venerdì 8 aprile 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 66° pagina.


minuscoli chicchi bruciati? Ho visto altre volte le ceneri del belk, ed erano proprio così! Nemmeno io ho la più pallida idea di cosa ci mettano, sulle fiamme, per rendere così le ceneri…».

«Bene, -commentò Hermen – o forse male. Ma questo non spiega ancora niente. Non spiega cosa abbiamo visto e sentito io e Knevin. Non spiega perché le Fate siano venute a fare qui il rito del belk. E non spiega Quello, quella cosa».

«No, infatti. E io mica ho detto che mi accontento di questo. Diamo un’occhiata intorno, e vediamo se troviamo qualcosa di strano».

«E cosa dovremmo trovare?».

«Non lo so. Qualsiasi cosa che non sia normale».

«Come se ci fosse qualcosa di normale in tutta questa faccenda….»

Si divisero tutti e quattro in giro per la radura e il bosco circostante, battendo palmo a palmo il prato rado.

Larsin trovò subito qualcosa di interessante. Una coppa di legno intagliato, dalla foggia strana e dall’ancor più strano colore.

Su tutto il calice erano intagliati degli arabeschi e delle spirali, alcuni fiori e quello che sembrava un muso di gatto stilizzato. Il legno chiaro, che sembrava di betulla, e che sembrava emanare lo stesso profumo della corteccia di betulla, era tutto colorato all’interno del calice, e lungo il bordo, di un colore blu-indaco intenso, che sbordava all’esterno del calice con una serie di righe, come se avesse contenuto un liquido colorato che aveva intriso il legno.

«Guardate, dottore! Non so se è abbastanza strano, ma io non ho mai visto un calice come questo!».

Maxtran raggiunse Larsin per primo e afferrò il calice.

«Questo è fatato, senz’altro. Ne ho visti altri, di oggetti così. Sulle montagne ai confini settentrionali un mio commilitone mi mostrò un bastone che era inciso nello stesso identico modo di questo calice. Lo teneva come portafortuna, e mi diceva che l’aveva ottenuto in regalo da un Sileno, che a sua volta lo aveva ottenuto dalle Fate. Da quelle parti ci sono molte più Fate che da noi, e quindi oggetti del genere li si vede spesso».

«Sì, ma questo colore…. cosa c’hanno messo dentro? Un colore per tingere i vestiti?».

«No, è il colore del vino delle Fate, lo fanno con i frutti di bosco: fragole, lamponi e mirtilli…. Più certe droghe ottenute da erbe. In particolar modo l’assenzio».

«Siete molto ben informato sui loro usi e costumi, dottore!».

«Sono un medico, Maxtran. Sapete quante volte ho dovuto curare contadini o pastori che si sono beccati una bella intossicazione da vino fatato?».

«Qui da noi? Ma a parte quello che è successo qua sul Monte Leccio, non ci sono mai state feste del belk!».

«Anni fa, all’inizio della mia professione medica, vivevo in un posto dove queste cose succedevano abbastanza spesso».

«In città??? Le feste del belk? In ogni caso, non è che ci dica di più di quello che sapevamo già dalle ceneri del falò. Le Fate hanno fatto baldoria qua la notte del plenilunio, e questo è quanto. Chissà che faccia farà l’eremita! Comunque, mi piace questo calice. Siccome è in buono stato me lo porto a casa, farà una bella figura nella nostra cucina».

«Non ne sono sicuro, Larsin, che non abbia niente da dirci. A quanto ne so, è molto strano che abbiamo potuto trovarlo. Le Fate sono molto scrupolose, nei loro riti. Non lasciano niente di loro, dopo le feste del belk. Niente che possa finire in mano agli Uomini senza che loro lo permettano, a parte le ceneri dei falò.

Hermen, hai detto che mentre tu e Knevin salivate, avete sentito all’improvviso la musica cessare, e avete cominciato a sentire non più canti e risa, ma urla di terrore. Forse è per questo che questo calice è stato lasciato per terra: perché chi lo stringeva in mano l’ha gettato per terra fuggendo dal terrore».

«Cos’è che può spaventare le Fate? Non molte cose, a quanto ho sentito dire….».
«La cosa che le spaventa di più, è che qualcuno scopra i loro segreti. Non sarebbero più in grado di rendersi invisibili agli Uomini, loro e tutto quello che gli appartiene. Ma se fosse venuto qua un

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