mercoledì 13 aprile 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 71° pagina.


Faceva un certo effetto vedere la massiccia figura nuda di Hermen sopra le dune di ciottoli, con la spada splendente come cristallo in mano, e l’altrettanto massiccio Larsin che si riparava dietro di lui, spaventatissimo.

«Rimanete calmi! Non c’è motivo di pensare che sia ostile! Sentiamo cosa vuole!».

Aveva un bel dire il medico di rimanere calmi, perché la visione del gigantesco Saguseo era davvero terrificante.

Era un gigante, come tutti i Sagusei. Un Thyrsen di statura media gli arrivava appena allo stomaco. La sua pelle era interamente ricoperta di squame verde ramarro, che sfumavano in un color nocciola sul petto e sul ventre.

Le enormi mani palmate, di un verde più scuro, avevano quattro dita, con unghie lunghissime e appuntite, simili ad artigli. Il volto, senza naso e senza orecchie, ricordava una via di mezzo fra un rettile e un pesce, con la grande bocca dalle grosse labbra cascanti, che mostravano una fila di denti appuntiti e bianchissimi, quasi trasparenti.

Ma erano gli occhi la cosa più spaventosa di tutte. Enormi, sporgenti come quelli di una rana, erano di un rosso fra lo scarlatto ed il ramato, che sfumava in un giallo-arancio attorno alle pupille a fessura. Sbarrati come fanali, accentravano l’attenzione in modo quasi ipnotico.

I Sagusei, infatti, normalmente non suscitavano molta simpatia, anche quando si dimostravano amichevoli..

I piedi si intravedevano soltanto sotto il pelo dell’acqua, ma si capiva che erano grandi e palmati.

Se ne stava là, immobile e gocciolante, dalle squame scintillanti sotto il sole estivo, e li osservava silenzioso.

Poi alzò una mano, come a calmare i quattro uomini con un segno di saluto.

Dalla sua bocca grande, dagli orli discendenti, uscirono poche parole, con una voce vibrante, quasi gracchiante e molto acuta.

«State attenti. Soprattutto ai fiori rossi. I guardiani arrivano sempre dovunque Loro sono già giunti».

Poi si voltò e si rituffò nelle acque, nuotando lungo il corso del fiume, da dove sicuramente era venuto.

I quattro si guardarono allibiti per parecchi secondi.

«Dottore…. siete sempre dell’idea che non siamo stati esposti a fumi drogati o qualcosa del genere? Ditemi che avete visto e sentito quello che ho sentito io!».

Velthur non rispose.

Larsin, riavutosi dal terrore, domandò con un filo di voce: «Quel mostro è uscito dalle acque solo per dirci cose prive di senso e poi sparire? E adesso cosa racconto in giro senza essere preso per ubriaco?».

«E lo domandi, pure? Assolutamente niente!».

Sbottò Maxtran.

 

 

CAP. VIII: LA VISITA NOTTURNA

 

 

Velthur, Larsin ed Hermen accompagnarono a casa sua Maxtran, che li invitò a bere qualcosa sotto il portico della sua fattoria.

Mentre parlavano seduti al tavolo nel portico, con i loro boccali di sidro, si misero d’accordo che non avrebbero parlato a nessuno, per il momento, di quello che avevano visto.

A un certo punto, Larsin notò qualcosa di strano che sporgeva dalla bisaccia di Maxtran, che aveva lasciato accanto al suo sgabello. Un qualcosa che appariva di un verde sgargiante, straordinariamente brillante.

«Per il sangue di Tinian, che razza di colore hanno usato per quella roba che hai nella bisaccia?».

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