martedì 26 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 16° pagina


stravaganti esoteristi che collezionavano narrazioni e leggende paurose e strane su fenomeni misteriosi ed inesplicabili.

Rilesse il capitolo che narrava la storia della Valle dei Gigli, come per cercare possibili indizi su come spiegare quello che gli aveva detto Thymrel, e che al momento non aveva alcun senso.

Tutto era cominciato quando, molto tempo fa, ben quattro secoli prima, la regina Alkyndri aveva promosso e incoraggiato la colonizzazione delle più lontane regioni orientali del regno, prima di allora molto poco popolate e spesso infestate da predoni nomadi provenienti dalle remote praterie dell’est, oltre i confini del Veltyan.

I vasti territori dell’Enkarvian, nei quali era compresa una parte delle Montagne della Luna e la valle del fiume Eydin, erano stati invasi da un’ondata di colonizzatori dall’ovest, provenienti dalle regioni centrali del Veltyan.

Poveri contadini, figli e figlie cadette di nobili casati, mercanti ed artigiani delle grandi città finiti in miseria, e naturalmente anche tanta gentaglia, lestofanti che sfuggivano alla giustizia, o che il debito con la giustizia l’avevano già pagato e volevano rifarsi una vita altrove, sacerdoti desiderosi di fondare monasteri e templi in luoghi abitati solo da gente ignorante e arretrata, e ogni sorta di sbandati che coltivavano un sogno di un futuro migliore, avevano inondato quelle terre prima coperte solo da boschi e paludi e qualche raro villaggio di pastori, pescatori e contadini.

L’ondata colonizzatrice si era fermata fra le Montagne della Luna, i pallidi monti che segnavano il confine sud-orientale della grande catena delle Montagne Albine, che divideva il regno del Veltyan dagli altri paesi ad oriente, popolati solo da orde barbariche.

Le Montagne della Luna, così chiamate per il loro bianco spettrale, erano la regione più isolata e meno facilmente accessibile di tutto il regno.

Le valli, circondate da alte vette che parevano torri, castelli e cittadelle, divise da profondissime gole, erano di difficile accesso.

La valle del fiume Eydin, l’unica ad essere ampia e lunga, tagliava la catena in due da nord-est a sud-ovest, verso la vasta pianura ai cui confini si trovava il villaggio di Arethyan.

Era in quell’epoca di pionieri, che era sorto il suo villaggio.

Ma agli estremi confini orientali del regno, distante molti chilometri dalla Valle dell’Eydin, era stata scoperta una strana, ampia valle, quasi completamente isolata dal resto del mondo.

Una valle completamente deserta, dove neanche le più remote e rare comunità montane si erano mai avventurate, fin dai tempi remoti del Diluvio.

Nemmeno la gente dello Zerennal Baras, il vicino regno dei Nani, posto all’interno delle montagne ad oriente della Valle dell’Eydin, aveva mai avuto contatti con quella valle.

Anzi, pareva che i Nani dello Zerennal Baras avessero scoraggiato i pionieri del Veltyan a spingersi fin là, dicendo che era una regione maledetta, ma senza voler specificare cosa avesse di così malefico.

Sembrava, dalle leggende popolari, che il piccolo popolo delle montagne non avesse neanche avuto il coraggio di parlarne, dall’alto della sua sapienza plurimillenaria.

Persino i selvaggi Sileni, il villoso popolo delle foreste, che pure vivevano numerosi nei boschi delle Montagne della Luna, avevano sempre evitato quel luogo, che non volevano neanche nominare.

Ma nelle sere d’inverno, quando i vecchi saggi silenici sedevano attorno al focolare nelle case dei montanari e sussurravano i segreti dei boschi e delle cime, avvertivano i loro amici umani di non avvicinarsi al luogo innominabile, la valle circolare nascosta tra le pallide cime.

E infatti quella valle era perfettamente circolare. Una sorta di immenso cratere largo trenta chilometri, completamente piatta al suo interno, con un piccolo lago al centro, e altissime cime tutt’attorno, come una grande muraglia.

Per potervi entrare, bisognava salire per alti passi, inerpicandosi ad altezze dove dominavano solo i ghiacciai, per poi ridiscendere su ampi ghiaioni, costeggiando precipizi e ripide e intricate foreste di pino rosso.

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