domenica 26 febbraio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 338° pagina.


commesso un crimine, perché per le tradizioni più antiche dei Thyrsenna non era neanche previsto che i figli si allontanassero mai dalla madre e dalla famiglia d’origine in tutta la loro vita.

Quello era il motivo principale per cui Maxtran non era completamente felice della sua ricchezza, ma ce n’erano altri.

Uno di quelli risaliva anch’esso al Giorno del Prodigio del Sole Scarlatto, e ne era stata la causa la stessa Regina. Infatti, sembrava che nessuno sapesse bene cosa era saltato in testa alla sovrana in quel giorno ormai lontano. Anche lei aveva visto qualcosa dall’alto del tumulo, mentre dava la benedizione a tutto il popolo riunito nella piana circostante. Qualcosa che aveva spaventato moltissimo anche lei, a tal punto che non ne aveva mai voluto parlare, neanche alle persone più vicine.

Si era molto chiacchierato, sia fra il popolino che nella nobiltà e nel clero, su cosa avesse visto. Qualcuno aveva affermato che avesse visto un futuro pauroso per il Veltyan, e che avesse affidato la sua visione a una lettera segreta che avrebbe dovuto essere aperta solo dopo la sua morte.

Ma erano chiacchiere, di concreto non c’era niente.

L’unico fatto certo era lo strano decreto che aveva emesso dalla grande villa dei Tezanfalas per la gente di Arethyan, secondo cui nessuna Fata, nessun Nano, nessun Sileno, nessuna strega o stregone, nessun Avennar, nessuno straniero avrebbe potuto entrare nel Santuario d’Ambra se non con uno speciale permesso concesso dalle autorità sacerdotali. E per meglio assicurare questo fatto aveva affidato tutta la questione al fratello Mezenthis, lo Shepen di Anxur.

Poi si era apparentemente disinteressata di quel luogo, e non si era mai più fatta vedere da quelle parti, al contrario del fratello.

Figura strana, quella di Mezenthis Vipsul. Il fatto di essere il fratello minore della Regina gli aveva permesso di diventare lo Shepen della città di Anxur, una delle più grandi città del Veltyan, ma posta nelle regioni occidentali come la capitale Veyan, cioè a circa millecinquecento chilometri di distanza ad ovest di Arethyan. Si pensava quindi che comunque non lo si sarebbe visto più di tanto dalle parti del Santuario, e che avrebbe mandato degli ispettori e gendarmi della sua guardia personale per controllare che la volontà della Regina venisse assolta.

Invece Mezenthis, che aveva accompagnato la sorella in quel viaggio ai confini del regno, si era innamorato subito del Santuario d’Ambra e, sembrava, anche delle colline e le piane dell’Enkarvian e ancora di più delle candide Montagne della Luna.

Si era fatto costruire una villa nelle vicinanze, in mezzo a un’ampia isola che divideva il corso del fiume in due. Era una villa stupenda, tutta in blocchi di pietra bianca assieme ad altri di pietra rossa,

disposti a formare i bordi del tetto, delle porte, delle finestre, o per ornare le terrazze e i capitelli dei colonnati. La composizione di bianco e rosso la rendeva la più magnificente e spettacolare fra tutte le ville della regione, e lo Shepen di Anxur aveva deciso di passarvi tutte le estati, da quando era stata completata un anno prima.

I gendarmi dello Shepen di Anxur erano sempre stati tra i piedi, ma da quando la villa era stata completata, sembravano essere aumentati di numero, e i loro controlli essere diventati più frequenti. Dovunque si andasse, li si vedeva. Non solo nel Santuario, di giorno e di notte, o attorno al tumulo, ma anche sulla strada lastricata, ad Arethyan e persino ad Aminthaisan. Portavano tutti lo stemma di Anxur sul petto, incastonato sopra la cotta di scaglie di acciaio alchemico, così brillante e lucido che li si poteva riconoscere da lontano.

Ma c’era qualcosa di strano nel modo in cui lo Shepen conduceva tutta la faccenda. In pratica, sembrava andare contro lo stesso decreto della Regina. Con lui, veri e propri divieti non ce n’erano.

Era stata una cosa progressiva. Nei primi due anni dopo la visita della Regina, in effetti il Santuario d’Ambra era stato sottoposto a una sorveglianza stretta e nessuna delle categorie discriminate aveva potuto accedervi in alcun modo. Velthur, e così Menkhu e Prukhu se l’erano messa via, di poterci entrare.
Poi le cose erano gradatamente cambiate. Mentre lo Shepen Mezenthis si faceva vedere sempre più spesso da quelle parti, si cominciò a vedere che era disponibile a concedere permessi perlomeno ai

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