sabato 18 febbraio 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 332° pagina.


grande civiltà dei Giganti, sopravvissero, così come animali e piante che altrimenti si sarebbero estinti se davvero il Diluvio avesse sommerso tutta la Madre Terra.

E quei piccoli gruppi di Uomini avevano lingua, usi e costumi molto diversi dagli Uomini che vivevano sotto il dominio dei Giganti.

Per esempio, i popoli del Nord sono così diversi perché, secondo le loro leggende, discendono da un Uomo che si salvò in cima a una montagna durante il Diluvio, una montagna posta nell’Estremo Settentrione, nel Mare Artico, in una terra chiamata Thyle o Thule. Secondo questa leggenda, quando le acque del Diluvio si ritirarono, questo Uomo discese assieme a sua moglie e ai suoi figli verso il mare, e i suoi discendenti andarono verso sud , e nel corso di molti secoli finirono per arrivare ai confini settentrionali del nostro regno.

I popoli dell’Oriente invece sono scuri perché sono rimasti scuri…. cioè, siamo noi che ci siamo schiariti in più di quattromila anni dal Diluvio. I nostri antenati erano scuri come gli abitanti attuali di Edan Synair, con i quali siamo imparentati. Ma poi, sarà stato l’ambiente diverso, saranno state le commistioni di sangue con gli invasori del Nord, la nostra pelle e i nostri occhi si sono schiariti. E poi anche la nostra lingua è cambiata, a contatto con gli altri popoli. Soprattutto con il popolo delle Fate, con cui abbiamo sempre avuto molti rapporti stretti, ma con il quale ne avevamo ancora di più all’inizio della nostra storia. Comunque, adesso riprendiamo a leggere. Sono tutte cose che scoprirai poco per volta».

«Ma scusate ancora, dottore…. Allora quello che c’è scritto nel Tinsina Entinaga non è del tutto vero. Dice che solo gli Uomini che erano nell’Arca sopravvissero, e invece voi mi dite che ce ne furono altri che si salvarono in cima alle montagne….».

«I nostri antenati non potevano saperlo, ancora. Chi scrisse il Tinsina Entinaga credeva che solo gli occupanti dell’Arca si fossero salvati, perché di fatto per loro era così. Gli antichi non potevano sapere ciò che abbiamo scoperto noi dopo molti secoli».

«Mia madre dice che quello che è scritto in questo libro è verità, e bisogna crederci in ogni sua parola. Voi invece mi dite di no».

«Mi accorgo di aver parlato troppo. Non intendevo certo contraddire tua madre».

Loraisan sospirò.

«Ci risiamo, eh? Oh, non vi preoccupate… me la sono già messa via».

La lettura continuò ancora per un po, su di un brano meno interessante, che parlava dell’elenco della discendenza di Manowa fino ad Ankhaymon, quel principe del regno di Khaam, che aveva voluto cercare ad occidente nuove terre da popolare, ed era partito con tre navi per approdare alle coste del Veltyan, alla foce del grande fiume Podu.

Ma quella era una storia che si sarebbe letta nella lezione successiva.

Quella notte, Loraisan sognò la Montagna dalle Sette Balze, in uno dei suoi sogni più lucidi. Fu un sogno bellissimo, che sarebbe rimasto vivo nel suo ricordo per sempre, vivido e intenso. Ma non la sognò come l’aveva vista raffigurata nell’illustrazione del libro del dottor Laran.

Dopo il sogno, si era svegliato nella notte, ma anziché provare paura per il buio e i suoi fantasmi oscuri, sentiva dentro di sé una gioia immensa, come se avesse ricevuto un bel regalo.

Gli pareva che quella visione notturna fosse stata un segno degli Dei, un messaggio segreto, sconosciuto, che gli era stato mandato per decifrarlo.

Cosa volesse dire non riusciva a capirlo, ma sapeva che era qualcosa di positivo, qualcosa di buono, un annuncio di verità e di speranza, perché era troppo bello per non essere anche buono.

Poi si era subito riaddormentato, e aveva fatto altri sogni prima dell’alba, ma di tutt’altro genere, e meno vividi.

Nella lezione successiva, la prima cosa che disse Loraisan nel momento in cui si sedette al tavolo dello studio di Velthur, fu di raccontare il sogno che aveva avuto.

«Sapete, dottore…. ho sognato il Kadatlas proprio la notte dopo la scorsa lezione. Ho avuto un sogno lucidissimo, vedevo le cose come se fossi sveglio. E ho visto la Montagna dalle Sette Balze come se vedessi una delle Montagne della Luna all’orizzonte. È stato bellissimo!».

«E cosa avveniva, nel tuo sogno?».

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