«Ah, quello! L’ho trovato su in cima a Monte Leccio, quasi
nascosto da un cespuglio. Ho pensato che sarebbe piaciuto alla mia donna. Ma
chissà…. forse lo si potrebbe vendere».
Maxtran lo tirò fuori dalla bisaccia. Era quello che
sembrava essere uno scialle, di un tessuto finissimo e morbidissimo, che pareva
seta, anche se sicuramente non lo era.
Con il fondo di un verde pallido, quasi acquamarina, era
decorato da strani grovigli di arabeschi e di spirali di un verde
brillantissimo, quasi fosforescente, con file di cerchi intersecantisi sui
bordi, secondo uno stile e un disegno sconosciuti all’arte dei Thyrsenna.
«L’avrà perso qualche Fata, come qualcun’altra ha perso la
coppa trovata da Larsin. Si devono proprio essere spaventate! Più di quanto ci
siamo spaventati noi!».
«Un oggetto del genere in effetti potrei venderlo a un bel
prezzo. A ben pensarci, forse potrei vendere anche la mia coppa. Non sono
molti, gli oggetti fatati che finiscono in mano umana».
«…. Anche perché si dice che se uno ne viene in possesso in
modo non lecito, essi portano disgrazia».
«Ci si recita una preghiera sopra, la si spruzza di acqua
consacrata, e il gioco è fatto! E poi anche la tua coppa rischia di portarti
disgrazia».
«Staremo a vedere. La preghiera e la spruzzata di acqua
consacrata ce la metterò anche io sulla mia coppa. Ma non credo che avremo dei
problemi. Potevano fare a meno di lasciare la loro roba per terra, quelle là».
Larsin non era un credulone, ma non era neanche esattamente
uno scettico. Le sue superstizioni ogni tanto le aveva anche lui. Era un
contadino thyrsen analfabeta, e condivideva la mentalità della comunità in cui
viveva. La paura degli spiriti, delle Fate, delle stregonerie erano una cosa
normale nei villaggi thyrsen, e ancora di più in quelli posti verso i confini
del paese.
Per sicurezza, ogni tanto rivolgeva preghiere di scongiuro
su oggetti, eventi, persone e situazioni considerate foriere di disgrazie e
malefici, esattamente come facevano tutti i contadini thyrsen, anche se poi non
era un frequentatore del tempio ed era amico di quel miscredente infedele di
Velthur, e in parte ne aveva assimilato la mentalità. Forse, per sentirsi un
po’ simile a un colto uomo di città.
I quattro rimasero a chiacchierare al tavolo per il resto di
quell’ozioso pomeriggio di festa, e la discussione gradatamente si spostò da
quello che era successo sul monte e sul fiume, ad argomenti più usuali.
Ad un certo punto, non ne poterono più di rimuginare su
quello che avevano visto, per quanto potessero essere spaventati, soprattutto
Larsin e il povero Hermen, che aveva sperato fino all’ultimo di scoprire che
era tutto normale, che il Monte Leccio non era la sede di prodigi spaventosi e
che forse davvero lui aveva preso un grande abbaglio quando aveva visto quel
demone volante.
Così, per allentare la tensione, e un po’ complice il sidro
e i cibi forniti da Maxtran e la sua famiglia, avevano cominciato a parlare di
desideri personali, di affari, di vecchie esperienze.
Velthur cominciò a narrare di quando, da giovane, aveva
incontrato dei Tritoni sulla costa meridionale del Veltyan, dove nei villaggi
di pescatori venivano a commerciare, scambiando pesci e frutti di mare e pepite
d’oro estratte dal mare, con oggetti d’artigianato. Raccontò di come non
bisognasse avere paura di loro, anche se avevano un aspetto orribile.
«La gente che vive lontano dal mare, o semplicemente molto
ignorante, se li immagina come esseri con il corpo di uomo sopra la cintola, e
di pesce sotto. Anche nelle illustrazioni dei libri a volte vengono
rappresentati così.
Ma quest’idea è frutto di un equivoco. Perché quando li si
descrive a chi non li ha mai visti, si dice che sono “metà uomini, metà pesci”
oppure “in parte uomini, in parte pesci e in parte serpenti”, la gente si
immagina degli esseri fatti con un pezzo di uomo, un pezzo di pesce e un pezzo
di serpente…. ma non è così.
La verità è che quando si dice così, s’intende dire che per
alcune caratteristiche assomigliano agli uomini, per altre ai pesci, per altre
ai serpenti.
A volte li chiamano anche “i giganti dal volto di vipera”, e allora ci
si immagina degli esseri altissimi, come un albero, e con la testa di
serpente…. e anche lì non ci siamo. Sembrano uomini
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