venerdì 15 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 5° pagina.


rimase subito colpito dal fatto che la barca incagliata nel fiume e apparentemente abbandonata non aveva una forma e un aspetto consueti.

Appariva molto più larga e tozza delle caratteristiche barche della regione. Non aveva la caratteristica polena a corno ricurvo, che quasi formava una spirale, né apparivano le caratteristiche decorazioni intagliate sulle fiancate fatte di motivi geometrici e floreali. Niente gigli, svastiche o pentacoli, né spirali. Né, tanto meno, il nome del proprietario, come si era soliti fare in qualsiasi regione del vasto regno di Veltyan.

Veniva da pensare, dunque, che la barca non fosse originaria del Regno Verde, ma di qualche altro popolo, magari un barbaro popolo orientale o settentrionale, uno dei tanti che abitavano il selvaggio mondo esterno.

Il che non poteva essere ben visto in quei luoghi, poiché lo sapevano anche i gatti che l’unico popolo civile del mondo umano era quello del Veltyan, gli antichi Thyrsenna, e al di fuori di esso vivevano solo genti selvagge e barbare, che non costruivano città né case di pietra e cristallo come i Thyrsenna, ma solo miseri villaggi di capanne di legno o palafitte, o accampamenti di tende di nomadi, e non conoscevano né leggi scritte, né sovrani comuni, né ordine civile, né costumi gentili, né arti o conoscenze elevate. E che praticavano a volte cruenti sacrifici umani e altri costumi crudeli e incivili, e spesso cercavano di invadere il Veltyan per appropriarsi delle sue ricchezze e del suo benessere.

Per questo i Thyrsenna temevano e disprezzavano tutto quello che veniva dall’esterno del loro regno, perlomeno per quanto riguardava gli altri popoli di Uomini.

Diverso era il caso invece dei Nani, i quali notoriamente sono una stirpe pacifica e appartengono tutti a una civiltà antica ed elevata, sia che vivano nelle terre vicine, sia che vengano da paesi molto lontani.

Ma quella non era certo l’imbarcazione di un Nano, che non erano fatte di legno, ma di una trasparente sostanza alchemica, simile a vetro, ma resistente come l’acciaio e leggera come le foglie.  Forse era la barca di qualche Fata? Certamente non era la barca di un Saguseo, dato che quelli vivono nell’acqua, e quindi non hanno bisogno di barche. E le barche dei Sileni erano semplici zattere di tronchi legati assieme.

«Padre, se la barca è abbandonata, potremmo prendercela noi!»

«Se è abbandonata sì, ma guardiamoci attorno…Tu resta qua immobile e se vedi qualcuno, chiunque sia, da qualunque parte lo vedi, avvertimi!».

Larsin, a piedi nudi nell’acqua, si avvicinò passando il breve guado che separava la riva non lontano da dove si appostava per pescare all’isolotto di sterpaglie e sassi dove si era arenata la barca.

Il fiume Eydin, in quel tratto dove usciva dalle basse montagne di nord-est per entrare nelle vaste pianure dell’Enkarvian, era pieno di ghiaioni, isolotti, diramazioni che si separavano e si riunivano in un paesaggio confuso e illimitato, dove solo chi ci era nato e cresciuto poteva orientarsi.

Se era gente straniera che si era arenata là, poteva darsi che avessero abbandonato la barca per cercare aiuto o contatto da qualche parte, e ora erano persi chissà dove, lungo le rive e gli anfratti del fiume.

Mentre si avvicinava alla barca, Larsin cercava con lo sguardo qualcosa di familiare in quell’oggetto, ma più lo guardava, più gli dava un senso di inquietudine. C’era qualcosa nella forma dello scafo e nel colore della vernice scrostata che gli appariva strano e quasi innaturale.

I riflessi che mandava, vagamente argentei, non li aveva mai visti da nessuna parte. Il colore era un grigio chiaro, quasi bianco, spettrale. E non c’era proprio nessun segno sulla barca, nessun nome inciso, nessuna decorazione, nessuna immagine sacra o motivo scaramantico, come avevano tutte le barche dei Thyrsenna.

Dentro, però, c’era qualcosa.

Il vento sembrava aver agitato qualcosa di stoffa, forse una coperta, o un vestito abbandonato là dentro. Un tessuto grigio come la barca, che si muoveva silenziosamente.

Poi si accorse del corpo. Ne vide i lunghi capelli neri, e la mano che appoggiava inerte su di uno dei sedili della barca. Il corpo di una donna, indubbiamente.

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