«Questo chiedilo a un sacerdote…. Magari alla sacerdotessa
Thanxiel, la prossima volta che viene in visita da voi….».
Chissà che non la faccia andare in crisi, si disse Velthur.
Sarebbe stato proprio contento di sapere che Loraisan tormentava la sua
ex-compagna notturna subissandola di domande imbarazzanti sulle contraddizioni
della sua religione. E se quella donna avesse cercato di dare la colpa a
Velthur per l’intraprendenza intellettuale del bambino, lui sarebbe stato
pronto a replicare che si era limitato a far leggere a Loraisan i sacri testi
dell’antica tradizione, senza alcun commento.
Sarebbe stata una grande soddisfazione per lui.
Durante la lezione successiva, Loraisan lesse l’ultima parte
del racconto del Diluvio.
La Madre Terra intera
fu sommersa, e la sua forma e il suo aspetto cambiarono. Della stirpe degli
Uomini nessuno si salvò, se non coloro che erano nell’Arca.
Aisdan, la grande
isola dei Giganti fu sommersa per sempre, e mai più riapparve alla luce del
sole.
Ma Tituan, l’ultimo
Gran Re dei Giganti, quando la stella Bal cadde giù dal cielo, si trovava a
salire la Montagna dalle Sette Balze assieme alla sua famiglia e alla sua
corte, e quando raggiunsero la cima, contemplò le acque del Diluvio che
sommergevano le terre sotto di loro.
Allora fu preso da una
grande furia, e inveì contro il cielo, maledicendo Sin e tutti gli Dei che avevano
maledetto la Madre Terra.
Così prese il suo
grande arco d’argento, simile a una falce di luna, e scagliò una magica freccia
d’argento verso il cielo, che con una scia di fuoco raggiunse il firmamento,
come estremo atto di ostilità al Padre degli Dei e di tutte le creature.
E allora Sin punì il
Gran Re dei Giganti trasformandolo in pietra, i familiari e i seguaci del Gran
Re fuggirono e si nascosero nelle cavità del monte Kadatlas, e lì attesero che
le acque si ritirassero, per poi scendere dai fianchi della montagna.
In questo modo la
stirpe dei Giganti non si estinse del tutto.
E i discendenti di
Tituan vivono ancora presso il monte Kadatlas, custondendo i segreti del mondo
antico.
Dopo quaranta giorni e
quaranta notti di pioggia, le nuvole si dispersero, e il sole tornò a
splendere. Manowa uscì sul tetto dell’Arca, ma non vedeva terra in alcun punto.
Allora liberò una delle sue colombe, nella speranza che trovasse terra. Ma la
colomba tornò all’Arca, perché non aveva trovato terra dove posarsi. Per altri
due giorni inviò la colomba sopra il mare, e il terzo giorno finalmente essa
non tornò.
Allora Manowa discese
dentro l’Arca e cominciò a risvegliare il suo popolo dal grande sonno, mentre i
Figli dell’Abisso sospingevano l’Arca verso la terra vicina.
Alla fine, l’Arca
approdò alle coste della terra di Edan Synair, ai piedi dei Monti di Ad.
Il fango ricopriva
ogni cosa, ma col passare del tempo la vita ritornò sulla Madre Terra.
Nel luogo d’approdo,
sulla costa meridionale della grande isola di Edan Synair, Manowa si stabilì
con la sua famiglia e il suo popolo, che si sparpagliò in quella terra.
Quando i suoi tre
figli maschi divennero adulti, egli divise la grande isola di Edan Synair in
tre regni distinti. Il figlio maggiore, Shem, ebbe la costa occidentale, dove
fondò la città di Midian. La regione settentrionale fu data a Khaam, il
secondogenito, che vi fondò la città di Thyrnis, e la regione prese il nome del
suo primo re.
Manowa tenne per sé la
costa meridionale, e la lasciò in eredità all’ultimogenito Iasabat, che fondò
la città di Iubar, che divenne la più grande e potente delle tre. Il regno di
Iubar poi venne chiamato Sabat, dal nome del suo primo re.
Questa fu l’opera del
re Manowa dopo il Diluvio, e con questi tre regni la storia degli Uomini ricominciò.
L’interno della grande
isola non lo prese nessuno, perché era occupato dal Deserto Rosso, che era sede
solo di lucertole, scorpioni, serpenti e infestato dai demoni. Tanto che
nessuno voleva attraversarlo, né tantomeno reclamarne il possesso.
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