Ma a dire il vero Loraisan era pieno di paure anche quando
andava in giro sotto la luce del sole in mezzo alla strada. Aveva paura di
incontrare qualche cane rabbioso o anche solo ostile, o di incontrare bambini
più grandi di lui, che potessero fare i prepotenti e picchiarlo, o anche solo
prenderlo in giro perché era così gracile e timido.
Ma mentre il sole calava sulla pianura, sulla strada non
incontrò quasi nessuno, a parte qualche contadino che tornava dal lavoro. Una
volta sola fece un incontro che lo colpì.
Incontrò un uomo dall’aspetto strano e un ragazzo che
andavano a piedi in direzione contraria, verso Aminthaisan.
L’uomo aveva lunghi capelli rosso carota, dello stesso acceso
colore del pelo di Menkhu, e sulle robuste braccia nude spiccavano degli strani
tatuaggi bluastri, a forma di spirali e svastiche dagli uncini a falce di luna,
o a ruote di carro. La barba caprina, composta in una lunga e sottile treccia,
era di un rosso ancora pù fiammante, dalla tinta d’ambra.
Un nordico. Era la
prima volta che Loraisan ne vedeva uno in vita sua, ma sapeva che nel Veltyan
ne vivevano parecchi, immigrati dalle boscose terre oltre le Montagne Albine,
attirati dalle calde terre del Veltyan e dall’opulcenza della civiltà, o
prigionieri di guerra ridotti in schiavitù.
Loraisan si chiese a quale delle due categorie appartenesse,
poi notò il cerchio d’oro alchemico alla caviglia sinistra dell’uomo, e capì
che era uno schiavo di qualche nobile famiglia.
E chi gli camminava al fianco, un ragazzo dell’apparente età
di dodici o tredici anni, doveva essere il figlio dei nobili padroni che glielo
avevano affidato. Forse stavano andando o tornando da una visita ad un’altra
famiglia patrizia. Ovviamente non si poteva lasciar andare il figlio di un
nobile da solo. Loraisan provò invidia per il ragazzo, che aveva sempre accanto
la presenza di un adulto a proteggerlo.
Strano però che non andassero a cavallo, ma a piedi come dei
comuni plebei.
L’uomo sorrise a Loraisan e alzò la mano sinistra, e il
bambino si sentì sollevato, dopo essersi spaventato alquanto nel momento in cui
aveva visto lo strano aspetto del nordico.
Parte della sua paura era dovuta ai pregiudizi dei Thyrsenna
nei confronti dei nordici. Dopo aver sentito spesso racconti di invasioni di
tribù dai capelli rossi, selvagge e spietate, era naturale che vedere poi dal
vivo un membro di queste genti quasi mitiche potesse suscitare timore.
Poi successe qualcosa che sconcertò Loraisan. Quando l’uomo
fu più vicino, il sorriso gli si spense improvvisamente sulle labbra.
La sua espressione si mutò da cordiale a spaventata, prese
subito per mano il ragazzo che accompagnava e gli fece cenno di affrettarsi,
poi senza più guardare Loraisan passò sull’altro lato della strada, e solo una
volta superatolo si voltò di nuovo a guardarlo con espressione spaventata.
Loraisan rimase sconcertato. Quell’uomo straniero, grande e
grosso, dall’aspetto temibile, l’aveva guardato con paura. Gli pareva assurdo.
Non riusciva a immaginare cosa potava avere visto in lui per spaventarsi a tal
punto da affrettare il passo per allontanarsi.
Mentre guardava le due figure con i loro mantelli rossi che si
allontanavano, Loraisan formulò una catena di pensieri in base a quello che gli
avevano raccontato degli Uomini del Nord, ed ebbe un’intuizione. Forse,
quell’uomo straniero, quel selvaggio che veniva da regni oscuri e freddi,
dominati da riti belluini e violenti, da terre di foreste e belve feroci, di
sacrifici umani e lotte sanguinose, di stregonerie blasfeme e orrende, di
costumi di vita bestiali e crudeli, aveva visto in lui qualcosa di demoniaco
che in qualche modo conosceva bene. Forse aveva avvertito la presenza di una
forza oscura, con il suo istinto subumano, tipico di una razza degenerata al
limite fra l’uomo e la bestia. Forse aveva sentito la presenza del suo corrotto
farthankar, quello che
inavvertitamente Loraisan aveva evocato di fronte alla statua di Sethlan,
manifestando l’orrendo mostro con l’occhio bianco nella mano nera.
Mentre si avviava di nuovo verso casa, si sentì i brividi
correre lungo la schiena e il cuore in gola, pensando che le Presenze
dell’Ignoto erano legate invincibilmente alla sua persona, e che non solo lo
sentiva lui, ma che lo sentivano anche alcuni esseri, come i gatti valgiglini,
o i selvaggi nordici.
Si ripromise di parlarne alla Reverenda Madre Ravinthi non
appena fosse tornato all’eremo.
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