giovedì 28 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 18° pagina.


anche se il popolo fatato non si era mai visto nella valle. Ma la gente del posto diceva di avere visto delle misteriose luci scarlatte muoversi nel bosco di notte, rosse come il sangue, e siccome si sapeva bene che le Fate si riuniscono nelle radure dei boschi di notte per festeggiare e danzare e compiere i loro riti magici, la gente del popolo si era messa in testa che dovessero essere le Fate e nessun altro.

Poco importava che il popolo fatato delle pallide montagne orientali giurassero e spergiurassero che mai e poi mai avevano messo piede nella Valle dei Gigli, e che non l’avrebbero mai fatto neanche in futuro.

Poco importava che si sapesse bene che le luci e i fuochi notturni delle Fate erano di colore verdazzurro o bianco spettrale, e non scarlatte.

Per i valligiani, quella era divenuta la Radura delle Fate, e solo i più coraggiosi, o i più scettici, avevano il coraggio di attraversarla.

Un giorno, un gruppo di ragazze del villaggio vicino si erano messe a parlare della radura e del fatto che nessuna di loro avrebbe avuto il coraggio di starvi da sola.

I contadini, si sa, spesso hanno paura delle Fate, perché se da un lato sono benevole e amichevoli, dall’altra, diventano pericolose se ci si trova da soli con loro di notte, soprattutto quando ti invitano a una delle loro feste danzanti, dove si può perdere la memoria e il senno bevendo il loro vino incantato e lasciandosi andare alle loro folli danze, perché le Fate possono evocare gli spiriti e condurti per sentieri sconosciuti e pericolosi senza neanche che se ne accorgano.

Numerose erano le leggende e dicerie di viandanti che, invitati dalle Fate alle loro feste, erano impazziti per quello che avevano visto e sentito in quegli strani consessi.

Una di quelle ragazze, una fanciulla che veniva considerata cocciuta ed eccentrica, disse che lei non credeva in alcun modo alle storie sulle luci e sulle Fate che vi avrebbero dimorato.

Infatti, sapeva bene che nella valle non c’erano mai state Fate, e quindi non potevano vivere in quel bosco.

Per dimostrare che non aveva paura, disse alle sue compagne che sarebbe andata a filare da sola nella Radura delle Fate, e avrebbe così mostrato a tutti che non c’era motivo di avere tanta paura.

Così, una mattina prese l’arcolaio sotto braccio e il fuso e una matassa di lana, e si avviò verso la radura nel bosco, che non era molto distante dalla sua casa.

Si mise a lavorare in mezzo alla radura, che era letteralmente ricoperta da gigli scarlatti, tanto che la radura sembrava un piccolo lago di sangue. Là i gigli rossi di montagna sembravano essere più fitti e numerosi che in qualsiasi altro punto della valle.

Una sua amica la vide recarvisi là al mattino, e la volle accompagnare, per dissuaderla da quell’idea balzana. Ma la fanciulla fu irremovibile, e l’amica la lasciò a filare in mezzo alla radura, con la promessa che si sarebbero riviste all’ora di pranzo, quando sarebbe tornata a casa per mangiare.

Ma la ragazza non tornò, non tornò più.

I parenti, quando non la videro più tornare, mandarono lo zio e il fratello minore a cercarla, e la trovarono riversa al limitare della radura, morta. Gli strumenti del suo lavoro erano là a terra, accanto a lei.

Non aveva nessuna ferita, ma sul volto dagli occhi sbarrati era disegnata un’espressione di terrore.

Lo zio notò che il suo lungo vestito era rimasto impigliato in un ramo di nocciolo, che glielo aveva strappato.

Il medico del paese confermò che la giovane era morta di crepacuore, come di un grande spavento.

Al paese raccontarono che, mentre si accingeva a tornare a casa, il suo vestito si era impigliato nel ramo del cespuglio, e lei, non vedendo cosa era successo, si era sentita come afferrare da una mano misteriosa, ed il terrore l’aveva uccisa.

Le sue parole in vita erano state coraggiose e scettiche, ma il suo cuore nel profondo aveva avuto paura. Forse, aveva cercato di fare quell’eccentrica impresa, proprio per cercare di scacciare quella segreta paura che potesse esserci qualcosa di vero nelle dicerie del paese.

Ma presto cominciò a circolare un’altra versione della storia. Che forse, non era stato un banale piccolo incidente a ucciderla, ma qualcosa di più grave.
In fin dei conti, la storia del ramo ingannatore era poco convincente, per chi la conosceva bene.

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