domenica 27 marzo 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 58° pagina.


Ma non voleva pensare più ai misteri di Thymrel. Aveva provato a svelarli, e non ci era riuscito. Forse avrebbe avuto più fortuna con i misteri di Hermen e Knevin.

Si recò perciò nell’officina di Hermen Vanth, per sapere come stavano quei due. Trovò Hermen che lavorava apparentemente come se non fosse successo niente, ma le occhiaie nere che aveva dimostravano che non aveva passato una notte tranquilla.

«Non ho dormito molto stanotte, dottore…. ma ora sono più calmo, devo dire».

«Bene. Spero che almeno tu non abbia avuto gli incubi. Anche il tuo amico è al lavoro?».

«No, stamattina era messo peggio di ieri sera, e non ha seguito il vostro consiglio: è andato al tempio di Sil per parlare con uno dei sacerdoti».

«Ah. Spero almeno che, con chiunque parli, poi il sacerdote capisca anche lui che non è opportuno parlarne in giro».

«Io personalmente sono d’accordo con voi. La notte porta consiglio e stanotte, rigirandomi nel mio letto, ho pensato molto a questa faccenda. Effettivamente, se l’abbiamo vista solo noi, quella cosa, è meglio che non se ne parli. E poi, non mi piace esser preso per matto dai più increduli, o vedere i più paurosi spaventarsi e fare gli scongiuri contro i demoni».

«Appunto. Beh, appena lo vedi, digli che vorrei parlare con lui, così mi faccio dire con chi ha parlato e cosa ha detto».

«Senz’altro, dottore. E adesso, cosa faremo? Una parte di me vorrebbe tornare in cima al Monte Leccio a dare un’occhiata, un’altra mi dice di starne lontano il più possibile. Voi pensate che abbia qualcosa a che fare con le Fate, voi che queste cose le conoscete meglio di chiunque altro, qui, a parte forse il vecchio Prukhu?».

«Mai sentito che le Fate avessero a che fare con giganti mostruosi con gli occhi rossi e le ali nere di un pipistrello o qualcosa del genere, e sinceramente non ho mai sentito parlare di niente del genere da nessuna parte. Però, sai… l’unica spiegazione possibile che riesce a venirmi in mente è che il mondo è grande e inesplorato, e si sa pochissimo di ciò che vive oltre i confini del Veltyan, né di quali strane creature possano vivere sulla vasta Kellur. Forse voi avete visto qualche strano animale forestiero, venuto qui da chissà dove…. forse».

«Se è così, allora qualcun altro ne avrà sentito parlare. Se invece si tratta di un Demone Oscuro, allora forse lo avremo visto solo noi due».

«Tu credi ai Demoni, Hermen?».

«Sono anch’io un uomo devoto, dottore. Credo in Nostra Signora Sil, la Madre del Mondo e la Regina degli Dei, e credo nelle schiere dei Demoni che Lei ha creato come intermediari fra il Cielo e la Terra, e credo che ci siano Demoni Splendenti, Messaggeri di Luce, e Demoni Oscuri, Messaggeri di Tenebre. Forse noi abbiamo visto un Messaggero delle Tenebre, anche se spero di no, anche perché Essi annunciano soprattutto disgrazie e morte, o atti di malvagità».

«Ragione di più per non parlarne, dunque. Perché tante altre persone qui credono alle stesse cose a cui credi tu».

«Voi invece non ci credete, vero? La sua strana religione dice che non ci sono Dei, non ci sono Demoni… non c’è niente. Alle volte mi domando come possa esistere una religione del genere».

«Non è che nell’Aventry “non c’è niente”, Hermen. È che noi le cose dello spirito le concepiamo in modo molto diverso, ma quello che credo io non ha importanza. Ciò che contano sono i fatti.

I fatti vanno indagati, e appena possibile andrò io al Monte Leccio con qualcun altro, se tu non te la senti. Chiederò a Larsin Arayan se vuole venire con me. È un tipo che non si lascia impressionare, e non ha paura dei Demoni Oscuri».  

Si lasciarono con la promessa che Velthur lo avrebbe avvertito appena avesse deciso qualcosa. Non presero neanche in considerazione la possibilità di parlarne prima con i gendarmi del paese, o con l’alkati. Sarebbe stato un modo come un altro per fare clamore, e poi non c’erano ancora dei motivi solidi per pensare che ci fosse un reale pericolo. In fin dei conti, quella creatura li aveva spaventati da morire, ma non aveva fatto loro alcun male.

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