È in catalessi, e sta aspettando un bambino. Tutto qui.
Certo, esistono delle malattie che producono la catalessi senza molti altri
sintomi, ma non posso stabilire qui se si tratta di una di quelle malattie, non
senza gli strumenti adatti».
Syndrieli ritornò con una brocca piena d’acqua. Il dottore
la prese e vi sciolse dentro una polvere verdastra, che rese il liquido di un
colore bruno.
«Mentre io vado a prendere il necessario a casa mia,
dovreste lavare questa ragazza con questa pozione, passando un panno intriso su
tutto il suo corpo, compresi i capelli e le unghie. E dovreste fare la stessa cosa
voi tre, se nessun altro ha avuto contatti con lei.
Se questa ragazza ha qualche malattia contagiosa, il liquido
disinfettante dovrebbe bloccare ogni contagio. Sempre che lo facciate subito,
naturalmente. E mettete a lavare le lenzuola del letto in cui l’avete posata,
dopo».
Syndrieli assicurò il dottore che avrebbe seguito le sue
indicazioni, e mentre il dottore usciva di casa, andò a cercare Erkan, che si
era rifugiato dietro casa.
Lo portò nel bagno del pianterreno, lo fece spogliare e là,
nella vasca da bagno, gli passò il disinfettante su tutto il corpo, mentre
Larsin se ne stava a sorvegliare la ragazza, in attesa di potersi disinfettare
anche lui.
Fu proprio allora che la ragazza misteriosa si risvegliò.
Prima emise un vago lamento, e pronunciò una parola
incomprensibile e gutturale, che a Larsin sembrò qualcosa come “tukukla” e
“telekli”, una sorta di scioglilingua o di gioco di parole. Gli parve
familiare, ma non seppe dire a cosa potesse somigliare o cosa potesse
significare né in quel momento né in seguito.
Poi spalancò gli occhi e la bocca emettendo un grande
sospiro, quasi un urlo soffocato. I suoi occhi sembrarono cercare qualcosa
attorno nell’aria, terrorizzati. Nel vedere quel brusco risveglio, anche Larsin
sobbalzò, sorpreso e spaventato.
«Calmati, ragazza. Sei in casa mia e sei al sicuro!».
Quando lei si volse a guardare Larsin, lo spavento nei suoi
occhi sembrò spegnersi.
Larsin le disse dove si trovava e come l’aveva trovata, poi
le chiese chi era.
La ragazza ansimava ancora, ma sembrava stare bene.
«Mi chiamo… Thymrel. Thymrel Nerkan. E vengo dalla Valle dei
Gigli, in mezzo alle Montagne della Luna».
Larsin rimase interdetto, ma solo per un secondo. Fu più
forte di lui, nel sentire quelle parole, reagire con una piccola battuta.
«Ah, sì? La
Valle dei Gigli? E io sono la Grande Regina del Veltyan!».
CAPITOLO II: LA SMEMORATA
.
Syndrieli non amava molto il dottore. Non gli piacevano le
persone che facevano scelte strane nella vita. Pensava che potessero essere
persone pericolose, che si mettono nei guai e che spingono altri a mettersi
anche loro nei guai.
D’altra parte era l’unico dottore del villaggio.
Il dottor Velthur Laran era senz’altro un individuo
singolare. Bravissimo e coltissimo, aveva abbandonato la vita di città per
andare a imbucarsi in quel piccolo
villaggio ai piedi delle montagne, vicino agli estremi confini orientali del
regno. Diceva che era perché non amava la vita di città, perché conduce alla
corruzione, e che solo la pace e la vita semplice e austera dei paesi rende un
uomo integro e sereno.
Era un Avennar, cioè un seguace della dottrina dell’Aventry,
e anche questo non andava a genio a Syndrieli.
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