sabato 14 maggio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 96° pagina.


Polenta Verde e a chiamarla così. E neanche loro si erano accorti di niente… fino a ieri! Ma ai tempi in cui fu costruita, non doveva essere semplicemente una tomba che era stata sigillata subito dopo la sepoltura del Gigante. Era un tempio, un santuario frequentato dalla gente che vi veniva ad adorare Silen e il Gigante. Vedete le ultime scene dei bassorilievi? Mostrano la gente in adorazione qui dentro.

La lastra di pietra che ha sigillato il luogo, deve essere stata posta molto tempo dopo, forse un poco prima del Diluvio, proprio per proteggerlo, forse».

«Il Tinsina Entinaga dice che a quel tempo, prima del Diluvio, la gente non ebbe nessun sentore della catastrofe. Vivevano, si sollazzavano, si godevano la vita e perpetravano il male senza preoccuparsi dell’avvenire, sicuri di rimanere a lungo su Kellur. Solo il saggio re Manowa, il  nostro Padre ancestrale, fu avvertito dal Dio dell’Abisso che sarebbero giunte le acque del Diluvio, e perciò solo lui e la sua gente poterono prepararsi al cataclisma e salvarsi, e i pochi pastori e montanari ignoranti che poterono salvarsi in cima alle montagne».

«Chissà…. forse non c’era solo Manowa a saperlo, o forse è stato lui stesso a far chiudere questo santuario!».

«Il Tinsina Entinaga dice anche il re Manowa venne, con la sua Arca della Salvezza, dall’Estremo Meridione oltre il Grande Oceano, dalla terra di Amentur. Non viveva qui, prima del Diluvio. Anzi, non venne qui neanche dopo il Diluvio, fu suo nipote Ankhaymon a giungere per la prima volta nel Veltyan e diventare il nostro antenato….».

Velthur sapeva che quella era anche l’occasione per lo scontro con l’ottusità dei sacerdoti.

«Forse il Tinsina Entinaga non dice tutta la verità…. forse qui scopriremo molte cose che non sono state scritte in quel libro».

«Ve lo lascio dire, perché so che siete un infedele, un miscredente irrecuperabile. Ma non pensiate che io sia disposto a credere che qui troveremo qualcosa che vada contro i testi che i nostri antenati ci hanno lasciato per volere degli Dei, in cui voi non credete».

«Oh, io non pretendo certo di convincervi di niente. Semplicemente, spero che queste iscrizioni ci dicano cose che prima non sapevamo. Staremo a vedere, sarà un lungo studio….».

«Invece di pensare a ciò che potrebbe succedere in futuro, io penso a ciò che deve succedere fra poco. Domani mattina mi recherò io stesso ad Enkar, e chiederò udienza agli Shepenna per informarli di ciò che è stato scoperto qui. Chiederò che questo santuario venga dichiarato monumento storico e luogo di culto, e mi occuperò personalmente di celebrare i riti per onorare Silen…..».

«E cercherete di attirare pellegrini a man bassa per guadagnare un bel po’ di soldi da spartire con gli Akapri, con i quali in ogni caso dovrete fare i conti….».

«Sempre che non vogliano vendere la proprietà…..».

«Per che cifra, Reverendo Padre? Crede di poterli imbrogliare? Avrebbero capito da soli l’importanza di quello che hanno, anche se non glielo avessi detto io!».

«Ci potete giurare, dottore! E adesso posso dirlo: questo posto ce lo terremo ben stretto, perché è un regalo che è stato fatto a noi, da una Fata in persona!».

Il gruppo di autorità rimase in silenzio, mentre prima parlavano fra di loro concitati ed emozionati. La voce di Maxtran aveva sopravanzato tutte le altre, risonando nella cupola, e dando alle sue parole un tono da decreto divino e sacro.

Inoltre, alle autorità del Veltyan, di qualsiasi tipo, non faceva mai piacere sapere che in una qualsiasi questione vi entrassero le Fate.

La prima a rompere il silenzio fu l’alkati Kaper.

«… come, scusate? Questo posto vi è stato regalato da una Fata? In che senso, dato che era già di vostra proprietà?».
A quel punto, Maxtran vuotò il sacco. Parlò dello scialle fatato che aveva trovato in cima a Monte Leccio, della Fata che era venuta due notti prima a chiedere indietro lo scialle in cambio di un regalo, cioè della rivelazione dell’ubicazione di qualcosa di prezioso nascosto nel terreno, e di come li aveva condotti proprio all’ingresso del santuario sotterraneo, dicendo loro di scavare ma senza

Nessun commento:

Posta un commento