Appena la gatta vide Loraisan, ebbe però come un momento di
incertezza, come se fosse proprio la vista del bambino che avesse messo anche
lei in allarme.
Non guardava la madre e la sorella, guardava solo lui,
tenendo la testa leggermente obliqua, come fanno i gatti quando studiano
qualcuno mentre li sta guardando negli occhi. Era come se fosse incuriosita
solo da lui, o come se lo conoscesse già.
E per tutto il tempo in cui rimasero nella stessa stanza con
la Reverenda Madre, l’animale non sembrò scollare lo sguardo di dosso a
Loraisan, così come il bambino era attirato dall’animale.
Harali sorrise nel vedere il bambino e la strana, reciproca
attrazione che sembrava improvvisamente legarlo alla bestiola. Fu un sorriso
che allentò una certa tensione che aveva aleggiato sui Ferstran fin da quando
si erano incamminati verso l’eremo.
Dopo le dovute presentazioni, Harali continuava a sorridere
a Loraisan.
«Ti piacciono i gatti, Loraisan?».
«Oh sì, Reverenda Madre. Mi piacciono molto. Avete dei gatti
molto belli».
«Questa si chiama Ashtair. Non so quanti anni abbia, ma
sicuramente è più vecchia di te. L’ho ereditata dal mio maestro e mentore, il
defunto eremita Aralar Alpan. Lui aveva il suo rifugio qui vicino, e aveva
addomesticato questa gatta. La maggior parte dei gatti che vedrai in questo
eremo sono figli o discendenti suoi».
«Allora è per questo sono tutti uguali, così grandi, con il
pelo tigrato e scuro, con gli occhi verdi o azzurri…».
«Li hai osservati bene, dunque. In verità, essi appartengono
tutti a una razza particolare, una stirpe di gatti selvatici molto grandi e
forti, ma che sono facilmente addomesticabili. Fedeli come cani e astuti come
lupi. Li usiamo come cani da guardia. La loro, si chiama razza valgiglina.
Siamo le uniche, che io sappia, che allevano e addestrano questi gatti, almeno
in questa provincia.
Ma forse ne avrai visto qualcuno di selvatico, dalle tue
parti, anche se di giorno è difficile vederli. Girano per lo più la notte. Ma i
nostri si sono un po’ abituati ai nostri ritmi di vita. Ci aiutano a svegliarci
presto la mattina, quando miagolano per avere attenzioni!»
Harali rise. E mentre rideva, a Loraisan parve diventare più
giovane. Non era bella, ma il suo sorriso aveva qualcosa di bello.
«Mi hanno detto che ti piace molto leggere. E per questo hai
imparato a farlo molto in fretta. È vero?».
Loraisan annuì, timidamente.
«Qui avrai moltissimi libri da leggere, di ogni tipo. Ma
dovrai leggerli con attenzione, imparare da essi e se farai un buon lavoro,
potrai accedere alle Alte Scuole di Enkar. Io ti preparerò per questo. E
insieme vedremo qual è la scuola più adatta a te, quella che ti preparerà al
mestiere per cui sei più portato. Ti piacerebbe fare il medico? Oppure ti
piacerebbe fare lo stampatore di libri? O l’architetto? O l’alchimista?».
Loraisan non fu capace di rispondere subito. Avrebbe voluto
dire “l’alchimista”, ma si bloccò pensando che lui non doveva diventare un
alchimista.
Vedendo che il figlio esitava a rispondere, Syndrieli li
lasciò scappare una battuta, forse per sdrammatizzare la situazione.
«A me, basterebbe che diventasse un signore come si deve,
non uno come suo padre o i suoi zii che aspettano la sera solo per andare a
bere in osteria e spettegolare fra compari, come tutti gli uomini del paese».
«Speriamo allora che non diventi uno dei quei distinti
signori che aspettano solo la sera per andare nei salotti dei nobili a
spettegolare su altri signori dell’alta società…. Ma a me piacerebbe proprio
sapere se c’è qualcosa in particolare a Loraisan che gli piacerebbe fare da
grande….».
«Il sacerdote! Deve diventare un sacerdote, no?» rispose sempre
Syndrieli «Poi magari potrà fare anche altre cose. I sacerdoti possono fare
tutto quello che vogliono, senza dover rendere conto di niente a nessuno, se
non alla Regina o a sacerdoti più importanti. Non è vero?».
Harali cominciò a mostrare un tono di disappunto per le
interruzioni della contadina. A lei interessava solo Loraisan, interessava solo
conoscerlo meglio.
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