Lo stile in cui erano stati scolpiti i bassorilievi d’ambra
era quello che aveva già visto in altri reperti disegnati sui suoi libri. Una
volta, a Enkar aveva visto in casa di un ricco collezionista il frammento di un
vaso antidiluviano, con disegni che ricordavano quei bassorilievi.
Chiaramente, i bassorilievi narravano la storia del
personaggio che era sepolto in quel luogo. Si vedevano scene di battaglie con
guerrieri rivestiti da corazze di squame e placche di metallo, con elmi
cornuti; alcuni erano Giganti, altri
erano Uomini. I Giganti erano i condottieri degli eserciti, e fra tutte le
figure, ne spiccava una più alta di tutti gli altri, con un elmo che
rappresentava una testa di toro, la testa calva quando era scoperta, e una
lunga barba intrecciata.
I bassorilievi lo mostravano mentre vinceva eserciti nemici
di Uomini e Giganti. Una serie di battaglie che si concludeva con il trionfo
finale, con i vinti condotti nudi e in catene dietro il cocchio del vincitore
che attraversava una città dalle alte torri.
Ma c’erano anche altri bassorilievi, che narravano altri
episodi della vita del re o condottiero senza nome.
Una delle scene finali riguardava, a sorpresa, un Nano. Lo
si vedeva chiaramente ricevuto dal condottiero gigantesco nel suo palazzo. Il
Nano gli offriva un oggetto particolare, inidentificabile. Sembrava una specie
di cristallo, di pietra sfaccettata in modo da sembrare un fiore, dai petali
acuminati. Pareva una sorta di giglio stilizzato.
La scena seguente era ancora più enigmatica: si vedeva il
Gigante che teneva in mano il presunto fiore di cristallo e lo fissava, mentre
da esso sembrava promanare una sorta di nebbia, o di nuvola, che saliva in alto
e in cui compariva un grande occhio, inquietante e inumano, con l’iride a
cerchi concentrici.
Nella scena seguente, si vedeva la morte del Gigante, caduto
a terra con un’espressione di orrore sul volto. Nella scena seguente, il Nano
veniva decapitato pubblicamente.
La scena finale mostrava la sepoltura del Gigante nel
mausoleo-tempio, in cui poi veniva adorato come una divinità assieme al
Dio-Toro, sotto la cui immagine era stato sepolto.
Dai bassorilievi, sembrava di capire che lo considerassero
un figlio, o forse un’incarnazione dello stesso Dio-Toro.
Dopo aver guardato i bassorilievi, Velthur guardò le
iscrizioni. Vedeva chiaramente che si trattava dell’antico alfabeto
antidiluviano, da cui derivava l’attuale alfabeto dei Thyrsenna.
Da giovane aveva imparato - più per gioco che per vero
interesse - quell’alfabeto, ma dell’antica lingua antidiluviana non sapeva
praticamente nulla, se non qualche parola.
Anche se la lingua thyrseniakh derivava dall’antidiluviano,
c’erano stati troppi cambiamenti perché si potesse capirla con facilità, se non
per qualche parola rimasta abbastanza simile.
«Bisognerà trovare un esperto dell’antico quiru, la lingua
antidiluviana, per riuscire a scoprire cosa narrano queste iscrizioni. Io
purtroppo non posso tradurle».
«Ma si può, dottore?» chiese Atar, che si era avvicinato
anche lui ai bassorilievi «Potremo sapere tutta la storia di quel Gigante?».
«Sicuramente sì, ma chissà quanto tempo ci vorrà. Voi non
conoscete nessuno che possa conoscere il quiru?».
«No, purtroppo. Ma appena si spargerà la voce, potete stare
sicuro che molti studiosi di cose antiche si fionderanno qui, e faranno a botte
per avere il privilegio di tradurre le iscrizioni».
«In ogni caso, ci vorrà molto tempo per riuscire a tradurre
in modo credibile un così lungo testo in una lingua morta da quasi quattromila
anni. E io sarei tanto curioso…. è l’occasione per conoscere molti segreti
dimenticati del nostro passato. Un’occasione unica che dovremo stare attenti a
non perdere».
«È incredibile il fatto che questo luogo abbia potuto
conservarsi intatto fino ad oggi. Nessun ladro è entrato a derubare il luogo. A
parte l’ambra alchemica, ci sono poi oggetti di elettro: gli orli dei tripodi,
le corna e gli zoccoli del Dio, e diverse altre decorazioni».
«Il fatto che ci troviamo in un luogo abbastanza isolato e poco popolato
ha fatto sì che nessuno pensasse di scavare qui. Nessuno qui ha mai saputo che
si trattava di una costruzione artificiale. Prima che vi arrivassero gli
Akapri, qui c’erano solo boschi. Sono stati loro a piantare le viti sulla
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