del Veltyan aveva sempre prevalso con la loro spietata
concretezza su ogni oscuro segreto che i guerrieri thyrsen avevano incontrato,
e Maxtran non sopportava che le invocazioni a oscuri malefici gettassero quella
stessa ombra sulla sua tranquilla vecchiaia, che lui aveva conquistato così
duramente.
Sua moglie invece si spaventava per ogni più piccolo fatto
strano che succedeva in casa o nei dintorni, e questo lo irritava enormemente.
Quasi malediceva il momento in cui lui e Larsin avevano parlato di quello che
aveva visto dal cortile di casa sua in
quella notte di plenilunio, e l’amico gli aveva chiesto di venire con lui in
cima a Monte Leccio.
Ma quando le ombre della sera erano ormai calate, anche la
sua irritazione si era sbollita, e decise di rientrare in casa quando ormai la
sua famiglia aveva già cenato.
Sua moglie gli aveva lasciato qualcosa in tavola, sapendo
che lui, come altre volte quando litigavano, avrebbe mangiato più tardi, da
solo.
Si vedevano ancora i chiarori del crepuscolo ad occidente, mentre
Maxtran mangiava da solo la sua zuppa di legumi e cereali , e il suo pane di
segale con il formaggio fresco di capra, i piatti più comuni sulla tavola dei
contadini del Veltyan, alla luce azzurrina di una fredda lampada perenne,
mentre all’esterno, alla luce di altre lampade perenni, Larthi e i suoi figli
svolgevano gli ultimi compiti della fattoria prima di andare a riposare.
Per i Thyrsenna contadini, il giorno finiva quando il sole
tramontava, e quindi il riposo dell’usiltin, il giorno del sole, era da
considerarsi anch’esso finito. Si poteva lavorare nelle ore serali senza tema
di offendere i comandamenti di Sil.
Sedute sulle panchine del cortile di fronte all’entrata,
alla luce della lampada perenne appesa sopra la porta, Larthi e le due figlie sgranavano
le pannocchie di mais appena raccolte, e la madre raccontava alla figlia più
piccola l’antica leggenda che narrava che i primi semi di mais erano stati
portati dai Giganti, venuti a bordo di una grande nave dalle lontane terre d’occidente
di là dal Grande Oceano, molti secoli prima. E che quegli stessi Giganti erano
gli ultimi resti degli antichi Giganti che dominavano tutta Kellur, la Madre Terra , prima del Diluvio.
Sempre secondo l’antica leggenda, la Kyrenni , la Grande Regina del Veltyan, li aveva
accolti benevolmente e aveva concesso loro di vivere sulla montagna di Tituan,
un antico vulcano spento, che d’allora in poi fu chiamata Montagna dei Giganti,
ai confini orientali del Veltyan, ai cui piedi avevano piantato grandi campi di
mais.
E ancora adesso i Giganti vivevano là, coltivando il mais e
rimanendo fedeli cittadini del Regno Verde.
Quella storia Larthi l’aveva raccontata innumerevoli volte a
sua figlia, la quale ogni sera pretendeva infatti che la madre gliela
raccontasse di nuovo. E ogni volta la bambina diceva che un giorno, quando
fosse diventata grande, sarebbe partita per la montagna di Tituan, per
incontrare i Giganti.
Nel frattempo, i due figli maschi si occupavano del
bestiame, e controllavano che le bestie fossero ben protette nei loro recinti e
nella stalla, aggirandosi con le loro lampade perenni in mano.
Che fortuna che erano le lampade perenni, soprattutto per
chi viveva in luoghi isolati. Da quando erano state introdotte più di cinque
secoli prima dagli alchimisti, avevano portato un immenso beneficio a tutto il
Regno Verde.
Le lampade perenni non bruciavano nessun carburante, e
splendevano per secoli e secoli, anzi per millenni, senza mai esaurirsi.
Infatti, pareva che nessuna lampada perenne si fosse ancora spenta, da quando
erano state fabbricate le prime.
E la fonte di quella luce azzurrina e costante era
semplicemente una lamina di piombo avvolta attorno a un cilindro di vetro e
rame alchemici, che trasformavano la sostanza del piombo in parte in pura luce,
mentre ciò che ne restava diventava particelle d’oro, con un processo
lentissimo che sarebbe durato appunto millenni, finché alla fine tutte le
lampade perenni si sarebbero spente non appena il piombo fosse diventato tutto
oro. In quei giorni, l’oro non sarebbe costato più niente. In compenso, anche i
più poveracci avrebbero potuto possedere ornamenti d’oro, perché ormai erano
state prodotte così tante lampade perenni che anche la più misera fattoria
nell’angolo più depresso e solitario del regno, aveva le sue lampade perenni,
magari vecchie di secoli.
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