«Abbiamo ripreso a correre verso Arethyan. Con quello che ci
seguiva sempre, roteando sopra di noi come un falco. Ma quando abbiamo visto le
luci del paese, ci siamo accorti che non ci seguiva più. Era scomparso. O
almeno, non lo vedevamo più. Poi abbiamo incontrato voi….».
«Se posso darvi un consiglio, non parlatene a nessuno, di
questa storia».
Knevin riprese a urlare istericamente.
«Come facciamo, dottore? Mi spiegate come facciamo, dopo
quello che abbiamo visto? Io non credo di poter mai dimenticare questa notte
finché vivo!».
«Ma se lo fate, rischiate di essere presi per matti!».
«E chi se ne importa??? Io sono già diventato matto per
quello che ho visto!! Diglielo, Hermen! Come faremo adesso a vivere sapendo che
esiste quella cosa? Che magari anche in questo momento sta volando sopra le
nostre teste, sopra le nostre case? Chi può vivere sapendo questo? E poi, chi
ci dice che l’abbiamo visto solo noi?».
«Va bene, va bene, rimaniamo calmi, se possibile. Magari
domani si può andare a fare delle indagini. Io non posso, perché ho troppi
impegni. Ma magari si può mandare qualcuno su Monte Leccio…. se voi non ve la
sentite….».
«Datemi tempo, dottore. È già tanto se ho trovato la forza
di raccontarvi tutto con ordine. Se troverò il coraggio di salire sul Monte
Leccio, sarà in compagnia di almeno tre altri uomini ben armati».
«Se non ve la sentite di tornare a casa, posso ospitarvi per
stanotte. Magari domani riuscirete a vedere le cose in modo migliore».
«Voi non ci credete, vero, dottore?»
«Quello che credo io non ha molta importanza, Hermen. Vedo
che siete sconvolti. E sicuramente avete visto qualcosa di… insolito. Ma sto
pensando anche alla gente del paese, alla gente che vive nelle fattorie in
campagna. Se siete stati solo voi a vedere questo strano essere, chiamiamolo
così, sapete quanto terrore potrebbe seminare la vostra storia in giro? E in
fin dei conti, non vi ha fatto niente, no? Vi ha solo seguito, fino a quando
non siete arrivati in paese. E se anche esiste, può darsi che nessuno lo veda
più. Non sarebbe allora meglio, per voi e per tutti, che non ne parliate con
nessuno?».
«Sentite, dottore… io ci provo, ma non so se ci riesco.
Adesso andrò a casa mia, dalla mia donna, e le dirò che abbiamo subìto
un’aggressione da qualcuno che ha cercato di derubarci mentre tornavamo a
casa…. ma io sinceramente sono così spaventato che non credo che riuscirò a
mentire a lungo. Cioè…. non riesco a togliermi dalla mente quell’immagine
orrenda. Voi non l’avete visto, non sapete cosa si prova di fronte a quello. Vi giuro, quell’essere emanava
terrore puro! Non so come dire, ma ancora prima di vederlo noi ci sentivamo
pieni di paura, di angoscia. Il modo in cui ti guardava con quegli occhi come
fanali rossi…. certo saremmo stati spaventati anche solo per il suo aspetto….
ma quando non l’abbiamo più visto, io mi sono sentito sollevato da un peso
enorme. Ma ogni volta che ripenso a lui, sento di nuovo quell’angoscia, come se
avessi visto il Demone della Morte in faccia».
Velthur aveva spesso pensato che Hermen era un tipo strano,
ma non l’aveva mai trovato un carattere impressionabile. Adesso invece pareva
isterico anche lui, come la figlia dei Kalpur.
«E tu, Knevin? Immagino che tu, ancora più di lui, non pensi
di poter stare zitto su questa storia, vero? A proposito: dove vivi? Non ti ho
mai visto da queste parti, eppure io in paese conosco tutti».
«Sono qui da poco. Da due mesi. Vivevo a Enkar, lavoravo in
una bottega artigianale, poi ho perso il lavoro e sono venuto a vivere qui,
perché conoscevo Hermen e mi ha trovato un lavoro come vasaio».
«Due mesi fa?».
«Sì, un poco dopo la festa di Tinsi Kerris».
«Posso chiederti come hai perso il lavoro?».
Knevin abbassò lo sguardo.
«Diglielo, Knevin. A questo punto non serve mentire,
perlomeno non a lui».
«Io…. bevevo. Mi ubriacavo spesso. E alla fine la padrona
della bottega mi ha licenziato».
«E adesso? Non bevi più?».
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