giovedì 14 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan, 4° pagina.


Syndrieli era troppo a terra per rispondere ancora, ma si ripromise di tirargli dietro uno dei suoi vasi non appena si fosse ripresentato a casa senza l’anguilla.

D’altra parte, sapeva bene quando lui apriva bocca solo per il gusto di prenderla in giro e farla arrabbiare, e sapeva che era uno dei suoi modi per spingerla a pregarlo di starsene fuori dei piedi.

Larsin era ben felice di avere modo di starsene lontano da casa qualche ora. Se poi era sua moglie stessa a dirgli di starsene lontano, era ancora più felice.

In quei giorni, poi, era ancora meglio. Poter immergere i piedi nell’acqua freschissima che scendeva dalle montagne in mezzo agli isolotti di ciottoli e di boscaglia dove si poteva trovare un po’ di frescura in mezzo all’afa, era certamente meglio che aiutare sua moglie col frutteto o con altri lavori.

La famiglia Ferstran erano produttrice di sidro, e perciò avevano un grande frutteto di mele che si inerpicava sul fianco orientale della collina, ai cui piedi sorgeva la loro casa di pietra e legno, accanto alla riva nord del fiume Eydin.

Bastavano cinque minuti a Larsin per raggiungere la riva dalla casa, e bastava un quarto d’ora per giungere al paesino di Arethyan, in po’ più a valle del corso del fiume, verso occidente.

Gli piaceva pescare, ma non era mai stato molto fortunato. Si portava appresso ogni sorta di amuleto per incentivare la pesca, si era persino fatto tatuare il simbolo di Nagon, il Dio-Pesce Padre dei Sagusei, nella speranza che il favore di quella divinità acquatica gli portasse fortuna nella pesca, ma non era servito a niente.

Perciò barava, per non sfigurare con sua moglie. Comprava anguille, pescegatti, trote e persino gamberetti d’acqua dolce dai suoi amici pescatori, per poi far credere che li avesse presi lui.

Sua moglie c’aveva creduto per qualche tempo, poi aveva mangiato la foglia. In ogni caso, costavano meno che comprarli al mercato del paese.

Quel giorno afosissimo però, una volta tanto, avrebbe fatto una scoperta molto particolare nel fiume.

Dopo aver pranzato con sua moglie, la quale sembrava essersi rimessa, e dopo una piccola siesta, aveva ripreso la sua canna da pesca e si era recato di nuovo al fiume con il figlio maggiore, Erkan, , raccomandando le sorelle di Syndrieli di sorvegliarla e di aiutarla se per caso fosse di nuovo caduta a terra.

Syndrieli raccomandò al figlio maggiore di stare dietro a suo padre, e di aiutarlo nel caso fosse caduto nel fiume.

Larsin, uscendo, le disse che sapeva benissimo che lei non vedeva l’ora che capitasse una cosa del genere, ma che non le avrebbe mai dato quella soddisfazione, e che se proprio voleva un compagno diverso, poteva prendersi in casa un altro e lasciare lui a pescare tutto il tempo, così sarebbero stati contenti tutti e due.

«È una vita che cerco di trovarne un altro, ma non ne conosco uno che sia disponibile e nel contempo decente! Intendo dire uno che abbia cervello, mica lo pretendo bello! Perché non me lo peschi uno tu, magari in una delle osterie che frequenti? Magari anche in cambio di un’intera botte di sidro!»

«Vedrò cosa posso fare, amore mio….».

Il posto prediletto di Larsin per pescare era un isolotto molto lungo e stretto in mezzo al fiume che si raggiungeva da un guado sassoso. Non sempre poteva essere raggiunto, ma quell’estate il corso del fiume si era abbassato enormemente e quasi non scorreva acqua fra l’isolotto e la riva, era rimasto solo un enorme ghiaione di pietre bianche, giallo ocra, viola e verdazzurre.

Ma quel giorno nelle secche trovò qualcos’altro, oltre ai sassi colorati, arenato sul ghiaione.

Chi poteva avere abbandonato quella vecchia barca dalla forma inconsueta e dalla strana vernice tutta scrostata?
Larsin Arayan era anche un eccellente falegname e intagliatore di legno, mestiere che aveva ereditato da suo zio e che aveva continuato a praticare con successo. Conosceva molti modi per fabbricare una barca e decorarla, sapeva quali decorazioni e motivi simbolici incidere, e quindi

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