domenica 2 aprile 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 361° pagina.


Ma tante delle cose che il dottor Laran voleva che imparasse non gli interessavano affatto, non lo appassionavano per niente. Non avevano mistero magia.

Forse, invece, nell’eremo delle Spose di Sin avrebbe trovato mistero e magia. Aveva sentito parlare spesso dai fratelli e dalle sorelle maggiori dei fatti strani legati a Monte Leccio, delle strane leggende che vi correvano attorno, e di cui i ragazzi più grandi sembravano voler nascondere i particolari più paurosi a quelli più piccoli, come se fra di loro e gli adulti ci fosse un patto di segretezza, un qualcosa che non poteva essere svelato a cuor leggero, ma solo a chi fosse stato preparato in modo opportuno.

Tante volte Eukeni aveva cominciato a parlargli dei misteriosi gatti grigi e neri che si aggiravano per Monte Leccio e nello stesso eremo, delle strane voci e degli strani rumori che sembravano provenire dai boschi sulle pendici del monte, della misteriosa casetta nel bosco che un tempo era appartenuta a un sacerdote monaco che era stato il maestro della Madre Fondatrice, e che si diceva fosse in possesso di una grande sapienza alchemica.

Una volta Enkar, il primogenito, gli aveva rivelato che si diceva che una delle gallerie dei Nani correva sotto il Monte Leccio e che dalla casa dell’eremita vi si potesse accedere, perché egli aveva imparato le sue arti alchemiche dai Nani che vivevano sotto casa sua.

Quando aveva sentito un accenno ai Nani e alle loro gallerie, un brivido gli era corso per la schiena. Un brivido di paura e insieme di puro entusiasmo.

Forse anche le Spose di Sin avevano qualche rapporto con i Nani, quelle strane creature che non aveva ancora mai visto in vita sua, e che pochi Uomini di Arethyan potevano conoscere, perché non si facevano vedere da nessuno, nascosti nel loro regno sotterraneo da cui uscivano, se uscivano, solo di notte.

Provava una grandissima emozione di fronte alla possibilità di incontrare quelle strane piccole creature che lo affascinavano tanto e nello stesso tempo lo spaventavano, perché erano abitatori degli Inferi e per le credenze popolari avevano dimestichezza con gli spiriti dei defunti e con divinità e demoni del mondo infero.

Quelle piccole, antiche creature che sicuramente conoscevano tutti i segreti del mondo antico, delle origini stesse delle cose e di ogni essere, perché il loro sapere era più antico del Diluvio, dei Giganti e degli stessi Uomini, più antico persino dei Sileni e delle Fate, risalendo alla mitica Era dei Geni, di cui gli abitanti di Arethyan non sapevano praticamente nulla, e di cui lui aveva saputo dal vecchio Prukhu e dal dottor Laran, ma solo per vaghi accenni timorosi e confusi.

Questo pensiero lo aiutò a digerire la cosa. Non che avesse scelta: la nonna Aranthi pensava che doveva assolutamente andare a studiare all’eremo. Non era semplicemente il fatto che le Spose di Sin venissero ritenute delle educatrici migliori di Velthur, il medico infedele. Era anche il fatto che là Loraisan sarebbe stato seguito e istruito in continuazione, ogni giorno, e non solo due mattine alla settimana, per un paio d’ore.

In più, era un’offerta davvero generosa quella di mantenere e istruire il bambino senza far pagare alcuna retta. Anzi, era davvero stupefacente. Cosa volesse in cambio Harali, non era chiaro. I Ferstran non si capacitavano che volesse semplicemente fare un atto di generosità nei loro confronti, solo perché una delle loro ragazze stava entrando nel monastero per la consacrazione triennale.

Per bocca di Eukeni, aveva fatto sapere ai Ferstran che avrebbe seguito Loraisan anche dopo che avrebbe dovuto lasciare l’eremo, fino a quando sarebbe stato il momento di andare a qualche Alta Scuola ad Enkar.
A Larsin invece toccava il compito più ingrato: quello di spiegare a Velthur che i suoi volontari servigi non erano più richiesti. Qualsiasi progetto avesse fatto su Loraisan, avrebbe dovuto accantonarlo. Larsin sospettava che, una volta adulto e sottratto all’influenza della famiglia, Velthur volesse avvicinarlo all’Aventry. Ma gli sembrava anche che in ogni caso la cosa non avesse importanza. Lui era convinto di capire Loraisan meglio di chiunque altro. E quello che credeva di avere capito bene, era che suo figlio era una mente troppo curiosa, troppo fantasiosa per farsi trattenere da qualsiasi dottrina di vita. Syndrieli, Aranthi, Harali e lo stesso Velthur, e qualsiasi

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