dire loro di cosa si trattasse. E parlò anche
dell’enigmatico monito che aveva proferito, cioè che non avrebbero dovuto
toccare per nessun motivo ciò che si trovava “dietro l’altare”.
Mentre raccontava, Velthur sudava freddo. Avrebbe preferito
che Maxtran avesse raccontato solo a lui quella storia, che tra l’altro aveva
collegamenti con quello che era successo sul Monte Leccio. L’emozione, o meglio
l’esaltazione, l’avevano reso imprudente. Quello che aveva scoperto era troppo
anche per un vecchio astuto veterano come lui.
I due sacerdoti, l’alkati e i tre gendarmi si guardarono fra
di loro, perplessi e sconcertati.
Anche questa volta, fu Errani Kaper a parlare per prima.
«Tutto questo in cambio della restituzione di uno scialle?
Le Fate, dunque, sapevano di questo posto?».
«Quelle sanno tutto. Vedono ciò che noi non vediamo, sentono
ciò che noi non sentiamo. Non lo sapete, alkati?»
«Reverenda Madre, io non mi stupisco del fatto che chi
pratica la magia potesse sapere già di questo luogo, quanto piuttosto del
perché alle Fate potesse interessare che noi lo scoprissimo».
«Come sarebbe a dire?».
«Beh, non vorrete mica credere che semplicemente la Fata in questione voleva solo
ricompensarli di avergli restituito uno scialle, vero?».
«Perché no? In fin dei conti, a lei non è costato niente,
no? Il tempio era qua da sempre, la
Fata ha solo dovuto dire loro dov’era. A quanto ne so, le
Fate danno molta importanza ai loro oggetti personali, perché oltre a quello
non possiedono niente, vivendo nella foresta e presso le fonti, senza averi e
senza proprietà.
Ma all’opposto, per loro quello che per noi è tanto prezioso
non vale nulla o quasi. Scommetto che questo tempio nella sua magnificenza non
è assolutamente niente di più di una caverna come tutte le altre, per loro».
«Sarà…. ma mi sembra una strana coincidenza. Quella perde lo
scialle in cima al monte, Maxtran lo ritrova, lei si presenta alla porta di
lui, perché sa che l’ha preso lui e gli dice che guarda caso c’è una delle cose
più belle e straordinarie di tutto il Regno Verde proprio nella sua proprietà….
Non vi sembra strano, Reverenda Madre? Se sapeva che Maxtran aveva raccolto lo
scialle, non avrebbe dovuto sapere anche prima dove l’aveva perso?».
«E allora cosa dovremmo pensare? Che ci stia sotto qualche
trappola fatata?».
«Non lo so. Cosa significa, per esempio, quella
raccomandazione di non toccare ciò che sta dietro l’altare? Dietro l’altare ci
sono solo i gradini e poi la statua del Dio, e sotto di essa c’è la tomba del
Gigante. Ora, è ovvio che non bisogna toccare ciò che c’è di più sacro in
questo tempio. Perché avrebbe dovuto fare una raccomandazione del genere?».
«Forse era un incitamento a proteggere il luogo da ogni
sacrilegio».
«Forse. O forse non hanno capito bene cosa ha detto».
«Demoni degli Inferi, alkati!
Ho capito bene cosa ha detto quella Fata. L’ho sentita bene sia io che mia
moglie che i miei figli! Ha detto chiaramente che non dovevamo toccare per
nessun motivo ciò che troveremo dietro l’altare. E infatti è una cosa… anzi due
cose, che proprio non bisogna toccare! Forse non si fidava tanto di noi, ecco
tutto! E per quanto riguarda lo scialle, dice che lei non poteva recuperare lo
scialle su Monte Leccio perché era divenuto un luogo pericoloso per loro!».
«Davvero? E perché sarebbe diventato un luogo pericoloso?».
Maxtran avrebbe voluto mordersi la lingua per punirsi della
sua loquacità.
«Uh, non lo so…. non me lo ha detto…. forse hanno paura di
qualche brigante… che ne so io?».
Per fortuna sua, l’alkati non insistette.e la discussione si
spostò subito dopo a cosa si sarebbe dovuto fare.
Maxtran disse che forse la cosa migliore sarebbe stata
rimettere la lastra di pietra scolpita sopra l’entrata del tempio, per
assicurarsi che nessun malintenzionato vi potesse accedere, in attesa che
venissero gli inviati dell’autorità di Enkar o dalla capitale.
Il dottore colse l’occasione per domandargli come avesse
fatto a sollevarla.
Maxtran, con un certo imbarazzo, gli raccontò la verità.
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