Ma mentre Velthur lasciava Hermen, Knevin stava parlando con
la sacerdotessa Anixi Kalpur, e implorava da lei l’invocazione della
benedizione di Sil su di lui e su tutto il villaggio, per proteggerli dal
Demone Oscuro che si era manifestato a loro nella notte.
Piangendo e gemendo, continuava a ripetere alla sacerdotessa
che quella era stata la punizione degli Dei per la sua ubriachezza.
Alla fiera di Aminthaisan aveva un po’ alzato il gomito,
contravvenendo alla promessa che aveva fatto a Sil di non bere più, al massimo un
bicchiere di vino al giorno (perché il medico gli aveva detto che un bicchiere
di vino rosso al giorno fa bene alla salute). Così quello doveva essere un
monito a non trasgredire, ed era stata davvero una punizione spaventosa, perché
l’aveva convinto a non toccare più bevande alcooliche per il resto della vita.
Si era convinto che non toccando più una goccia di alcool,
avrebbe tenuto lontano l’orrendo demone.
La sacerdotessa gli chiese perché non fosse venuto anche
Hermen a chiedere la benedizione, se il Demone Oscuro l’avevano visto entrambi
e se davvero era un Demone Oscuro o non piuttosto un effetto dei fumi
dell’alcool.
Knevin le rispose che Hermen sembrava meno spaventato, e che
forse sarebbe venuto più tardi.
Dopo, lo lasciò andare con la raccomandazione di sollecitare
Hermen a venire a farsi benedire anche lui prima possibile, da lei o da suo
marito.
Cosa che invece Hermen non fece mai. In qualche modo, il
fabbro non era sicuro di avere visto uno spirito dell’oscurità. L’aver parlato
con il medico aveva avuto su di lui una notevole influenza, dato che non
l’aveva trattato da pazzo o da visionario, ma semplicemente aveva dubitato che
quello che avevano visto lui e Knevin fosse davvero un essere demoniaco e non
piuttosto una strana anomalia della natura.
Glielo faceva pensare anche il fatto che quello che aveva
visto era ben lontano dalle rappresentazioni solite dei Demoni Oscuri della
religione dei Thyrsenna. Questi venivano in genere rappresentati come esseri
giallastri o verdastri, di forma umana ma con chiome simili a grovigli di
serpenti, con dei lunghi rostri gialli e con mani e piedi artigliati, simili a
zampe d’uccello, o con molteplici teste di cane, o con corpi di leone e
mostruose teste umane e cornute, e mille altri particolari fantasiosi nati dal
mescolare parti anatomiche di diverse specie.
In più, tutte le storie popolari sui Demoni Oscuri dicevano
che questi spiriti parlavano, urlavano, ringhiavano, e avevano sempre un
messaggio di sventura o di accusa per il malcapitato che li incontrava.
Quell’essere invece era stato quasi del tutto silenzioso, a
parte il battito delle sue ali e ogni tanto quello strano squittio. Quindi,
l’atteggiamento più giusto era quello del dottore: andare a vedere su Monte
Leccio se c’era qualche cosa di strano, là dove gli pareva di aver visto i
fuochi del belk delle Fate e udito la
musica e i canti fatati. Ma se davvero quell’essere si annidava là, era il caso
di andarci bene armati.
Il giorno dopo, infatti, arrivò da Hermen il dottore, che
gli disse che Larsin e un altro uomo sarebbero venuti con lui in cima al Monte
Leccio, per fare un sopralluogo.
«Devi venire, Hermen. Ho bisogno che qualcuno mi descriva
esattamente cosa è successo quella sera mentre siamo là. Se non vorrà venire
anche Knevin, pazienza. Anzi, è meglio così perché mi sembra un po’ troppo
impressionabile, ma tu devi venire».
«Knevin non verrà in ogni caso. Se ne è andato via di casa,
è tornato ad Enkar, proprio stamattina».
«Così spaventato, era?».
«No, non così. Di più! Più ci pensava a questa cosa, e più
si spaventava, e siccome non riusciva a toglierselo dalla mente, alla fine è
scappato via, senza tanti complimenti. Forse è stato meglio così».
«Forse sì. Se era ancora nello stesso stato in cui l’ho
visto io, l’altra sera, è stato meglio che cambiasse aria. Comunque, te la
senti di venire?».
«Sì, me la sento. Sono abbastanza calmo, adesso. Quando
vorreste che ci andassimo?».
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