni, e la suddivisione del cielo in costellazioni derivavano dal sapere dei Nani, che ricorrentemente nel corso dei millenni erano stati spesso i maestri degli Uomini, non solo quando avevano insegnato loro le prime arti dell’alchimia, ma anche nelle epoche precedenti, anche molto tempo prima del Diluvio.

Erano stati loro, in un passato remotissimo e dimenticato, anche prima della comparsa degli Uomini, a stabilire quella divisione del tempo.

Non si sapeva bene quando i Nani avessero insegnato agli Uomini il computo del tempo, ma doveva essere successo in un’epoca remotissima, proprio alle origini della comparsa dell’umanità sulla Madre Terra. E doveva essere stata appunto durante l’ultima Era dell’Ariete, cioè circa venticinquemila anni prima, in un’epoca di cui non si sapeva più nulla e non si aveva nessuna reliquia. Un’era precedente alla stessa comparsa dei Giganti.

Da allora, gli Uomini, nella loro ignoranza e nel loro pressapochismo, avevano imparato la suddivisione del tempo dai Nani e la divisione del cielo in costellazioni, ma non avevano capito la precessione degli equinozi, e non avevano adottato la consuetudine dei Nani di spostare l’equinozio di primavera di un giorno prima ogni settantadue anni, come sarebbe stato giusto, e quindi il calendario delle stagioni era rimasto sempre quello da migliaia e migliaia di anni. Semplicemente, dovevano aver spostato tutto il calendario anziché solo gli equinozi ed i solstizi ricorrentemente nel corso delle epoche.

LOVECRAFT 409: COMPAIONO GLI "ALTER EGO" DI CARTER NE "ATTRAVERSO LA POR...

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 388° pagina.


Aveva parlato di misteriosi veli di fuoco che serpeggiavano nel cielo prima dell’alba, di montagne di ghiaccio che galleggiavano nel mare, come isole che si spostavano nei freddi mari nebbiosi del Grande Nord, dei grandi leviatani del mare, alcuni simili ad enormi pesci che spruzzavano enormi colonne di acqua dal naso quando emergevano alla superficie, mentre altri, più mostruosi, avevano lunghissimi tentacoli ed enormi occhi sporgenti che brillavano nel buio.

Ma aveva parlato anche di vaste terre con catene di montagne coperte di ghiaccio, nelle cui valli vivevano i Sileni giganti, coperti di pelo nero, creature ben diverse dai miti e benevoli Sileni del Veltyan, perché erano enormi e feroci, e addirittura antropofagi, o almeno così si diceva. Le leggende locali dicevano che alcuni dei Giganti antidiluviani avevano mescolato il loro sangue con quello dei Sileni, finché dopo molte generazioni si era formata quella particolare razza silenica.

E aveva parlato anche delle enormi, gigantesche rovine di una città di pietra bianca, che sorgevano in riva ad un grande lago in mezzo alle fredde foreste, e la cui origine era del tutto sconosciuta. La pallida gente del luogo, tribù primitive che vivevano in povere tende di pelli e in palafitte, della stessa razza dei Nordici, non sapeva se l’avessero costruita i Giganti antidiluviani o qualche altro popolo venuto dopo, perché non era sepolta da strati di fango, come era per tutte le città antidiluviane.

Ma quando gli esploratori del Veltyan avevano girato per quelle rovine, si erano convinti che quella città fosse anche più antica di quelle dei Giganti, perché sembrava che in ogni caso coloro che l’avevano costruita e abitata non fossero stati Uomini, ma gente di un’altra stirpe.

Hulxas Meliakh l’aveva paragonata, per antichità e mistero, alla spaventosa Irhyel nel Deserto Rosso di Edan Synair, e Loraisan si era chiesto che città fosse stata quella di Irhyel, perché non l’aveva mai sentita nominare. Si ripromise di chiedere a Prukhu o al dottor Laran se conoscevano qualcosa di quell’antica città.

Il libro poi aveva parlato anche dell’altro continente dei Mari d’Occidente, la grande Anthyli, che si trovava invece a sud-ovest, coperta di foreste tropicali, di giungle impenetrabili dove anche lì pareva si trovassero le rovine di grandi città che, quello era sicuro, erano state costruite dai Giganti. Infatti là, anche dopo il Diluvio, erano sopravvissuti i Giganti Scuri, che si erano salvati salendo in cima alle alte montagne di Anthyli, dove si ergevano immensi castelli di granito e onice. Era da quella terra incredibile che era venuta la piccola tribù di Giganti che aveva cercato ospitalità nel Veltyan, tanti secoli prima.

Ma oltre al vagare con la mente nei territori di paesi favolosi e antiche leggende perse nelle nebbie del tempo, Loraisan si interessava anche alla conoscenza oggettiva della natura, anche se non era quella che la sua tutrice voleva.

 Oltre ai misteri dei paesi lontani  e ai segreti dell’antichità più remota, lo affascinavano anche quelli del cielo, del sottosuolo e delle profondità del mare.  Avrebbe voluto conoscere meglio gli astri e i loro moti, così come avrebbe voluto conoscere meglio i regni sotterranei dei Nani e quelli subacquei dei Tritoni.

Purtroppo, dei Nani e dei Tritoni i Thyrsenna ne sapevano molto poco, perché i loro domini erano aldilà della loro portata.

Ma dei moti degli astri se ne sapeva qualcosa di più, anche se non erano stati scoperti ancora i cannocchiali e tutte le osservazioni si svolgevano a occhio nudo , ma con l’aiuto di accurati calcoli matematici.

Così Loraisan apprese delle Tredici Ere Astrali, che duravano ciascuna 2016 anni. Una dottrina astronomica che trovò subito molto affascinante.

In un libro di astronomia, scoprì che molti secoli prima si era appreso che le quattro stagioni cominciavano ogni anno un poco prima. 

Era un avanzamento irrisorio, di un terzo di ora. Ma dopo settantadue  anni, la vita media di un Uomo, quel terzo di ora, accumulandosi uno dopo l’altro, diventava un giorno intero.
La causa di ciò era un particolare moto della Madre Terra più lento e meno percettibile degli altri, che era stato chiamato “moto di precessione”, e i suoi effetti erano stati chiamati  precessione degli equinozi.  Questo perché tale cambiamento veniva misurato con il progressivo, lento del sorgere del

domenica 4 giugno 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 387° pagina.


lui, e non avete temprato a sufficienza le sue qualità, che indubbiamente ha, ma che non sono sostenute dalla buona volontà».

Le disse dopo breve tempo. Naturalmente, Eukeni non provò neanche a difendere i suoi. Non avrebbe mai osato. Tra l’altro, le sembrava che la Reverenda Madre un po’ di ragione ce l’avesse senz’altro.

In fin dei conti, non era neanche colpa di Harali, se non capiva i problemi di Loraisan. I Thyrsenna non sapevano ancora nulla di problemi come i disturbi dell’attenzione, non conoscevano alcuna scienza psicologica vera e propria, non sapevano ancora nulla di chiaro sull’inconscio e sui disturbi della personalità, e la loro pedagogia era poco evoluta. Per loro la follia era una malattia fisica e, nel peggiore dei casi, una punizione divina o la possessione di uno spirito maligno, e perciò non sapevano distinguere fra le varie patologie della mente.

Tantomeno riuscivano a capire cosa era una personalità disturbata, come era quella di Loraisan.

Solo qualche alchimista esoterista, particolarmente interessato ai processi della mente, aveva intuito qualcosa dei misteri dell’inconscio, ma non sapeva ancora nulla delle loro applicazioni terapeutiche.

In pratica, per Harali, se un bambino intelligente non imparava, era solo colpa della sua mancanza di buona volontà. Né poteva anche solo sospettare che potesse essere diverso da così.

Cosa ne poteva capire lei di una mente così terrorizzata o annoiata dalla realtà, così chiusa nel proprio mondo interiore,  da non essere capace di rimanere ancorata alla realtà circostante, costretta a evadere continuamente verso mondi e regni immaginari e favolosi?

Perciò Harali cominciò a sciorinare i peccatucci di Loraisan alla sorella.

«L’ho sorpreso ieri pomeriggio a leggere Il Viaggio Favoloso ad Occidente di Hulxas Meliakh, anziché studiare il libro di storia che gli avevo dato. Di nascosto, legge libri di storie avventurose e favolose, anziché pensare a fare i propri compiti!».

«È un bambino…. Avrà pure diritto anche lui di svagarsi….»

Non l’avesse mai detto, la povera Eukeni. Fu il pretesto buono per la Reverenda Madre Fondatrice per fare una maternale accesa e pedante, sul fatto che lei da bambina non aveva avuto la possibilità di studiare, che aveva imparato a malapena a leggere e che aveva dovuto imparare tutto solo una volta diventata adulta, e che era piena di rimpianto per non aver avuto nessuno quando era bambina che le desse una cultura e così via, infervorandosi sempre più. Perché Eukeni aveva toccato un tasto dolente e ora doveva subirne le conseguenze. Lei e suo fratello.

I mesi seguenti furono forse i più difficili nell’infanzia di Loraisan. Si sentiva sbattuto contro un muro che non poteva attraversare, con alle spalle un nemico, un tiranno che gli chiedeva di valicarlo, anche se non sapeva come. Gli dicevano che doveva arrampicarsi su quel muro, ma nessuno voleva dargli una scala per farlo. Sentiva una profonda rabbia e frustrazione, e questo servì a chiuderlo ancora di più in se stesso.

Mentre all’inizio quello strano eremo l’aveva incuriosito e l’aveva fatto sentire accolto e accettato, adesso invece lo percepiva come un ambiente ostile.

Per fortuna, questo non gli impedì di finire di leggere Il Viaggio Favoloso ad Occidente di Hulxas Meliakh che, assieme ad altri libri di resoconti di paesi ed epoche lontane, lo aiutava a dimenticare le angosce della sua triste e malinconica infanzia solitaria.

Con quel libro, Loraisan scoprì che non c’erano solo paesi favolosi ad Oriente, ma anche ad Occidente. Scoprì l’esistenza del misterioso continente di Thyli, detto anche l’Ultima Terra, posto nel remoto Nord-Ovest, oltre l’Oceano Occidentale. Alcuni la chiamavano anche Silenkel, Terra dei Sileni, perché pareva essere popolata soprattutto da Sileni, di una razza particolare e diversa da quelli del Veltyan, perché erano tutti molto alti di statura, quasi quanto i Giganti.

In quella fredda terra di grandi laghi, montagne sepolte da ghiacciai, sconfinate foreste di pini e selvagge tundre, erano provenuti anche gli antenati degli Uomini del Nord, che si erano salvati in cima ai monti ghiacciati dalle acque del Diluvio assieme ai Sileni dell’Ovest.

Hulxas Meliakh, che aveva raccolto i resoconti di un viaggiatore che si era spinto in quella terra lontana, aveva narrato molti strani e misteriosi particolari di quel viaggio, che avevano stimolato la fantasia di Loraisan anche di più delle storie sui paesi del favoloso Oriente.

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venerdì 2 giugno 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 386° pagina.


Ma a sua volta Sil è l’emanazione vitale del Suo Divino Sposo, Volthun, il Principio Primo ineffabile ed inconoscibile che si cela dentro l’essenza stessa di Sil, poiché Volthun e Sil sono come la fiamma e la luce che essa emana. Volthun è la Fiamma Eterna, così come Sil è la sua Luce Eterna…..»

Harali, esterrefatta, non poté fare a meno di fargli i complimenti anche quella volta.

«Un sacerdote esperto non avrebbe potuto dirmelo in modo migliore! Se tu non diventerai uno dei kametheina più sapienti, io non sono più la monaca matriarca di questo eremo!».

Loraisan avrebbe voluto dirle che l’idea di diventare sacerdote non lo attirava particolarmente e che avrebbe preferito fare il navigatore, ma se lo tenne saggiamente per sé.

Ma quando Harali si trovò a passare ad altre materie che Loraisan doveva studiare, scoprì con dispiacere che il suo impegno si affievoliva in modo altrettanto incredibile.

Quando gli chiese di recitare i primi versi di un’ode di un antica poetessa, una dei principali poeti nella storia della letteratura del Veltyan, si rese conto che Loraisan non era stato affatto uno scolaro diligente. Non aveva studiato a memoria la poesia, e non sapeva recitarla.

Lo rimproverò aspramente e gli fece una lunga maternale sulla necessità di imparare tutte le materie che dovevano essere apprese, e non solo quelle che gli interessavano. Naturalmente, per punizione lo costrinse a recitare le lodi di Sin nel tempietto dell’eremo fino al momento di andare a dormire.

Il bambino si aspettava di essere preso a vergate sulla schiena, e forse le avrebbe preferite, perché temeva di più la noia del dolore fisico.

Quello fu il primo giorno in cui Harali si trovò a dubitare che Loraisan avesse davvero le capacità che gli aveva attribuito all’inizio.

Pian piano, sarebbe arrivata a capire che l’intelligenza di Loraisan aveva qualcosa di discontinuo, così come il suo impegno. Scoprì ben presto che il suo interesse per lo studio era volto solo verso certi argomenti e certe materie, per tante altre sembrava negato.

Della storia gli interessavano solo le epoche più antiche, mentre non era minimamente interessato alla storia moderna. Tutto quello che aveva meno di duemila anni sembrava non interessarlo, a parte del invasioni barbariche. Per i popoli barbari aveva un interesse e una passione che appariva sconveniente per la mentalità dei Thyrsenna. Così come non lo interessavano la grammatica, la matematica, la geometria e la poesia, a parte i grandi poemi epici.

I suoi interessi erano rivolti, in modo quasi ossessivo alla storia e alla geografia dei paesi stranieri, alla storia della letteratura, e in particolar modo gli piacevano i romanzi e i poemi che narravano di antichi eroi e di eventi prodigiosi e misteriosi. Inoltre divorava tutto quello che riguardava le altre stirpi di Kellur, in particolar modo i Nani, perché vivevano sottoterra e possedevano le arti alchemiche molto più degli Uomini.

Tutto ciò che era strano, anomalo e lontano dal mondo che lo circondava, lo affascinava. Sembrava avere anche una certa propensione per le dottrine mistiche e metafisiche.

Dopo qualche mese che Loraisan viveva nell’eremo, Harali si rese conto che il bambino considerava lo studio più un gioco che un impegno, un divertimento per la sua mente vivace e non ancora ben disciplinata, e che rifiutava categoricamente di diventare tale.

Man mano che lo conosceva meglio, Harali aveva finito per ridimensionare il suo entusiasmo  per Loraisan. Rimaneva l’infatuazione per lui, per la sua grande bellezza e la sua altrettanto grande sensibilità e serietà di carattere, ma cominciava a vederne anche i difetti.

Quel bambino era un sognatore ad occhi aperti, distratto, impacciato e di scarsa concentrazione sulle cose, terribilmente pigro e svogliato.

Chi è stato allevato in modo severo o eccessivamente duro e scarso d’affetto e tolleranza, tende a trattare i bambini da educare in modo altrettanto severo e duro, e Harali non faceva eccezione. Per lei, c’era qualcosa di decisamente storto in Loraisan, e sentiva di doverlo raddrizzare a tutti i costi.

Naturalmente, fu un buon pretesto per poter criticare Eukeni e la sua famiglia, che la Reverenda Madre Fondatrice considerava responsabili della maniera storta in cui stava crescendo il bambino.
«La verità è che il tuo fratellino è un bambino viziato », le diceva «come tutti gli ultimogeniti. Con il pretesto che è di salute malferma e di costituzione gracile, i tuoi sono stati troppo indulgenti con

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