sabato 25 febbraio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 337° pagina.


CAP. XXVII: DIETRO L’ALTARE



Maxtran Akapri avrebbe dovuto essere felice e soddisfatto della sua vita. Bene o male, era diventato l’uomo più ricco di Arethyan e, sembrava, anche dei dintorni.

Era riuscito ad ampliare la sua fattoria con le offerte dei pellegrini, che arrivavano ormai a migliaia e migliaia ogni anno, e diverse regalìe da parte degli Shepenna di Enkar e di altri alti rappresentanti del clero della provincia, oltre che del fratello della Regina Exinedri II. Alla fine, il suo comune casale di campagna si era trasformato in un grande ostello per pellegrini, che ogni anno si ingrandiva sempre di più e gli fruttava sempre più proventi.

Essendo considerato dalla legge un “edificio a scopo religioso”, l’ostello era esentato dalle tasse, e questo aveva ulteriormente ingrassato le già notevoli sostanze degli Akapri. Certo, per ricevere i finanziamenti degli alti sacerdoti aveva dovuto concedere ampie percentuali sulle offerte dei pellegrini, ma dato che l’afflusso delle masse di fedeli e visitatori turistici aumentava sempre più di anno in anno, i suoi proventi aumentavano anch’essi costantemente.

Gli inizi comunque non erano stati per niente semplici. Lui e la sua famiglia si erano trovati gettati in una situazione incredibile, da un lato esaltante e dall’altra spaventosa, e non ne era uscita indenne. Erano successe troppe cose legate a quel luogo quasi incomprensibile, e per alcuni membri della famiglia era stato troppo.

In particolare, il figlio Haral non era più stato lo stesso dopo il Giorno del Prodigio del Sole Scarlatto. Era stato vittima anche lui di una delle spaventose visioni che avevano colpito quasi tutti i presenti in quel giorno maledetto, in cui persino la Regina era rimasta così terrorizzata da quello che aveva visto, che non aveva più voluto saperne del Santuario d’Ambra, affidando tutto al fratello.

Certo, anche gli altri membri della famiglia avevano visto cose strane ed inspiegabili, ma non così terrificanti come quello che aveva visto Haral, il quale si era messo a urlare e correre come un pazzo finché era stato ritrovato, parecchie ore dopo, perso lungo il corso del fiume, nascosto tra gli alberi, come se volesse cercare un rifugio da un pericolo incombente.

Quando era stato ritrovato da alcuni suoi amici, aveva balbettato confusamente senza poter spiegare che cosa aveva visto. Solo in seguito, quando si era ripreso, aveva raccontato di essersi trovato sull’orlo di un abisso che “si era spalancato nella terra” di fronte al tumulo del Santuario, e dove aveva visto “un oceano nero ma dalle onde splendenti” sul cui fondo splendevano però “innumerevoli stelle, così tante da formare vere e proprie nubi”. E in quell’oceano c’erano “delle cose viventi”, e “una cosa che l’aveva così spaventato che non aveva il coraggio di descriverla”.

Non aveva mai detto niente di più, e non era più tornato sull’argomento in tutti quegli anni, a differenza di altri che avevano continuato a raccontare la propria personale esperienza allucinatoria, magari ridendoci anche sopra, per attirare l’attenzione dei pellegrini e dei nuovi visitatori più curiosi, che volevano tutti farsi raccontare quante più storie possibile su quel giorno prodigioso, non importava se condite di particolari nuovi, o deformate dal fatto di essere diventate ormai leggenda.

Haral invece non aveva più voluto parlare di quel giorno, e neanche voleva sentirne parlare. Si infastidiva e cambiava discorso.

Eppure il suo carattere sembrava essere cambiato da allora. Era diventato scontroso, irritabile, spesso rissoso e beone, spendeva un sacco di soldi in vestiti, alcoolici, feste che organizzava con gli amici.

Sua madre Larthi diceva che era stata la ricchezza a rovinarlo, che quando un povero diventava improvvisamente molto ricco, finiva con il perdere la testa e col darsi a una vita dissoluta.

Col tempo, aveva finito per diventare un peso, piuttosto che un aiuto in casa. E di lavoro in casa gli Akapri ne avevano sempre tanto, troppo. Maxtran era arrivato al punto di pagarlo per restare fuori dai piedi. Non lo voleva neanche più vedere nel grande ostello, a infastidire le donne, sia serve che ospiti pellegrine, o litigare con ospiti, parenti e servitori per motivi stupidi.
L’unico motivo per cui non lo buttava fuori di casa, era perché Larthi non l’avrebbe mai permesso. Per le matriarche contadine i figli non si buttano fuori di casa, mai, a meno che non abbiano

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