martedì 10 maggio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 92° pagina.


Seduta nel cocchio sotto il baldacchino, muovendo ininterrottamente il suo ventaglio, l’alkati chiedeva il parere del dottore, nel tentativo di poter valutare in qualche modo la situazione ancor prima di arrivare alla Polenta Verde.

«Dottore, voi che siete una persona così colta…. pensate di poter valutare il valore di questo presunto tempio sotterraneo?».

«Non sono un esperto di oggetti antichi, signora Kaper, ma penso di poter dire che, se è vero tutto quello che Maxtran dice, e penso che sia sincero, ci troviamo di fronte forse al più grande ritrovamento dei tempi antidiluviani che siano mai stati scoperti in tutto il Veltyan».

«Significa dunque che potremmo diventare una delle località più famose e rinomate di tutto il Regno Verde?».

«Decisamente sì, se è vero quello che ci ha raccontato Maxtran».

L’alkati si sentì temporaneamente soddisfatta. Si rilassò sul suo sedile e cominciò a meditare e progettare il futuro, domandandosi se sarebbe stato possibile espropriare la famiglia Akapri e farne una proprietà dello Stato che, naturalmente, sarebbe stata amministrata da lei.

Dentro di sé, Velthur invece pensava a come fare per metterle i bastoni tra le ruote, dato che sapeva benissimo cosa stava meditando la vecchia arraffona.

Quando arrivarono alla fattoria degli Akapri, trovarono i coniugi Kalpur che stavano seduti nel portico di fronte al cortile, conversando con Larthi che aveva servito loro acqua, cibo e vino.

«Finalmente siete arrivata, alkati!» la salutò il sacerdote Atar, alzando faticosamente il suo grosso e grasso corpo dalla sedia del portico.

«Reverendo Padre, quando succede qualcosa nei villaggi, i sacerdoti sono i primi a saperlo e gli alkati gli ultimi. Se fossi stata la prima ad essere avvertita, potreste giurarci che sarei già stata qui da parecchio tempo!».

«Suvvia, mia cara signora Kaper, sappiate che non siamo neanche andati a vedere da soli questo tempio favoloso di cui parlano i qui presenti Akapri, solo per aspettare la vostra venuta».

«E come mai? Non avevate fretta di sapere se si trattava davvero di un luogo sacro, da onorare degnamente per non attirare l’ira della divinità che lo possiede?».

Atar allargò le braccia, con un sorriso pacioso e paciere sulla lunga barba sale e pepe.

«Ma perché si tratta di una cosa così eccezionale che dovremo pure decidere assieme che cosa fare di questa grande scoperta!».

Poi si voltò reverente verso Larthi.

«Intendo… con l’accordo e il permesso dei qui presenti proprietari della scoperta, beninteso!».

«Bene, allora non perdiamo altro tempo. Sono molto ansiosa di vedere questo luogo favoloso!».

Maxtran, che aveva preceduto il cocchio dell’alkati a cavallo, era già giunto all’entrata del tempio, dove il figlio minore di sedici anni, Haral, sorvegliava il luogo.

Quando si trovarono tutti là, la sacerdotessa Alixi disse: «Dovremo davvero entrare in quel buco oscuro in fondo a quelle scale? Sembra l’entrata all’Orkhun! Non c’è pericolo di crolli?».

«Reverenda Madre, facciamo così. Prima scenderà Maxtran Akapri con i gendarmi, seguiti da me e dal dottore, e voi e il vostro augusto consorte ci seguirete quando vi avremo assicurato che non sembrano esserci pericoli…. o se preferite, restate pure qui voi e lasciate andare il Reverendo Padre, ché tanto basta un solo sacerdote per officiare il rito di benedizione».

Il tono canzonatorio dell’alkati indispettì e offese la sacerdotessa quel tanto che bastava per far sì che il suo orgoglio battesse i suoi timori.

«No, procedo io e mio marito con i gendarmi, e voi, alkati, procedetemi dietro! Come avete detto voi stessa, siamo stati noi i primi a venire avvertiti, come era giusto che fosse!».

Maxtran bisbigliò nell’orecchio di Velthur.

«Non sapevo che ci fosse così poca amicizia fra l’alkati e i sacerdoti….».

«Mio caro amico, credo che i Kalpur detestino l’alkati più di quanto detestano me, anzi sicuramente. Io sono solo seguace di un’altra religione, in fin dei conti, ma l’alkati ha il triplo dei soldi e dei beni che hanno loro….».

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