«Beh, domani è festa, no? Quindi sarebbe il momento più
adatto. Magari possiamo provare anche a chiedere alla gente dei dintorni se
hanno visto qualcosa».
«Oltre a Larsin, chi altro viene con noi?».
«Un suo amico di pesca, uno che ha la fattoria sulla strada
per Aminthaisan, in riva al fiume. Lo conosco abbastanza bene anche io, è un
ex-soldato, un tipo che sa tenere la bocca chiusa e poco impressionabile.
Abbiamo pensato bene che ci volesse, un tipo così. Si porterà dietro la sua
spada, per ogni evenienza, anche se sinceramente non penso che ce ne sarà
bisogno».
«Una spada ce l’ho anch’io. Fatta da me, per sicurezza
personale».
«Bene, con almeno due uomini armati, penso che possiamo
sentirci sicuri. Io invece non ho mai combattuto in vita mia, né tantomeno
tenuto armi in mano, e in caso di scontri fisici non sarei di grande aiuto».
«Siete un medico, e tanto basta, se per caso dovessimo
ingaggiare una lotta, avrete modo di rendervi utile in ogni caso».
«Allora, spero di esservi del tutto inutile!»
Come convenuto, il giorno dopo si ritrovarono di fronte alla
fattoria dei Ferstran.
Era il giorno del sole, usiltin nel calendario del Veltyan.
Anche i Thyrsenna calcolavano i giorni in settimane, e anche
loro avevano dedicato ogni giorno della settimana a uno dei sette pianeti
visibili, seguendo l’ordine di distanza delle sette orbite. L’astronomia dei
Thyrsenna credeva che Kellur, la Madre Terra ,
fosse al centro dell’universo, e che attorno ad essa ci fossero sette cieli,
ciascuno per uno dei sette pianeti, e che aldilà di essi ci fosse l’ottavo
cielo, quello delle costellazioni, e infine il nono cielo, quello invisibile,
il Cielo della Luce Eterna, dove risiedeva Sil, il Sole Spirituale, Madre e
Signora dell’Universo Mondo,.
Perciò prima veniva il giorno della Luna, cioè tiurtin, poi
quello di Mercurio detto turmutin, quello di Venere chiamato turantin, quello
del Sole, usiltin, quello di Marte, larantin, quello di Giove, tiniantin e
infine quello di Saturno, satrastin.
Il giorno centrale, quello dedicato al Sole, era anche
quello di riposo, consacrato alla Dea Suprema, Sil. In quel giorno, non tutti i
lavori erano proibiti, ma solo quelli a fine di lucro, o i lavori
particolarmente pesanti.
Per esempio, andare a pesca o a caccia, poiché aveva come
fine solo il procurarsi da mangiare, erano considerati leciti, e perciò era
quello il giorno in cui gli uomini delle campagne andavano in giro per i boschi
e lungo i fiumi a cacciare e pescare.
Così, se qualche conoscente li avesse visti assieme andare
verso il Monte Leccio, non si sarebbe fatto tante domande.
Hermen aveva pensato bene di avvolgere la sua spada in un
panno e metterla nella bisaccia che teneva a tracolla, sperando di non
incontrare qualche gendarme forestale ficcanaso.
Con orgoglio, la mostrò ai suoi compagni.
Era una delle classiche spade corte dell’esercito dei
Thyrsenna, o meglio era stata fatta su quel modello, ma senza lo stemma reale
che portavano le spade militari. Al suo posto c’era lo stemma della provincia
dell’Enkarvian..
«Acciaio adamantino della migliore qualità, leggerissimo e
indistruttibile! Progidi dell’alchimia moderna».
Hermen l’agitò nell’aria riempiendola di bagliori azzurrini.
«M’è costata parecchio, fabbricarla. Sai quanto acciaio
adamantino riesce a produrre un alchimista al giorno? Appena due grammi!».
«Io manco ne ho visto un grammo, di acciaio adamantino nella
mia vita!»
Larsin si avvicinò alla lama, avido di poterla ammirare.
«Sembra una lega fra argento e cristallo!».
«E invece è una lega fra comunissimo ferro e comunissimo carbone, più
carbone che ferro, ma trattati alchemicamente con strumenti particolari, per
lunghi giorni, fino a trasformarli in questa specie di metallo cristallino,
leggerissimo e assolutamente indistruttibile, duro come il diamante!
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