giovedì 21 gennaio 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 11° pagina.


È in catalessi, e sta aspettando un bambino. Tutto qui. Certo, esistono delle malattie che producono la catalessi senza molti altri sintomi, ma non posso stabilire qui se si tratta di una di quelle malattie, non senza gli strumenti adatti».

Syndrieli ritornò con una brocca piena d’acqua. Il dottore la prese e vi sciolse dentro una polvere verdastra, che rese il liquido di un colore bruno.

«Mentre io vado a prendere il necessario a casa mia, dovreste lavare questa ragazza con questa pozione, passando un panno intriso su tutto il suo corpo, compresi i capelli e le unghie. E dovreste fare la stessa cosa voi tre, se nessun altro ha avuto contatti con lei.

Se questa ragazza ha qualche malattia contagiosa, il liquido disinfettante dovrebbe bloccare ogni contagio. Sempre che lo facciate subito, naturalmente. E mettete a lavare le lenzuola del letto in cui l’avete posata, dopo».

Syndrieli assicurò il dottore che avrebbe seguito le sue indicazioni, e mentre il dottore usciva di casa, andò a cercare Erkan, che si era rifugiato dietro casa.

Lo portò nel bagno del pianterreno, lo fece spogliare e là, nella vasca da bagno, gli passò il disinfettante su tutto il corpo, mentre Larsin se ne stava a sorvegliare la ragazza, in attesa di potersi disinfettare anche lui.

Fu proprio allora che la ragazza misteriosa si risvegliò.

Prima emise un vago lamento, e pronunciò una parola incomprensibile e gutturale, che a Larsin sembrò qualcosa come “tukukla” e “telekli”, una sorta di scioglilingua o di gioco di parole. Gli parve familiare, ma non seppe dire a cosa potesse somigliare o cosa potesse significare né in quel momento né in seguito.

Poi spalancò gli occhi e la bocca emettendo un grande sospiro, quasi un urlo soffocato. I suoi occhi sembrarono cercare qualcosa attorno nell’aria, terrorizzati. Nel vedere quel brusco risveglio, anche Larsin sobbalzò, sorpreso e spaventato.

«Calmati, ragazza. Sei in casa mia e sei al sicuro!».

Quando lei si volse a guardare Larsin, lo spavento nei suoi occhi sembrò spegnersi.

Larsin le disse dove si trovava e come l’aveva trovata, poi le chiese chi era.

La ragazza ansimava ancora, ma sembrava stare bene.

«Mi chiamo… Thymrel. Thymrel Nerkan. E vengo dalla Valle dei Gigli, in mezzo alle Montagne della Luna».

Larsin rimase interdetto, ma solo per un secondo. Fu più forte di lui, nel sentire quelle parole, reagire con una piccola battuta.

«Ah, sì? La Valle dei Gigli? E io sono la Grande Regina del Veltyan!».

 

 

 

CAPITOLO II: LA SMEMORATA

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Syndrieli non amava molto il dottore. Non gli piacevano le persone che facevano scelte strane nella vita. Pensava che potessero essere persone pericolose, che si mettono nei guai e che spingono altri a mettersi anche loro nei guai.

D’altra parte era l’unico dottore del villaggio.

Il dottor Velthur Laran era senz’altro un individuo singolare. Bravissimo e coltissimo, aveva abbandonato la vita di città per andare a imbucarsi in quel  piccolo villaggio ai piedi delle montagne, vicino agli estremi confini orientali del regno. Diceva che era perché non amava la vita di città, perché conduce alla corruzione, e che solo la pace e la vita semplice e austera dei paesi rende un uomo integro e sereno.

Era un Avennar, cioè un seguace della dottrina dell’Aventry, e anche questo non andava a genio a Syndrieli.

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