venerdì 29 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 19° pagina


Forse, in realtà lei aveva visto qualcosa nella radura, forse qualcosa che era spuntato dai noccioli e dalle betulle che crescevano numerose in quel bosco strano, o qualcosa che era spuntato dall’erba fra i gigli rossi, chissà.

Qualcosa di così terribile, di così spaventoso e sconosciuto, che le aveva fermato il cuore. Qualcosa legato alle misteriose luci cremisi che si vedevano a volte nelle notti senza luna.

E fu da quella morte misteriosa che cominciò tutto, e l’ombra dell’orrore e del mistero calò sulla Valle dei Gigli, fino alla tragedia finale.

Una tragedia che rimaneva ancora senza nome e senza spiegazione, dopo ben tre secoli.

Ma fu da allora che molti ribattezzarono la Valle dei Gigli con il nome della Valle del Mistero.

 

 

 

CAPITOLO III: LA FESTA INFESTATA

 

Era la festa di Tinsi Kerris, la più amata, la più importante delle feste tradizionali dei contadini del Veltyan. Era la festa del Solstizio d’Estate, la festa della notte più corta dell’anno, la festa dell’ultima notte del mese dei Gemelli, Uryan e Myrtin,  i due spiriti divini che cavalcavano nei cieli e che secondo la leggenda precedevano il cammino del sole, la loro celeste madre, e della loro rosata sorella, Kerris, la Dea dell’Aurora e delle Messi, la Dea della Nascita, figlia prediletta di Sil, la grande Dea del Sole, signora e madre dell’universo.

Era la festa di Tinsi Kerris e la gente si riuniva attorno ai falò nei campi attorno ai villaggi in tutto il vasto regno del Veltyan, mangiava, beveva, cantava e ballava fino a tarda notte. E il giorno dopo si sarebbe riposato e smaltito gli eccessi di cibo e bevande alcooliche.

La campagna si riempiva di fuochi, e così anche le piazze delle città, o lungo le passeggiate presso i fiumi. Le montagne, le colline e le pianure erano costellate di alte colonne arancioni, in quella notte di festa.

I falò, perlomeno quelli più grandi, erano costituiti da un enorme pupazzo di legno e paglia, che quando si accendeva appariva da lontano come un gigante di fuoco dalle braccia spalancate.

Era un rito antichissimo, che si celebrava da così tanto tempo, che non se ne conoscevano le origini. Senz’altro era una tradizione che veniva da prima della fondazione del regno del Veltyan, alcuni sapienti dicevano addirittura da prima del Diluvio.

Che significato avesse il grande pupazzo, non era ben chiaro. Pare che in un passato remoto ed oscuro, dentro quel pupazzo venissero messi degli uomini come sacrificio a Kerris, ma altri dicevano che era solo una leggenda, forse perché preferivano non pensare che in un tempo remoto i loro culti fossero stati così violenti e disumani.

Anche la gente di Arethyan, ovviamente, festeggiava attorno ai falò. In un grande prato circondato da cipressi alle porte del villaggio, presso il fiume, era stato eretto il grande pupazzo, e gli era stato dato fuoco nel momento in cui gli ultimi bagliori del tramonto si spegnevano sulla pianura ad ovest.

Per fortuna era una bella serata, e c’era persino la luna piena. Aveva piovuto il giorno prima, e l’aria fresca che veniva dai monti aveva mitigato la calura.

La famiglia Ferstran partecipava anch’essa , anche se non al completo. Non tutti i contadini andavano alla festa del paese, e alcuni preferivano, per vari motivi, festeggiare in casa propria, accendendo un fuoco nel cortile o nel campo presso casa.

Non si voleva che i ladri approfittassero di quella notte di festa per entrare nelle case incustodite.

Anche se i briganti delle colline erano stati sterminati parecchi anni prima da una campagna voluta dagli Shepenna di Enkar, si diceva che qualcuno dei più furbi fosse rimasto nascosto nelle foreste ad oriente, e non si poteva essere sicuri che non scendessero verso la pianura approfittando del calo della guardia da parte dei contadini.
Syndrieli era rimasta a casa, e aveva preparato, come tutti gli anni, la grande tavolata nel cortile della fattoria, di fronte al portico. Con lei si erano riuniti attorno alla tavola le sue due sorelle, che

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