domenica 8 maggio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 91° pagina.


Maxtran glielo spiegò, ma non gli raccontò tutta la storia di come l’avesse trovato, né della Fata, né di come l’entrata del tempio fosse stata scoperchiata misteriosamente durante la notte. Anche nella concitazione del momento, era abbastanza lucido da sorvolare sui particolari più strani e assurdi.

Non disse neanche nulla dello strano aspetto che aveva il corpo del Gigante dentro la tomba, né degli strani fuochi perenni che illuminavano il luogo. Disse solo che si poteva vederlo bene dietro una lastra di cristallo, e che c’erano delle lampade perenni che permettevano di vedere tutto molto bene.

Man mano che parlava e descriveva quello che aveva visto, Maxtran sembrava perdere la sua concitazione. E quando ebbe finito, il dottor Laran pensò bene di ammansire Alixi Kalpur..

«Sembra che sia necessaria una visita da parte sua o da parte del suo consorte, Reverenda Madre. Se è davvero un tempio sotterraneo, quello che ha scoperto il qui presente Maxtran Akapri, bisognerà fare visita alla divinità che vi alberga e ammansirla con qualche preghiera e qualche offerta. Non potrà certo permettere che possa venire profanato un antico luogo consacrato….».

«Si preoccupa degli Dei, dottore? Comincia a credere alla loro esistenza?».

«Oh no, non ci speri. Volevo solo dire che, per chi crede in loro, è necessario che un sacerdote o una sacerdotessa si rechino nella proprietà degli Akapri a verificare e a svolgere il loro dovere. Non certo quello richiesto da me, ma quello richiesto dagli stessi Dei che dicono di servire…. o sbaglio?».

«No, non sbaglia. Ma lei crede davvero che questo vecchio avvinazzato abbia scoperto un tempio segreto nel suo campo?».

«Se non volete venire voi, Reverenda Madre, vedrò di andare io a verificare. E sicuramente profanerò quel tempio con la mia empia presenza di seguace di un culto nemico degli Dei».

La sacerdotessa sospirò e lo guardò con un cipiglio fra la disapprovazione e la sopportazione, poi si avviò verso casa.

«Vado a dire agli schiavi di preparare il cocchio. Ma dovrò aspettare il rientro di mio marito. È fuori di casa per officiare proprio la benedizione di un campo di mais, guarda caso».

«Bene, Maxtran, andiamo ad avvertire l’alkati. Scommetto che quella, invece, non sarà affatto scettica al riguardo. Se trova anche una sola possibilità di guadagnare qualcosa, si può star certi che coglie subito l’occasione!».

«Quella avrei voluto avvertirla per ultima. D’altra parte, non si poteva nasconderglielo. Ma non vorrei mai darle l’occasione di appropriarsi di quello che ho trovato, a meno che non me lo paghi a peso d’oro. E credo che solo la Kyrenni in persona, o un membro del Magistero, o uno dei più ricchi e potenti Shepenna, potrebbe permetterselo».

«Ti auguro che sia vero. Ma allora, forse ti sarebbe difficile trovare un acquirente per il tuo tesoro».

Si avviarono verso la palazzina dell’alkati, e come aveva previsto il dottor Laran, Ennari Kaper subodorò l’occasione per guadagnare qualcosa di consistente. Sapeva bene che nobili, sacerdoti e ricchi alchimisti amavano le antichità, soprattutto antidiluviane. Se c’era modo di attirare l’attenzione di gente facoltosa su quel piccolo sperduto villaggio ai confini della civiltà, allora lei ne avrebbe ottenuto non solo importanti riconoscimenti, ma anche e soprattutto un notevole ritorno economico.

La possibilità di attirare pellegrini e curiosi in visita anche solo ai resti di quello che era stato un tempio antidiluviano era da prendere in considerazione, anche se era più probabile che il vecchio Maxtran si fosse rincoglionito.

Nel pomeriggio, tutte le autorità di Arethyan erano giunte, chi con il cocchio, chi a cavallo, ai piedi della Polenta Verde.

Velthur poté salire sul cocchio dell’alkati perché era considerato “esperto in cose antiche” in quel luogo dove le uniche persone con un’istruzione elevata erano i sacerdoti e i loro parenti prossimi. Nemmeno gli alkati in paesi del genere avevano una cultura che superasse di molto la capacità di leggere e scrivere decentemente.

Tre gendarmi seguivano a cavallo il cocchio dell’alkati, con l’ordine, una volta arrivati, di tenere lontana la gente che avesse voluto entrare nel tempio prima delle autorità.

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