mercoledì 18 maggio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 99° pagina.


Ero anche io in cima a Monte Leccio, sono stato io a chiedere a Maxtran, tramite un mio amico, di venire con me a fare un sopralluogo là, per capire cosa vi stava succedendo. Andrò a fondo della cosa, e vi riferirò tutto».

E mentre lo diceva, Velthur pensò che si trattava forse della più grande bugia che avesse mai raccontato nella sua vita. Perché, di ciò che avesse scoperto, non c’era alcuna assicurazione che ne avrebbe poi voluto parlare a delle persone che, nel suo intimo, disprezzava alquanto.

E, d’altra parte, aveva già dovuto conservare parecchi segreti su cose che aveva cercato di dimenticare, e che gli eventi recenti gli avevano fatto drammaticamente ricordare.

E fu proprio in quel momento che gli torno in mente Prukhu, il vecchio Sileno, il suo amico, che l’aveva lasciato una sera con frasi enigmatiche.

Quell’amico che ora voleva, a tutti i costi, ritrovare.





CAP. XI: L’EREDITÁ DELL’IGNOTO



Una sera di tiniantin, sesto giorno della settimana, a metà del mese della Vergine, Velthur e Larsin si concedevano un paio di calici di birra al Kranu Belz, l’osteria del Gatto Nero, accanto al ponte sul fiume di Arethyan, per parlare degli sviluppi della situazione.

La calura era finalmente finita, e seduti a uno dei tavoli sotto il portico dell’osteria,  si godevano il fresco delle ultime sere d’estate.

«Così, dunque, la Prima Reverenda Madre, la Shepen d’Enkar,  l’ha nominato kamethei etariakh del Santuario d’Ambra di Silen?» chiese Larsin, sorseggiando la sua birra.

«Già, sacerdote della plebe. La Reverenda Madre voleva consacrare anche sua moglie Larthi, ma lei stranamente ha rifiutato. Non si sa perché. Così la nostra beneamata Shepen ha consacrato la figlia maggiore, Maxaleni, che ormai ha raggiunto la maggiore età, salvando così la tradizione che vuole almeno due sacerdoti, un uomo e una donna, per ogni tempio di una certa importanza, e possibilmente della stessa famiglia».

«Ah, sarà divertente chiamare d’ora in poi il vecchio soldato “Reverendo Padre”… te lo immagini, Velthur?».

«No, decisamente no. Ma pare che stia entrando molto bene nella parte. Si sta facendo crescere una folta barba sotto i suoi baffoni militari. E si sta comprando libri di teologia, di rituali e di misticismo per farsi una cultura sacerdotale. E a malapena sa leggere.

Diciamo pure che si è montato la testa. Ma sarebbe stato strano se non l’avesse fatto».

«Ambizioso lo è sempre stato. Il guaio è che non essendo riuscito a fare carriera nell’esercito, si è rassegnato a fare il contadino. Ma ha sempre cercato dei mezzucci per cercare di diventare ricco. Cose illegali. Coltivava l’assenzio per la produzione di birra verde e lo vendeva ai produttori della malavita di Enkar, mimetizzandolo con altri prodotti della sua fattoria. Ma adesso penso che non ne avrà più bisogno. Almeno credo. Ora dovrà cambiare vita, no?».

«Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Sai quanti sacerdoti si danno anche loro al commercio di birra verde?».

«Già… dimenticavo che tu sei un esperto di storielle piccanti sui sacerdoti… però credo che Maxtran ora farà un sacco di soldi. Chissà che non si raddrizzi».

«Oh, ci puoi giurare! Lo scorso usiltin hanno cominciato a venire i pellegrini dai paesi vicini, e parecchi curiosi. La famiglia Akapri ha improvvisato una locanda nel portico del cortile.

Proprio là dove abbiamo bevuto il sidro quell’altro usiltin…. io lo chiamo l’Usiltin Nero. Lì ristorano i visitatori in cambio dei soldi che, dicono loro, serviranno a sistemare l’entrata del Santuario d’Ambra. Così la gente si sente spinta a dare laute mance, pensando di conquistarsi il favore di Silen.
A Maxtran e Maxaleni hanno già dato un anticipo sul primo stipendio statale. Mi hanno detto che vogliono ampliare la fattoria, farla diventare una grande locanda per i pellegrini, perché presto cominceranno a venire anche da lontano, da sempre più lontano man mano che la notizia della

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