Insomma, era una bella confusione, eppure Loraisan la
capiva, perché lo affascinava questa suddivisione del tempo del mondo in Grandi
Anni divisi ognuno in tredici Grandi Ere-Mesi. L’idea di ere così lunghe, di
periodi di tempo che apparivano spaventosi per la loro vastità, lo
impressionavano e lo affascinavano come poche cose al mondo.
Anche per le implicazioni e le credenze che li riguardavano.
Secondo le tradizioni dei Nani, Kellur viveva nel Grande
Anno 17.395 dalla sua nascita. Cioè viveva da un tempo inconcepibile per gli
Uomini, di fronte alla quale la durata non di una, ma di mille vite di Uomini
sarebbe stata brevissima, il tempo di un giorno.
Un periodo di tempo che spaventava per l’abissalità della
sua lunghezza. Milioni e milioni di anni solari, innumerevoli ere che si erano
succedute sulla Madre Terra dalla sua nascita, e in cui gli Uomini erano
praticamente nati nemmeno ieri, ma oggi, a distanza di poche ore nel passato.
Un’altra tradizione che avevano i Nani, e che avevano
trasmesso agli Uomini, era che allo scadere di ogni Grande Anno avvenisse nel
mondo un grande cambiamento, un rinnovamento delle cose, perché il ciclo del
tempo si chiudeva, e ne cominciava un altro.
Ma anche fra la fine di un’Era Astrale e l’inizio di
un’altra, doveva succedere qualcosa di importante, un qualche mutamento nelle
vicende di Kellur. E solo i Nani conoscevano la chiave di questi mutamenti, il
loro significato.
I Nani. Gli Elfi delle Tenebre, per i quali le tenebre erano
luce. Quante cose dovevano sapere, quante cose dovevano avere scoperto e
imparato nel lento scorrere dei millenni. La loro saggezza risaliva a molto
tempo prima della nascita dei primi Uomini, e il libro diceva che la loro
grande civiltà aveva visto lo scorrere di molti Grandi Anni. Non si sapeva
neanche quanti.
Il loro era un sapere nascosto, che non concedevano alle
Stirpi più giovani, se non in poche stille, perché non le ritenevano degne di
ricevere tutta la loro sapienza. Essi si nascondevano nel sottosuolo, e nessuno
sapeva per quanto si estendeva il loro dominio segreto. Alcuni dicevano che i
Nani fossero milioni e milioni, e che la rete di gallerie che avevano scavato
si estendesse sotto tutti i continenti della Madre Terra, passando persino
sotto i fondali degli oceani. Loraisan provava un fascino irresistibile per i
Nani, e nello stesso tempo ne aveva paura.
Lo riempivano di emozione le descrizioni dei regni dei Nani
riportati nei libri e rappresentati da illustrazioni favolose, e gli faceva
volare la fantasia l’idea di quei dedali di gigantesche gallerie nel
sottosuolo, che arrivavano non si sa dove, di grandi città scavate in immense
caverne e in altrettanti labirinti di gallerie e di sale, sostenute da colonne
di cristallo luminoso, piene di ogni sorta di tesori, di oro e gioielli e di
vasti giardini fioriti illuminati da grandi lampade perenni, lo riempiva di
emozione. Forse quelle descrizioni erano delle esagerazioni mitiche, poiché
sembrava che pochissimi Uomini avessero avuto l’occasione e il permesso di
visitare in lungo e in largo i domini degli Elfi delle Tenebre. Ma Loraisan non
aveva ancora imparato a distinguere sempre fra le leggende e le favole e la
realtà.
Ma assieme a quelle descrizioni, ce ne erano altre, che non
erano altrettanto favolose e meravigliose, ma semmai inquietanti.
I libri dicevano che molti di quei segreti celati dai Nani, nascosti
in cavità ancora più profonde, erano mostri orrendi celati nelle tenebre, o
nelle acque di laghi e fiumi sotterranei, e quelli popolavano i suoi incubi.
Le leggende dicevano anche che il regno dei Nani confinava
con le porte degli Inferi, e che avevano rapporti con le anime dei defunti che
vivevano sotto di loro.
Uno dei suoi terrori più abituali, nel silenzio della notte,
era che da quei luoghi nascosti e profondi risalissero silenziosamente degli
orrori striscianti, e si aggirassero sulla superficie alla ricerca di vittime.
C’erano molte leggende sui draghi ed i basilischi e altre
creature come piovre giganti ed enormi serpenti o vermi colossali, o
giganteschi pipistrelli, che i Nani allevavano come animali domestici, dentro
le cavità più grandi.
Ce n’era una in particolare, che l’aveva sempre colpito per l’orrore e
il senso del mistero che evocava. L’aveva sentita una di quelle sere d’inverno
attorno al focolare in cui Prukhu aveva
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