Naturalmente, Velthur non prese neanche in considerazione la
possibilità di fargli delle domande, al momento, e interrogò solo Hermen.
«Oggi eravamo andati alla fiera di Aminthaisan , e abbiamo
fatto tardi. Troppo tardi. Ma Aminthaisan non è tanto distante, e la strada è
ben illuminata. Da noi lupi e briganti non ce ne sono, quindi abbiamo pensato
che non correvamo rischi.
Siamo passati vicino al bosco di Monte Leccio che ormai era
già notte. È stato là che abbiamo cominciato a vedere e sentire…. qualcosa di
strano».
Hermen tracannò un sorso di tisana, e fece una lunga pausa.
«Dottore, non potreste darci qualcosa di più forte? Un
bicchierino di grappa, per caso?».
«Siete già abbastanza poco lucidi, a mio parere…. casomai ve
lo do dopo, il goccino di grappa, quando avrai finito di raccontare. Comunque
state sicuri che la droga che vi ho messo dentro, anche se leggera, vi farà
dormire stanotte».
«Va bene…. allora, dicevo che eravamo ai piedi di Monte
Leccio, sempre sulla strada selciata che passa fra il colle e il fiume, le luci
di Aminthaisan erano ormai lontane, non ci sono fattorie vicine in quel punto,
e….».
Cominciò a stropicciarsi e quasi strapparsi nervosamente la
folta barba grigio-rossiccia, nello sforzo di trovare le parole giuste. Si
intuiva che aveva paura di dire delle cose che sarebbero sembrate assurde o
ridicole.
«Beh, insomma…. abbiamo visto delle luci in cima al Monte
Leccio, in mezzo agli alberi, vicino a quella che pareva una radura. Avevano un
aspetto strano, erano di un colore verde-azzurro, ma più intenso di quello di
una lampada perenne, e sbarluccivano come la luce di una fiamma. Una volta ho
sentito dire che è quello l’aspetto dei fuochi delle Fate, quelli che loro
accendono nelle notti di plenilunio durante la festa del belk…. Così abbiamo pensato subito che fosse proprio quella, la
causa… e ci siamo incuriositi».
«Che io sappia, Hermen, non ci sono comunità di Fate nei
paraggi, e non ho mai sentito che praticassero il belk nei nostri boschi. La comunità più vicina è sulle Colline di
Leukun, a circa trenta chilometri da qui».
«Sì, lo so bene che non ci sono tribù del popolo fatato nei
paraggi. E anche per questo ci siamo incuriositi. Non l’avessimo mai fatto!».
«Volete dire che siete saliti sul Monte Leccio? Di notte?
Nel bosco?».
«Beh, non siamo saliti fino in cima, ma abbiamo visto che
c’era un sentiero che dalla strada andava su per il monte, e siccome avevamo
dietro una lampada perenne, abbiamo provato a salire per un tratto, tanto per
ascoltare meglio i canti e la musica che si sentiva arrivare da lassù. Non
avevamo mai visto delle Fate, e tantomeno avevamo mai visto una festa del belk. Lo so che si dice che bisogna
stare lontani da quelle cose, ma noi…. come dire, eravamo affascinati…. era una
musica bellissima, anche se strana, inquietante…».
«Quindi vi siete avvicinati alla cima del monte con la
lampada perenne scoperta, in modo che la si potesse vedere da lontano? Come
dire alle Fate: “ehi, siamo qua!”».
«Sì, lo so cosa dicono le vecchie comari attorno al fuoco….
O anche i vecchi Sileni come quel Prukhu, le ho ascoltate anche io le sue
storie. Solo gli amici delle Fate possono partecipare alle loro feste, e se si
avvicina un estraneo, esse lo seducono e lo portano a danzare con loro, fino a
quando smarrisce la ragione per la musica, il vino drogato e altri incantesimi,
poi perde la memoria e può rimanere demente per sempre….. ma noi non ci
credevamo. Eravamo curiosi e basta!».
«E siete saliti verso la cima!».
«No, no! Alla cima non ci siamo mai arrivati. Credo che non
siamo neanche arrivati a metà strada. Tra l’altro, credo sia una bella salita
fino in cima. Abbiamo fatto tre tornanti del sentiero in mezzo al bosco, niente
di più, poi è cominciato a succedere quello….
quello che ci ha terrorizzato».
Mentre Hermen arrivava finalmente al sodo, Knevin si gettò
la faccia tra le mani, tremando sempre più.
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