lunedì 25 aprile 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 81° pagina.


Per l’incolto Perun, la cosa appariva sconcertante. Gli era stato insegnato che solo i Thyrsenna avevano una scrittura, fra tutti i popoli degli Uomini di tutta Kellur, perché tutti gli altri erano selvaggi e barbari, e non avevano nessun segno di civiltà. Solo i Nani e le Fate avevano la loro scrittura, che però tenevano segreta, nascosta agli Uomini, affinché non potessero conoscere i loro segreti.

A meno che non si trattasse di una scrittura di un passato remoto ormai scomparso, di un’epoca prima del grande Diluvio che aveva devastato la terra intera più di quattromila anni prima, cancellando regni e città e sommergendo tutto sotto strati di fango, a parte le cime delle montagne. Aveva sentito dire infatti che ogni tanto, quando si scavavano le fondamenta di case e palazzi, riemergessero antiche rovine e reperti di quel passato remoto, lontano migliaia di anni.

Reperti e rovine che erano considerate preziose da nobili e sacerdoti, che davano lustro e prestigio se conservate dentro le loro ville e i loro palazzi, o dentro i templi sia piccoli che grandi, o nei parchi nobiliari.

I contadini, invece, li consideravano in genere dei potenti talismani, e l’occasione di guadagnare un bel po’ di soldi.

Se era così, quella lastra poteva essere un oggetto di grande valore, che magari si sarebbe potuta vendere persino a uno degli Shepenna della regione, o a qualche nobile patrizio.

Quando ebbe scoperto un tratto di due metri, in modo che si potessero vedere le strane iscrizioni e anche un tratto di quello che pareva un bassorilievo inciso, corse a chiamare il padre e il fratello minore Holeis.

Quando Maxtran giunse ai piedi della Polenta Verde, era ancora scettico, ma appena vide la lastra che affiorava dentro la buca e osservò le iscrizioni, si convinse del tutto.

«Hai ragione, Perun. Io ho già visto questo tipo di scrittura, nella fortezza a nord dove ho prestato servizio per tanti anni. Il mio comandante aveva un cimelio dei tempi antichi trovato in una grotta delle Montagne Albine. Un antico vaso di bronzo che apparteneva ai tempi prima del Diluvio, forse portato lassù da qualche superstite di quell’era remota, e aveva lo stesso tipo di scrittura.

Era la Lingua Antica che ormai più nessuno parla e comprende, e che un tempo si parlava in tutto il mondo e univa tutti gli Uomini, prima che venissero divisi in molte nazioni. Era la lingua dei Giganti che conquistarono il mondo intero e lo unificarono in un unico grande impero che sfidava il dominio degli Dei. Ogni tanto affiorano reperti di quell’era antica, un po’ dappertutto, e una di questi è proprio nel nostro terreno! Per la legge ci appartiene, e possiamo venderlo per chissà quanti pentacoli d’oro!»

«Questa lastra di pietra? Non pensi che magari possano esserci cose molto più preziose sotto?».

«Speriamo! Tu continua a scavare, e per fortuna che ci troviamo in un punto lontano dalla strada, così forse nessuno ti nota mentre scavi. Di questa storia nessuno deve sapere niente, per il momento. Non vorrei che venissero a rubarci quello che potremmo trovare».

«Magari è la tomba di un antico re antidiluviano….».

«Speriamo. Una volta, uno dei miei commilitoni mi raccontò di un tumulo, una collina artificiale simile alla Polenta Verde, in una lontana regione ad occidente, che aveva una galleria che conduceva fino al centro della base, dove c’era un sarcofago, che però era vuoto, ed un altare. Diceva che chi aveva scoperto il passaggio doveva aver depredato i tesori che sicuramente si erano trovati un tempo là. Sperava di poter trovare un giorno un tumulo dello stesso tipo. E pensare che ce l’avevo io nella mia proprietà, e non ho mai pensato che potesse essere la stessa cosa di cui mi avevano narrato!».

«Se per entrare bisognerà sollevare questa lastra di pietra, non so se ce la faremo da soli….».

«Staremo a vedere. Tu continua a scavare, poi magari questo pomeriggio verrò io a darti il cambio. Questa cosa non ci deve impedire di continuare il nostro lavoro normalmente. Continueremo a vivere e lavorare come abbiamo sempre fatto, nessuno deve accorgersi di niente, intesi? Eventualmente, copriremo la buca con dei rami».

Perun riprese lo scavo, mentre il padre e il fratello tornarono al lavoro. Non andò subito da sua moglie a raccontare cosa aveva scoperto il figlio.

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