Ero anche io in cima a Monte Leccio, sono stato io a
chiedere a Maxtran, tramite un mio amico, di venire con me a fare un
sopralluogo là, per capire cosa vi stava succedendo. Andrò a fondo della cosa,
e vi riferirò tutto».
E mentre lo diceva, Velthur pensò che si trattava forse
della più grande bugia che avesse mai raccontato nella sua vita. Perché, di ciò
che avesse scoperto, non c’era alcuna assicurazione che ne avrebbe poi voluto
parlare a delle persone che, nel suo intimo, disprezzava alquanto.
E, d’altra parte, aveva già dovuto conservare parecchi
segreti su cose che aveva cercato di dimenticare, e che gli eventi recenti gli
avevano fatto drammaticamente ricordare.
E fu proprio in quel momento che gli torno in mente Prukhu,
il vecchio Sileno, il suo amico, che l’aveva lasciato una sera con frasi
enigmatiche.
Quell’amico che ora voleva, a tutti i costi, ritrovare.
CAP. XI: L’EREDITÁ DELL’IGNOTO
Una sera di tiniantin, sesto giorno della settimana, a metà
del mese della Vergine, Velthur e Larsin si concedevano un paio di calici di
birra al Kranu Belz, l’osteria del
Gatto Nero, accanto al ponte sul fiume di Arethyan, per parlare degli sviluppi
della situazione.
La calura era finalmente finita, e seduti a uno dei tavoli
sotto il portico dell’osteria, si
godevano il fresco delle ultime sere d’estate.
«Così, dunque, la Prima Reverenda Madre, la Shepen d’Enkar, l’ha nominato kamethei etariakh del Santuario d’Ambra di Silen?» chiese Larsin,
sorseggiando la sua birra.
«Già, sacerdote della plebe. La Reverenda Madre
voleva consacrare anche sua moglie Larthi, ma lei stranamente ha rifiutato. Non
si sa perché. Così la nostra beneamata Shepen ha consacrato la figlia maggiore,
Maxaleni, che ormai ha raggiunto la maggiore età, salvando così la tradizione
che vuole almeno due sacerdoti, un uomo e una donna, per ogni tempio di una
certa importanza, e possibilmente della stessa famiglia».
«Ah, sarà divertente chiamare d’ora in poi il vecchio
soldato “Reverendo Padre”… te lo immagini, Velthur?».
«No, decisamente no. Ma pare che stia entrando molto bene
nella parte. Si sta facendo crescere una folta barba sotto i suoi baffoni
militari. E si sta comprando libri di teologia, di rituali e di misticismo per
farsi una cultura sacerdotale. E a malapena sa leggere.
Diciamo pure che si è montato la testa. Ma sarebbe stato
strano se non l’avesse fatto».
«Ambizioso lo è sempre stato. Il guaio è che non essendo
riuscito a fare carriera nell’esercito, si è rassegnato a fare il contadino. Ma
ha sempre cercato dei mezzucci per cercare di diventare ricco. Cose illegali.
Coltivava l’assenzio per la produzione di birra verde e lo vendeva ai
produttori della malavita di Enkar, mimetizzandolo con altri prodotti della sua
fattoria. Ma adesso penso che non ne avrà più bisogno. Almeno credo. Ora dovrà
cambiare vita, no?».
«Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Sai quanti sacerdoti
si danno anche loro al commercio di birra verde?».
«Già… dimenticavo che tu sei un esperto di storielle
piccanti sui sacerdoti… però credo che Maxtran ora farà un sacco di soldi.
Chissà che non si raddrizzi».
«Oh, ci puoi giurare! Lo scorso usiltin hanno cominciato a
venire i pellegrini dai paesi vicini, e parecchi curiosi. La famiglia Akapri ha
improvvisato una locanda nel portico del cortile.
Proprio là dove abbiamo bevuto il sidro quell’altro
usiltin…. io lo chiamo l’Usiltin Nero. Lì ristorano i visitatori in cambio dei
soldi che, dicono loro, serviranno a sistemare l’entrata del Santuario d’Ambra.
Così la gente si sente spinta a dare laute mance, pensando di conquistarsi il favore
di Silen.
A Maxtran e Maxaleni hanno già dato un anticipo sul primo stipendio
statale. Mi hanno detto che vogliono ampliare la fattoria, farla diventare una
grande locanda per i pellegrini, perché presto cominceranno a venire anche da
lontano, da sempre più lontano man mano che la notizia della
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