sabato 23 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 13° pagina


Syndrieli parlò animatamente.

«A noi sinceramente fa paura quello che dice, ma ci fa una pena…. Sembra così fragile, spaventata, e poi aspetta un bambino…. vorremmo tenerla noi. Il posto ce l’abbiamo e ci potrebbe aiutare nel lavoro dei campi….».

«Conosce la legge, Syndrieli. Ogni cittadino di Veltyan deve dichiarare alle autorità locali se ospita in casa una persona sconosciuta. Non potete nasconderla o rischiate grosso, soprattutto se dovesse risultare che ospitate una fuorilegge. Finireste in galera per averla protetta ed ospitata».

«Andiamo, dottore! – sbottò Larsin – Guardala! Ti sembra una malfattrice? Semmai è una ragazza fuggiasca a causa di una gravidanza imprevista…. mi sembra abbastanza chiara la cosa. E forse è un poco matta, sì. Ma non mi sembra certo una matta pericolosa…. solo strana».

«A proposito… ha detto qualcosa d’altro, oltre alla sua presunta provenienza?».

«Oh, non molto! Quando ha insistito nel dire che veniva dalla Valle dei Gigli, io ho cercato di farle capire che non era possibile, perché là non ci viveva più nessuno da alcuni secoli, e allora lei mi ha detto che non si ricordava più la data in cui ci trovavamo, nemmeno l’anno… e mi ha chiesto di dirglielo. Quando gliel’ho detto, mi ha guardato in modo strano, e mi ha detto che proprio non riusciva a ricordare niente, neanche la sua data di nascita. Poi si è rincantucciata nel letto come un bambino piccolo, e si è messa a piangere! Sì, insomma… è proprio strana!».

«Già… molto strana. Vi è sembrata spaventata, reticente alle domande?».

Questa volta fu Syndrieli a rispondere.

«Mah… a dire il vero non le abbiamo fatto tante domande. Abbiamo pensato che forse era meglio aspettare un po’. E non ci è sembrata spaventata. Preoccupata per il figlio che porta in grembo, questo sì. Quando le ho portato da mangiare ha detto che si sarebbe sforzata di mangiare tutto perché doveva pensare al suo piccolo.

Ho pensato cento volte di chiederle se stesse scappando da qualcuno, di chi era il figlio che stava portando in grembo, se era un brigante, o un nobile, o un sacerdote, ma mi sono limitata ad osservarla. Le sue mani non sono mani da contadina, anzi tutto il suo corpo ha qualcosa di straordinario: non ha una sola imperfezione, nessuna impurità sulla pelle, sembra la pelle di un neonato, eppure avrà circa vent’anni, forse di più.

Quando ho notato questo, mi sono fatta un romanzo in testa: ho pensato che potesse essere la rampolla di qualche famiglia nobile che è rimasta incinta di qualche poveraccio di cui si era innamorata, e per poterlo sposare, o forse solo per tenersi il figlio, è fuggita dalla sua villa. Se fosse così, rischieremmo di trovarci di fronte a casa qualche gendarme inviato dalla sua famiglia».

«Come spiegazione, è la più facile da pensare. Ma l’apparenza a volte inganna. Se permettete, ora vorrei visitarla, controllare lo stato della sua gravidanza, e interrogarla sulla sua identità, e speriamo che voglia rispondermi».

Larsin e Syndrieli lo accompagnarono alla veranda sul retro del casone. Là, sotto il portico dagli archi di legno, stava seduta Thymrel su di una poltrona di vimini, riposando dalla calura estiva e osservando i meli del frutteto che si inerpicava sull’ampio fianco della bassa collina di proprietà dei Ferstran. In cima si scorgeva la casa della sorella minore di Syndrieli, che aveva ricevuto in proprietà sua e dei suoi figli dalla madre Aranthi quel piccolo casolare e un appezzamento di terra dall’altra parte della collina.

Appena li vide, Thymrel sorrise loro e chiese a Syndrieli se anche la casa che si vedeva lassù era dei Ferstran.

«È di mia sorella Maeliani. Nostra madre, il capofamiglia, ha voluto darle quella casetta perché ha più figli di me, e riteneva giusto che avesse uno spazio suo.. Perché t’interessa saperlo?».

«Così. Mi piacciono le case in collina. La mia casa invece era nel fondo valle, quando vivevo nella Valle dei Gigli».

Syndrieli si irrigidì, ma non disse niente. Larsin volse lo sguardo al cielo, agitando le mani giunte in un’invocazione a qualche divinità.

Thymrel sembrava incantata dal panorama della collina e della casa in lontananza, come se vedesse qualcosa del genere per la prima volta in vita sua.

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