domenica 23 aprile 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 374° pagina.


Tuttavia, era noto che da giovane aveva partecipato al belk, come d’altra parte capitava a tanta povera gente delle campagne e delle montagne, e che perciò conosceva alcune streghe dichiarate, come Tarkisi Ferstran, la cugina di Syndrieli, che viveva non lontano da Monte Leccio.

Ravinthi, forse perché era la più vecchia, e una madre mancata, pareva essere la più sollecita di tutte le monache nei confronti di Loraisan. Dato che Harali aveva sempre poco tempo per occuparsi del bambino, aveva raccomandato alla consorella più anziana di seguirlo e sorvegliarlo.

Loraisan si era messo in testa che, siccome Ravinthi era la monaca che doveva controllare che seguisse le regole, sarebbe stata anche la più severa nel giudicare le sue paure e i suoi dubbi. Ravinthi era quella che gli metteva più soggezione, dopo la Reverenda Madre Fondatrice, e perciò era sempre restio a farle domande.

Si era sbagliato.

Un giorno particolarmente piovoso, in cui era rimasto sotto il portico del chiostro a guardare il cielo freddo e grigio vagando con le sue fantasie, si era deciso a chiedere a Ravinthi  se esistessero Quelli dalle Ali Nere, e che posto avessero nel disegno di Sil.

Era entrato nelle cucine, e trovando la monaca che sgranava piselli, lei gli aveva chiesto di aiutarla. Così, mentre stavano seduti assieme ad aprire e vuotare i baccelli, cominciarono a conversare, e lei gli chiese che cosa stava imparando in quei giorni, sui libri che stava leggendo e studiando.

Lui gli rispose che stava leggendo un antico poema che parlava di un eroe che vagava per regni favolosi e incontrava creature incredibili e mostruose, alla ricerca della sorella scomparsa, rapita da un malvagio demone dell’aria, che l’aveva trasportata nel lontano Oriente.

Quella fu l’occasione per Loraisan di chiedere qualcosa riguardo Quelli dalle Ali Nere, e se davvero venivano di notte a spiare dentro le case dalle finestre, per rubare l’anima a chi li vedeva.

«Chi ti ha parlato di Quelli dalle Ali Nere?».

«Un ragazzo più grande, che dice di averlo saputo da sua madre, che ne aveva visto uno di notte, fuori dalla finestra della sua casa».

«E che cos’altro ti ha detto?».

«Nient’altro. Mi ha raccontato questa storia, e basta. Ho provato a chiedere a un amico dei miei genitori, un Sileno, se è vero quello che mi hanno raccontato, e lui mi ha zittito subito, dicendo che di certe cose non bisogna neanche parlare, se non si vuole evocarle!».

Ravinthi fece una lunga pausa, prima di parlare ancora.

«Infatti, di certe cose i bambini non dovrebbero sapere niente. Ha fatto molto male, il tuo amico, a parlarti di quegli spiriti. Ma penso che abbia parlato per ignoranza, senza rendersi conto di ciò che ti stava raccontando».

«Ma io ho paura! Ho paura di quei demoni neri! Non riesco a non pensarci! Ogni volta che cala la notte, ho paura che vengano a trovarmi! Che vengano a portarmi via! Ho cercato, ho pregato per scacciarli dalla mente, ma non ci riesco! Ho pregato Sil ogni giorno di liberarmi dalla paura, di tenerli lontani, ma mi sembra sempre che siano là, nel buio, ad osservarmi. Quando sono da solo, quando è notte ed è tutto silenzio, mi sembra di sentirli accanto a me!».

Ravinthi lo guardò, e questa volta sembrava preoccupata sul serio.

«Ne hai mai parlato con qualcuno, di questo? La Reverenda Madre Harali lo sa?».

«No, io non le ho mai detto questo. Ho paura persino di parlarne…. i miei fratelli e le mie sorelle mi hanno sempre preso in giro per le mie paure. Poi magari anche loro si spaventano a sentire storie di stregonerie e demoni… mio fratello maggiore Erkan, il primogenito, partecipa al belk, ma nessuno vuole parlarne in famiglia, dicono che sono cose per i grandi…. Ci sono troppe cose strane che non capisco, forse se le capissi, avrei meno paura!».

Ravinthi gli afferrò la mano e la strinse, guardandolo dritto negli occhi con un’espressione che stavolta sembrava non essere meno spaventata di quella del bambino.

Si guardò attorno circospetta, per controllare che non ci fosse nessuno che li vedesse e li ascoltasse.
«Ascolta, Loraisan. Io non posso parlarti di certe cose, perché mi è proibito. Non posso trasgredire certe regole, lo sai. Forse un giorno potrò rivelarti alcune cose, ma ora no, purtroppo non posso. Ma tu sai già troppo, e vedo che sei veramente spaventato. Ascolta, allora. C’è qualcosa che devi sapere

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