mercoledì 2 marzo 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 51° pagina.


Se avesse cominciato a parlare male dei sacerdoti in modo diretto e aperto, in modo propagandistico, si sarebbe beccato una denuncia per sovversione dell’ordine sociale e religioso, e sarebbe finito in galera come tutti gli oppositori all’ordine teocratico del regno.

Quindi ricorse a mezzi più subdoli e più adatti all’ambiente campagnolo, attingendo a man bassa alle sue conoscenze, sia culturali che personali. Cominciò a raccontare in giro fatti, fattacci e fatterelli, scandali e scandaletti, tutti riguardandi sacerdoti e sacerdotesse.

Storie di corruzione e di torbide tresche, di incesti e di abusi di minori, di furti e omicidi riguardanti la classe sacerdotale, che in città, nelle scuole di apprendistato alchemico, correvano spesso e volentieri fra gli studenti, storie che venivano messe a tacere in via ufficiale, ma che tutti conoscevano dalle chiacchiere provenienti dai postriboli, sia femminili che maschjili, dalle bettole frequentate da studenti universitari o ancor meglio da quelle frequentate da giovani studenti delle scuole di sacerdozio.

Poco importava che quelle storie fossero vere o false. Alla gente di paese piacevano molto, aiutavano a rompere la monotonia della vita di campagna con i loro particolari scabrosi, orridi o semplicemente pruriginosi, e le vecchie comari, quando si trovavano il dottore al loro capezzale, erano felici di sentir raccontare quelle torbide storie che poi potevano narrare alle amiche, e del pari anche gli uomini erano felici di poter avere molte più cose divertenti e interessanti da raccontare agli amici in osteria.

Poi, a un certo punto, le chiacchiere arrivavano alle orecchie dei due sacerdoti, a cui gli ingenui contadini chiedevano cose del tipo: «Reverendo Padre, ma è vero che ad Enkar un sacerdote ha violentato tutte le sue quattro figlie, e quando ne ha messe incinta una, l’ha fatta sposare a un tizio mezzo matto che, quando ha scoperto la verità, è andato dal suocero una notte e l’ha castrato con un coltello?».

Oppure: «Reverenda Madre, ma è vero che ad Ermonei una sacerdotessa aveva un fratello che ammazzava la gente quando era nel tempio gestito dalla sorella per poterla derubare, e poi ne nascondeva i cadaveri nei sotterranei, con la complicità della sorella stessa, e che quando la cosa è stata scoperta, per non far sapere in giro la cosa, lo Shepen della città, anziché farli processare per i loro delitti, li ha fatti mettere in galera inventandosi la storia che avevano commesso incesto, perché la cosa avrebbe suscitato molto meno scandalo?».

Alla fine il paese aveva letteralmente pullulato delle morbose e torbide storie di città, che tra l’altro il dottore ammanniva ai suoi pazienti ed amici ornandole di discorsi moralistici sulla corruzione della vita cittadina e sulla superiorità morale della vita semplice dei paesi di campagna.

All’inizio i due sacerdoti si erano sforzati di reagire a quelle storie, sostenendo che si trattava solo di calunnie messe in giro dagli anticlericali e cose di questo tipo, ma invano. Alla gente piacevano troppo, e piaceva anche il dottore, che raccontava quelle storie.

 Perché ai loro occhi gliele raccontava  per dire che loro erano migliori, che erano sani, non come quella brutta gente di città.

«Avete mai sentito storie del genere riguardo i nostri sacerdoti, quelli delle nostre parti? Non succederebbero mai delle cose del genere, qui! La nostra gente è sana, equilibrata, pacifica! Per questo sono scappato dalla città. Là sono tutti matti! A cominciare dai sacerdoti…. là sono tutti marci!» concludeva ogni volta così i suoi sapidi racconti, tra il piccante, il morboso e il truculento.

All’inizio Velthur si era trovato svantaggiato, ma nonostante il bigottismo dei sacerdoti del villaggio, alla fine la sua bravura e la sua straordinaria capacità di comprensione e di vicinanza ai pazienti l’avevano reso molto popolare, e tanta gente del posto era così ignorante che non riusciva neanche a capire cosa significasse essere un Avennar, o semplicemente avere un’altra religione oltre a quella comunemente accettata.

I contadini non si sono mai preoccupati molto della teologia.

Le storie che raccontava, poi, l’avevano reso una figura decisamente intrigante e fascinosa.

Così a un certo punto Velthur e i due sacerdoti erano arrivati a una sorta di compromesso. Loro non avrebbero più parlato male dell’Aventry, lui non avrebbe più raccontato quelle sue maledette storielle e storiacce anticlericali.

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