Ma a sua volta Sil è l’emanazione vitale del Suo Divino
Sposo, Volthun, il Principio Primo ineffabile ed inconoscibile che si cela
dentro l’essenza stessa di Sil, poiché Volthun e Sil sono come la fiamma e la
luce che essa emana. Volthun è la Fiamma Eterna, così come Sil è la sua Luce
Eterna…..»
Harali, esterrefatta, non poté fare a meno di fargli i
complimenti anche quella volta.
«Un sacerdote esperto non avrebbe potuto dirmelo in modo
migliore! Se tu non diventerai uno dei kametheina
più sapienti, io non sono più la monaca matriarca di questo eremo!».
Loraisan avrebbe voluto dirle che l’idea di diventare
sacerdote non lo attirava particolarmente e che avrebbe preferito fare il
navigatore, ma se lo tenne saggiamente per sé.
Ma quando Harali si trovò a passare ad altre materie che
Loraisan doveva studiare, scoprì con dispiacere che il suo impegno si
affievoliva in modo altrettanto incredibile.
Quando gli chiese di recitare i primi versi di un’ode di un
antica poetessa, una dei principali poeti nella storia della letteratura del
Veltyan, si rese conto che Loraisan non era stato affatto uno scolaro
diligente. Non aveva studiato a memoria la poesia, e non sapeva recitarla.
Lo rimproverò aspramente e gli fece una lunga maternale
sulla necessità di imparare tutte le materie che dovevano essere apprese, e non
solo quelle che gli interessavano. Naturalmente, per punizione lo costrinse a
recitare le lodi di Sin nel tempietto dell’eremo fino al momento di andare a
dormire.
Il bambino si aspettava di essere preso a vergate sulla
schiena, e forse le avrebbe preferite, perché temeva di più la noia del dolore
fisico.
Quello fu il primo giorno in cui Harali si trovò a dubitare
che Loraisan avesse davvero le capacità che gli aveva attribuito all’inizio.
Pian piano, sarebbe arrivata a capire che l’intelligenza di
Loraisan aveva qualcosa di discontinuo, così come il suo impegno. Scoprì ben
presto che il suo interesse per lo studio era volto solo verso certi argomenti
e certe materie, per tante altre sembrava negato.
Della storia gli interessavano solo le epoche più antiche,
mentre non era minimamente interessato alla storia moderna. Tutto quello che
aveva meno di duemila anni sembrava non interessarlo, a parte del invasioni
barbariche. Per i popoli barbari aveva un interesse e una passione che appariva
sconveniente per la mentalità dei Thyrsenna. Così come non lo interessavano la
grammatica, la matematica, la geometria e la poesia, a parte i grandi poemi
epici.
I suoi interessi erano rivolti, in modo quasi ossessivo alla
storia e alla geografia dei paesi stranieri, alla storia della letteratura, e
in particolar modo gli piacevano i romanzi e i poemi che narravano di antichi
eroi e di eventi prodigiosi e misteriosi. Inoltre divorava tutto quello che
riguardava le altre stirpi di Kellur, in particolar modo i Nani, perché
vivevano sottoterra e possedevano le arti alchemiche molto più degli Uomini.
Tutto ciò che era strano, anomalo e lontano dal mondo che lo
circondava, lo affascinava. Sembrava avere anche una certa propensione per le
dottrine mistiche e metafisiche.
Dopo qualche mese che Loraisan viveva nell’eremo, Harali si
rese conto che il bambino considerava lo studio più un gioco che un impegno, un
divertimento per la sua mente vivace e non ancora ben disciplinata, e che
rifiutava categoricamente di diventare tale.
Man mano che lo conosceva meglio, Harali aveva finito per
ridimensionare il suo entusiasmo per
Loraisan. Rimaneva l’infatuazione per lui, per la sua grande bellezza e la sua
altrettanto grande sensibilità e serietà di carattere, ma cominciava a vederne
anche i difetti.
Quel bambino era un sognatore ad occhi aperti, distratto,
impacciato e di scarsa concentrazione sulle cose, terribilmente pigro e
svogliato.
Chi è stato allevato in modo severo o eccessivamente duro e
scarso d’affetto e tolleranza, tende a trattare i bambini da educare in modo
altrettanto severo e duro, e Harali non faceva eccezione. Per lei, c’era
qualcosa di decisamente storto in Loraisan, e sentiva di doverlo raddrizzare a
tutti i costi.
Naturalmente, fu un buon pretesto per poter criticare Eukeni
e la sua famiglia, che la Reverenda Madre Fondatrice considerava responsabili
della maniera storta in cui stava crescendo
il bambino.
«La verità è che il tuo fratellino è un bambino viziato », le diceva
«come tutti gli ultimogeniti. Con il pretesto che è di salute malferma e di
costituzione gracile, i tuoi sono stati troppo indulgenti con
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