Forse, in realtà lei aveva visto qualcosa nella radura,
forse qualcosa che era spuntato dai noccioli e dalle betulle che crescevano
numerose in quel bosco strano, o qualcosa che era spuntato dall’erba fra i
gigli rossi, chissà.
Qualcosa di così terribile, di così spaventoso e
sconosciuto, che le aveva fermato il cuore. Qualcosa legato alle misteriose
luci cremisi che si vedevano a volte nelle notti senza luna.
E fu da quella morte misteriosa che cominciò tutto, e
l’ombra dell’orrore e del mistero calò sulla Valle dei Gigli, fino alla
tragedia finale.
Una tragedia che rimaneva ancora senza nome e senza
spiegazione, dopo ben tre secoli.
Ma fu da allora che molti ribattezzarono la Valle dei Gigli con il nome
della Valle del Mistero.
CAPITOLO III: LA
FESTA INFESTATA
Era la festa di Tinsi Kerris, la più amata, la più
importante delle feste tradizionali dei contadini del Veltyan. Era la festa del
Solstizio d’Estate, la festa della notte più corta dell’anno, la festa
dell’ultima notte del mese dei Gemelli, Uryan e Myrtin, i due spiriti divini che cavalcavano nei
cieli e che secondo la leggenda precedevano il cammino del sole, la loro celeste
madre, e della loro rosata sorella, Kerris, la Dea dell’Aurora e delle Messi, la Dea della Nascita, figlia
prediletta di Sil, la grande Dea del Sole, signora e madre dell’universo.
Era la festa di Tinsi Kerris e la gente si riuniva attorno
ai falò nei campi attorno ai villaggi in tutto il vasto regno del Veltyan,
mangiava, beveva, cantava e ballava fino a tarda notte. E il giorno dopo si
sarebbe riposato e smaltito gli eccessi di cibo e bevande alcooliche.
La campagna si riempiva di fuochi, e così anche le piazze
delle città, o lungo le passeggiate presso i fiumi. Le montagne, le colline e
le pianure erano costellate di alte colonne arancioni, in quella notte di
festa.
I falò, perlomeno quelli più grandi, erano costituiti da un
enorme pupazzo di legno e paglia, che quando si accendeva appariva da lontano
come un gigante di fuoco dalle braccia spalancate.
Era un rito antichissimo, che si celebrava da così tanto
tempo, che non se ne conoscevano le origini. Senz’altro era una tradizione che
veniva da prima della fondazione del regno del Veltyan, alcuni sapienti
dicevano addirittura da prima del Diluvio.
Che significato avesse il grande pupazzo, non era ben
chiaro. Pare che in un passato remoto ed oscuro, dentro quel pupazzo venissero
messi degli uomini come sacrificio a Kerris, ma altri dicevano che era solo una
leggenda, forse perché preferivano non pensare che in un tempo remoto i loro
culti fossero stati così violenti e disumani.
Anche la gente di Arethyan, ovviamente, festeggiava attorno
ai falò. In un grande prato circondato da cipressi alle porte del villaggio,
presso il fiume, era stato eretto il grande pupazzo, e gli era stato dato fuoco
nel momento in cui gli ultimi bagliori del tramonto si spegnevano sulla pianura
ad ovest.
Per fortuna era una bella serata, e c’era persino la luna
piena. Aveva piovuto il giorno prima, e l’aria fresca che veniva dai monti
aveva mitigato la calura.
La famiglia Ferstran partecipava anch’essa , anche se non al
completo. Non tutti i contadini andavano alla festa del paese, e alcuni
preferivano, per vari motivi, festeggiare in casa propria, accendendo un fuoco
nel cortile o nel campo presso casa.
Non si voleva che i ladri approfittassero di quella notte di
festa per entrare nelle case incustodite.
Anche se i briganti delle colline erano stati sterminati
parecchi anni prima da una campagna voluta dagli Shepenna di Enkar, si diceva
che qualcuno dei più furbi fosse rimasto nascosto nelle foreste ad oriente, e
non si poteva essere sicuri che non scendessero verso la pianura approfittando
del calo della guardia da parte dei contadini.
Syndrieli era rimasta a casa, e aveva preparato, come tutti gli anni, la
grande tavolata nel cortile della fattoria, di fronte al portico. Con lei si
erano riuniti attorno alla tavola le sue due sorelle, che
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