sabato 16 aprile 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 74° pagina.


«Vorrà dire che rimarremo a pescare sul fiume io e te, Hermen, mentre loro due andranno dall’eremita. Li aspetteremo sul tratto di fronte al monte, e controlleremo se per caso non tornerà il Saguseo».

«Va bene… ma secondo me dovremmo avvertire i gendarmi».

«Per che cosa? Per dirgli che sul Monte Leccio c’è una strana invasione di gatti selvatici?».

«Io veramente volevo dirgli che si svolgeva il belk, su Monte Leccio».

«Il sistema migliore per spaventarli e convincerli a starne lontani. I nostri gendarmi appena sentono parlare delle Fate se la fanno sotto dalla paura».

«Io credo che se la farebbero sotto anche se vedessero quei maledetti gatti….».

Quando se ne furono andati, Maxtran mostrò a sua moglie Larthi lo strano scialle fatato, dicendole dove l’aveva trovato, ma senza fornirle troppi particolari.

Larthi lo guardò dapprima esterrefatta, poi lo prese in mano e ne osservò i complessi e delicati arabeschi verdi e motivi di foglie di vite e grappoli, soffermandosi sui giochi di cerchi intersecantisi.

«Maxtran, noi non possiamo tenere questa roba! E tanto meno io e le mie figlie possiamo indossarla! È un oggetto fatato, e porta sventura se non ci è stato donato espressamente da una Fata!».

«E allora lo venderò!».

«Ma neanche per sogno! Faresti ancora peggio, perché poi non potresti riparare al danno! Devi portarto prima possibile dove l’hai trovato e lasciarlo là!».

«Non farò una stupidaggine del genere! Le Fate l’hanno lasciato nel bosco, potevano fare a meno di abbandonarlo! Non l’ho mica rubato!».

Larthi gli avvicinò lo scialle, mostrandogli gli strani cerchi intersecantisi.

«Li vedi questi cerchi? Sono una specie di scrittura…. scrittura fatata. Scrittura magica. Mia madre era una strega. Era povera e non aveva niente, neanche un uomo che la proteggesse, ma non ne aveva bisogno perché era amica delle Fate e conosceva bene molti dei loro segreti. Qualcuno l’ha insegnato a me, anche se io non ho voluto imparare tutte le arti stregonesche.

Questi cerchi sono come una firma. Significa che questo scialle è fatto per una persona precisa, la sua proprietaria, e solo per lei. Crea un legame indissolubile fra la proprietaria e lo scialle, per cui questo oggetto, prima o poi, tornarà alla proprietaria, e tutti quelli che hanno cercato di impedire questo ricongiungimento la pagheranno cara.

Nessuno può possederlo, altrimenti non ne verrà niente di buono. Devi restituirlo, Maxtran. E l’unico modo è rimetterlo dove l’hai trovato».

A quel punto Maxtran non si tenne più e cominciò a gridare raccontandogli dove l’aveva visto, e di come lui e i suoi compagni fossero sfuggiti a una misteriosa orda di stranissimi, enormi gatti grigi, scuri come un cielo in tempesta, che li guatavano e li inseguivano dal bosco.

Larthi, in tutta risposta, si ritrasse mettendosi le mani sulla bocca e scuotendo la testa.

«Hai detto enormi gatti grigi e scuri? Tanti gatti? Oh no…. no! E dimmi…. C’erano fiori rossi nella radura? Tanti fiori rossi? Gigli rossi?».

«Cosa stai blaterando, donna? Altre favole raccontate da tua madre?».

«Questi gatti li hai visti, no? Erano reali, non fandonie, no?».

Maxtran si bloccò, perplesso. Improvvisamente forse si era reso conto che stava vivendo qualcosa di irreale.

«Io… non lo so. Ripensandoci, mi sono chiesto se quei gatti non fossero un’allucinazione. Non ho mai visto degli animali comportarsi così!».

«Riguarda uno dei segreti del belk, Maxtran! I fuochi del belk che abbiamo visto la notte del plenilunio…. devi scoprire se sono spuntati i gigli rossi….».

«Di quali demoni parli, moglie mia? Ah, maledette le streghe di campagna e i loro malefici! Chissà cosa avresti detto, se fossi venuta anche tu con noi!».
«Se fossi venuta anche io con voi, forse avrei potuto fare qualcosa contro i demoni che si nascondono nell’ombra del bosco! Vi ho sentiti, tu e i tuoi amici, mentre chiacchieravate sotto il

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