martedì 12 aprile 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 70° pagina.


«Una volta non era così, quel monte! Io vivo qui da quasi vent’anni, dalla mia fattoria lo si vede bene, lo sapete, e non ho mai notato niente di strano. Ci sono salito diverse volte, per andare a caccia, e non ho mai visto niente di quello che ho visto oggi. Quel silenzio di tomba, senza uccelli, senza insetti…. era irreale. E quei gatti! Ho sentito dire che sulle Montagne della Luna ci sono gatti selvatici molto grossi, ma non ho mai visto niente del genere da queste parti! Più ci penso, più mi viene da pensare che se li è portati dietro quell’eremita maledetto, e li ha addestrati per sorvegliare il suo dominio! È lui che ha mandato via le Fate, con i gatti o con altre cose…. dottore, avete sentito che odore veniva fuori dalla sua casa?».

«Sì, non l’ho detto prima, ma quello era l’odore di un laboratorio alchemico».

«E non pensa magari che abbia sparso sul monte qualche porcheria alchemica? Qualcosa che ha fatto fuggire tutti gli animali… e che magari fa venire anche le allucinazioni?».

«Quello che abbiamo vissuto non era un’allucinazione. Non conosco niente che possa far venire a persone diverse le stesse identiche allucinazioni, e tra l’altro far sentire le persone perfettamente lucide e in pieno possesso delle proprie facoltà. Così come penso che neanche Hermen e Knevin, quando sono passati di qui, siano stati sotto l’effetto di un allucinogeno. Hanno visto qualcosa sul serio, anche se non ho la minima idea di cosa fosse».

Larsin scosse la testa.

«E poi, Maxtran, amico mio… non si possono addestrare i gatti, lo sappiamo bene. Tanto meno dei gatti selvatici. E quelli non erano neanche addestrati, erano… come dire…. si comportavano quasi come una squadra di soldati. Tutti in fila, che avanzavano assieme, rimanendo però sempre a debita distanza da noi. Nessun animale si comporta così!».

«Sono degli spiriti, ecco la verità! – sbottò Hermen - Spiriti elementari, spiriti dei boschi, compagni delle Fate. Diciamocelo! Avete paura a dirlo?».

«Sarà perché non vogliamo sentire il dottore dirci che siamo dei bifolchi superstiziosi….Il dottore è famoso per non credere a niente…io che lo conosco bene da tanti anni ve lo posso confermare».

«Non credo agli spiriti che vagano nel nostro mondo, questo è vero. La mia religione m’impone di credere che gli spiriti disincarnati vivono in un altro mondo, separato da questo, e che non possono né farsi vedere, né parlarci. È una religione molto rassicurante, ve lo assicuro».

«Non parlateci difficile, dottore…. ehi, c’è qualcosa nell’acqua là, dove il fiume è più profondo».

A una distanza di cinquanta passi, in un punto dove l’acqua semifangosa scorreva più distante dai ghiaioni, c’era una grande increspatura, che quasi sembrava un vortice.

Istintivamente, i quattro uomini cominciarono a ritirarsi verso il punto dove avevano lasciato i loro vestiti, silenziosamente, e nello stesso tempo si guardavano attorno, come aspettandosi altre misteriose sorprese provenire dagli alberi lungo la riva.

Poi, l’essere apparve.

Emerse con la testa dall’acqua, poi apparvero le spalle mentre avanzava, e infine, raggiunto il punto dove si poteva toccare, si alzò passo dopo passo, finoa ad emergere fino alle caviglie.

Hermen e Larsin urlarono perché prima di allora non avevano mai visto uno di quegli esseri, ma non era il caso di Velthur e Maxtran.

«Un Saguseo! Cosa ci fa qui un Saguseo?».

«Più comunemente detti Tritoni, vivono quasi tutti presso la riva del mare, alle foci dei fiumi, o nei paraggi. Non ci sono mai stati Ttitoni qui, e non dovrebbero essercene. Non è un ambiente adatto a loro!».

«Ma io credevo che fossero metà uomini e metà pesci!».

«E io avevo sentito dire che le loro donne si trasformano in serpenti l’ultimo giorno della settimana…».

«Guardalo bene, Larsin! Non è forse in parte uomo, in parte pesce e in parte serpente?».

«Guardarlo bene? Io lo trovo orribile, non riesco neanche a guardarlo di sfuggita!».

Infatti Larsin aveva già riguadagnato l’asciutto e si stava rimettendo i vestiti. Prese l’adamantina spada di Hermen e gliela passò.

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