Non aveva mai visto fiori del genere da quelle parti, e gli
tornarono alla mente le misteriose parole del Saguseo che avevano incontrato
nel fiume.
I fiori rossi poi gli fecero ritornare in mente i grossi
gatti selvatici di Monte Leccio e in particolar modo quello che aveva
accompagnato la Fata
quando era giunta a casa loro, come un cane segue il suo padrone. Lei li aveva
definiti i loro “guardiani”, ma non doveva trattarsi di qualcosa come dei
normali cani da guardia. Anche il Saguseo aveva detto qualcosa riguardo i
“guardiani”, associandoli ai fiori rossi. Doveva esserci un legame fra lui e le
Fate di Monte Leccio, altrimenti non sarebbe comparso in quel momento e in quel
luogo, dicendo quelle cose. Ma Maxtran non sapeva nulla riguardo i rapporti fra
i Sagusei e le Fate. Sua moglie avrebbe potuto parlargliene, ma non aveva
voglia di sentire le sue storie stregonesche. Ne aveva già avuto abbastanza con
la faccenda di quel maledetto scialle verde.
Dopo aver dato un’occhiata intorno, anche per assicurarsi
che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, cominciò a scavare per finire di
disseppellire la lastra. Gli sembrava strano che un oggetto tanto antico fosse
a una profondità di solo un metro. Aveva già visto, in altre lontane regioni
del paese, rovine dissepolte dell’era antidiluviana, ed erano tutte sotto un
profondo strato di terra pieno di detriti, perché le città e gli edifici
antidiluviani erano stati sepolti da una marea di fango dopo che le terre erano
riemerse dalla grande ondata di acqua marina.
Ma che si trattasse di un’opera dell’antica Età dell’Oro,
prima del Diluvio, non c’era alcun dubbio. Riconosceva lo stile delle
incisioni. Doveva essere la tomba di un antico re, o di un nobile guerriero,
che sicuramente si era fatto seppellire con i suoi tesori.
La collina stessa doveva essere un monumento funebre a
quell’antico personaggio senza nome, la cui storia doveva essere narrata sulla
lastra, e che solo i più sapienti uomini
e donne del Veltyan avrebbero potuto sperare di decifrare, perché la conoscenza
dell’Antica Lingua era andata in gran parte persa ancora alcuni secoli prima
della fondazione del Veltyan.
Una fessura di pochi millimetri separava il bordo della
lastra dalla cornice di pietra. Con il coltello che portava alla cintola, provò
a scavare la terra infilata nella fessura, per rendersi conto di quanto fosse
spessa la lastra. Gli parve che non lo fosse tanto, forse meno di dieci
centimetri.
Con gli strumenti adatti, forse sarebbero riusciti a
sollevarla e a spostarla quel tanto che bastava per entrare nel sotterraneo che
sicuramente si trovava sotto. Battendola con il badile, si sentiva il vuoto sotto.
Non aveva leve adatte a quel lavoro nella sua fattoria, ma
Hermen il fabbro forse avrebbe potuto fornirgliene una. Nell’esercito aveva
visto adoperare le leve di rame e acciaio azzurro alchemico, che con i loro
dischi di rame si attaccavano letteralmente alla roccia o ad altri materiali
pesanti come potenti magneti ed erano in grado poi di sollevarli con le loro
aste e catene d’acciaio duro come il diamante.
Eppure, avrebbe preferito non far sapere a nessuno della
loro scoperta fino a quando non avesse capito cosa si nascondeva sotto la
lastra..
Il suo terrore era di venire derubato o imbrogliato sul
valore di ciò che avrebbe trovato. Il dottor Laran, con la sua grande cultura,
sarebbe stata la persona adatta con cui consigliarsi. La sua onestà e la sua dirittura
morale erano fuori discussione, ma l’alkati Ennari Kaper, la vecchia
matriarca-borgomastrodi Arethyan, non godeva della sua fiducia.
La vecchia avida avrebbe sicuramente cercato di appropriarsi
della sua scoperta, qualunque essa fosse, magari con la scusa che un
ritrovamento così antico era un bene che doveva appartenere a tutta la
comuinità del villaggio, e non a una singola famiglia.
Finito di dissotterrare la lastra, ricoprì la buca con della
paglia di mais, per nasconderla, e tornò a casa per riprendere la sua vita come
se niente fosse, con il proposito di andare il giorno dopo dal dottor Laran a
parlargliene.
In fin dei conti, riteneva giusto raccontare al dottore
dello strano incontro della sera prima con la misteriosa Fata, e sentire il suo
parere al riguardo.
Sperava che, con la sua grande cultura, potesse consigliarlo
nel modo giusto, e magari anche valutare meglio tutta quella stranissima
situazione.
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