Tuttavia, era noto che da giovane aveva partecipato al belk,
come d’altra parte capitava a tanta povera gente delle campagne e delle
montagne, e che perciò conosceva alcune streghe dichiarate, come Tarkisi
Ferstran, la cugina di Syndrieli, che viveva non lontano da Monte Leccio.
Ravinthi, forse perché era la più vecchia, e una madre
mancata, pareva essere la più sollecita di tutte le monache nei confronti di
Loraisan. Dato che Harali aveva sempre poco tempo per occuparsi del bambino,
aveva raccomandato alla consorella più anziana di seguirlo e sorvegliarlo.
Loraisan si era messo in testa che, siccome Ravinthi era la
monaca che doveva controllare che seguisse le regole, sarebbe stata anche la
più severa nel giudicare le sue paure e i suoi dubbi. Ravinthi era quella che
gli metteva più soggezione, dopo la Reverenda Madre Fondatrice, e perciò era
sempre restio a farle domande.
Si era sbagliato.
Un giorno particolarmente piovoso, in cui era rimasto sotto
il portico del chiostro a guardare il cielo freddo e grigio vagando con le sue
fantasie, si era deciso a chiedere a Ravinthi
se esistessero Quelli dalle Ali Nere, e che posto avessero nel disegno
di Sil.
Era entrato nelle cucine, e trovando la monaca che sgranava
piselli, lei gli aveva chiesto di aiutarla. Così, mentre stavano seduti assieme
ad aprire e vuotare i baccelli, cominciarono a conversare, e lei gli chiese che
cosa stava imparando in quei giorni, sui libri che stava leggendo e studiando.
Lui gli rispose che stava leggendo un antico poema che
parlava di un eroe che vagava per regni favolosi e incontrava creature
incredibili e mostruose, alla ricerca della sorella scomparsa, rapita da un
malvagio demone dell’aria, che l’aveva trasportata nel lontano Oriente.
Quella fu l’occasione per Loraisan di chiedere qualcosa
riguardo Quelli dalle Ali Nere, e se davvero venivano di notte a spiare dentro
le case dalle finestre, per rubare l’anima a chi li vedeva.
«Chi ti ha parlato di Quelli dalle Ali Nere?».
«Un ragazzo più grande, che dice di averlo saputo da sua
madre, che ne aveva visto uno di notte, fuori dalla finestra della sua casa».
«E che cos’altro ti ha detto?».
«Nient’altro. Mi ha raccontato questa storia, e basta. Ho
provato a chiedere a un amico dei miei genitori, un Sileno, se è vero quello
che mi hanno raccontato, e lui mi ha zittito subito, dicendo che di certe cose
non bisogna neanche parlare, se non si vuole evocarle!».
Ravinthi fece una lunga pausa, prima di parlare ancora.
«Infatti, di certe cose i bambini non dovrebbero sapere
niente. Ha fatto molto male, il tuo amico, a parlarti di quegli spiriti. Ma
penso che abbia parlato per ignoranza, senza rendersi conto di ciò che ti stava
raccontando».
«Ma io ho paura! Ho paura di quei demoni neri! Non riesco a
non pensarci! Ogni volta che cala la notte, ho paura che vengano a trovarmi!
Che vengano a portarmi via! Ho cercato, ho pregato per scacciarli dalla mente,
ma non ci riesco! Ho pregato Sil ogni giorno di liberarmi dalla paura, di
tenerli lontani, ma mi sembra sempre che siano là, nel buio, ad osservarmi.
Quando sono da solo, quando è notte ed è tutto silenzio, mi sembra di sentirli
accanto a me!».
Ravinthi lo guardò, e questa volta sembrava preoccupata sul
serio.
«Ne hai mai parlato con qualcuno, di questo? La Reverenda
Madre Harali lo sa?».
«No, io non le ho mai detto questo. Ho paura persino di
parlarne…. i miei fratelli e le mie sorelle mi hanno sempre preso in giro per
le mie paure. Poi magari anche loro si spaventano a sentire storie di
stregonerie e demoni… mio fratello maggiore Erkan, il primogenito, partecipa al
belk, ma nessuno vuole parlarne in famiglia, dicono che sono cose per i
grandi…. Ci sono troppe cose strane che non capisco, forse se le capissi, avrei
meno paura!».
Ravinthi gli afferrò la mano e la strinse, guardandolo
dritto negli occhi con un’espressione che stavolta sembrava non essere meno
spaventata di quella del bambino.
Si guardò attorno circospetta, per controllare che non ci
fosse nessuno che li vedesse e li ascoltasse.
«Ascolta, Loraisan. Io non posso parlarti di certe cose, perché mi è
proibito. Non posso trasgredire certe regole, lo sai. Forse un giorno potrò
rivelarti alcune cose, ma ora no, purtroppo non posso. Ma tu sai già troppo, e
vedo che sei veramente spaventato. Ascolta, allora. C’è qualcosa che devi
sapere
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