domenica 12 febbraio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 329° pagina.


«Questo chiedilo a un sacerdote…. Magari alla sacerdotessa Thanxiel, la prossima volta che viene in visita da voi….».

Chissà che non la faccia andare in crisi, si disse Velthur. Sarebbe stato proprio contento di sapere che Loraisan tormentava la sua ex-compagna notturna subissandola di domande imbarazzanti sulle contraddizioni della sua religione. E se quella donna avesse cercato di dare la colpa a Velthur per l’intraprendenza intellettuale del bambino, lui sarebbe stato pronto a replicare che si era limitato a far leggere a Loraisan i sacri testi dell’antica tradizione, senza alcun commento.

Sarebbe stata una grande soddisfazione per lui.

Durante la lezione successiva, Loraisan lesse l’ultima parte del racconto del Diluvio.



La Madre Terra intera fu sommersa, e la sua forma e il suo aspetto cambiarono. Della stirpe degli Uomini nessuno si salvò, se non coloro che erano nell’Arca.

Aisdan, la grande isola dei Giganti fu sommersa per sempre, e mai più riapparve alla luce del sole.

Ma Tituan, l’ultimo Gran Re dei Giganti, quando la stella Bal cadde giù dal cielo, si trovava a salire la Montagna dalle Sette Balze assieme alla sua famiglia e alla sua corte, e quando raggiunsero la cima, contemplò le acque del Diluvio che sommergevano le terre sotto di loro.

Allora fu preso da una grande furia, e inveì contro il cielo, maledicendo Sin e tutti gli Dei che avevano maledetto la Madre Terra.

Così prese il suo grande arco d’argento, simile a una falce di luna, e scagliò una magica freccia d’argento verso il cielo, che con una scia di fuoco raggiunse il firmamento, come estremo atto di ostilità al Padre degli Dei e di tutte le creature.

E allora Sin punì il Gran Re dei Giganti trasformandolo in pietra, i familiari e i seguaci del Gran Re fuggirono e si nascosero nelle cavità del monte Kadatlas, e lì attesero che le acque si ritirassero, per poi scendere dai fianchi della montagna.

In questo modo la stirpe dei Giganti non si estinse del tutto.

E i discendenti di Tituan vivono ancora presso il monte Kadatlas, custondendo i segreti del mondo antico.

Dopo quaranta giorni e quaranta notti di pioggia, le nuvole si dispersero, e il sole tornò a splendere. Manowa uscì sul tetto dell’Arca, ma non vedeva terra in alcun punto. Allora liberò una delle sue colombe, nella speranza che trovasse terra. Ma la colomba tornò all’Arca, perché non aveva trovato terra dove posarsi. Per altri due giorni inviò la colomba sopra il mare, e il terzo giorno finalmente essa non tornò.

Allora Manowa discese dentro l’Arca e cominciò a risvegliare il suo popolo dal grande sonno, mentre i Figli dell’Abisso sospingevano l’Arca verso la terra vicina.

Alla fine, l’Arca approdò alle coste della terra di Edan Synair, ai piedi dei Monti di Ad.

Il fango ricopriva ogni cosa, ma col passare del tempo la vita ritornò sulla Madre Terra.

Nel luogo d’approdo, sulla costa meridionale della grande isola di Edan Synair, Manowa si stabilì con la sua famiglia e il suo popolo, che si sparpagliò in quella terra.

Quando i suoi tre figli maschi divennero adulti, egli divise la grande isola di Edan Synair in tre regni distinti. Il figlio maggiore, Shem, ebbe la costa occidentale, dove fondò la città di Midian. La regione settentrionale fu data a Khaam, il secondogenito, che vi fondò la città di Thyrnis, e la regione prese il nome del suo primo re.

Manowa tenne per sé la costa meridionale, e la lasciò in eredità all’ultimogenito Iasabat, che fondò la città di Iubar, che divenne la più grande e potente delle tre. Il regno di Iubar poi venne chiamato Sabat, dal nome del suo primo re.

Questa fu l’opera del re Manowa dopo il Diluvio, e con questi tre regni la storia degli Uomini ricominciò.

L’interno della grande isola non lo prese nessuno, perché era occupato dal Deserto Rosso, che era sede solo di lucertole, scorpioni, serpenti e infestato dai demoni. Tanto che nessuno voleva attraversarlo, né tantomeno reclamarne il possesso.

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