giovedì 28 aprile 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 84° pagina.


Quella sera, a cena, parlò di nuovo con sua moglie e con i figli, raccomandando a tutti loro di non parlare con nessuno della loro scoperta, almeno per il momento.

Una tempesta di emozioni si agitava fra gli Akapri,  i figli erano emozionati ed agitati all’idea dei tesori che sicuramente dovevano celarsi sotto la lastra, mentre il padre cercava di raffreddare il loro entusiasmo, dicendo loro di non farsi troppe favolose aspettative su quello che avrebbero trovato, per non correre il rischio di rimanere delusi.

La madre, dal canto suo, diceva loro che la cosa più importante era ricordarsi la misteriosa frase della Fata, che sicuramente indicava che quello era un luogo sacro, e che non dovevano mancare di rispetto alle forze spirituali che lo custodivano.

Perun, quella notte, non riuscì a dormire. Continuava a pensare a come essere sicuri di riuscire a sollevare la pesante lastra incisa senza romperla a colpi di mazza. Temeva che si sarebbe dovuto chiedere l’aiuto di qualche nobile signore o di qualche potente sacerdote per ottenere una leva abbastanza potente, al quale poi si sarebbe dovuto essere riconoscenti dandogli una parte delle loro scoperte, prima ancora di sapere cosa si sarebbe potuto trovare.

Rimuginando nel proprio giaciglio, ascoltava i rumori della notte e ripensava alla Fata che era venuta a fargli quel dono ignoto, la rivelazione di un segreto che rimaneva ancora tale. Avrebbe voluto poterla cercare per chiederle di dirgli cosa c’era sotto quella maledetta lastra così antica.

Fu proprio pensando alla misteriosa Fata senza nome, che sentì in lontananza un suono che gli fece gelare il sangue.

A che cosa somigliasse, non lo avrebbe saputo dire. Sembrava un po’ l’urlo di un forte vento che uscisse da una profonda caverna o da una gola rocciosa, il rombo di un tuono, il crollo di un edificio sotto la vibrazione di un terremoto. Cominciò con un lento crescendo finché riempì l’aria, e non si riusciva a capire se fosse vicino o lontano. Poi si arrestò bruscamente, con una sorta di tonfo.

Si precipitò alla finestra, mentre anche il fratello si era svegliato. Oltre la zanzariera la luce della luna calante non mostrava assolutamente niente di diverso dal solito, anche se i due cani da guardia avevano cominciato ad ululare.

Ma anche i loro ululati erano strani, non erano i soliti latrati di rabbia, erano una sorta di lungo lamento di dolore.

Poi alla fine qualcosa di strano Perun lo notò, e lo riconobbe subito: il bagliore verdazzurro degli occhi innaturalmente fosforescenti del gatto selvatico di ieri sera, che rifletteva la luce della lampada perenne appesa sopra l’entrata di casa. Splendevano oltre la pergola delle viti dall’altra parte del cortile, e rimanevano immobili.

A quel punto, Perun disse a suo fratello di andare a svegliare i genitori mentre lui andava a prendere una lampada perenne e a correre fuori, convinto che, se c’era di nuovo lo strano gatto selvatico, doveva esserci anche la sua inquietante padrona nei paraggi.

Ma quando uscì fuori, vide il gatto allontanarsi con rapidi balzi, poi fermarsi e voltarsi verso di lui, come per vedere se lo stesse seguendo.

A piedi nudi, il ragazzo gli si avvicinò di corsa, e il gatto si allontanò di nuovo e di nuovo si fermò per guardarlo. Sembrava proprio che volesse farsi seguire. E non ci volle molto, per capire che lo stava dirigendo proprio verso la Polenta Verde.

Perun non seppe trattenersi e aspettare i familiari, e si mise a correre dietro il gatto.

Mentre correva, gli parve di sentire le grida di suo padre che lo chiamava, ma ormai tutta la sua mente era occupata solo dall’ansia di sapere se fosse successo qualcosa alla Polenta Verde.

Il gatto si fermò proprio vicino alla lastra, ma questa non si trovava più nello stesso posto in cui Perun l’aveva dissepolta quella mattina.

Era letteralmente rovesciata, accanto alla buca che aveva scavato, sulla destra. Qualcuno prima di loro l’aveva sollevata e aveva aperto la cavità sottostante.

Prima, quello che aveva provato nel sentire quel rumore era spavento, e quello che aveva sentito nel seguire il gatto era ansia, ma ora, nel vedere la lastra rovesciata, era terrore.

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