sabato 11 giugno 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 115° pagina.


L’uomo, che si chiamava Sethir Frontiakh, era diretto a Tulvanth, in cui viveva, e che era il paese più vicino alle Colline di Leukun.

Il nome della località chiaramente non era stato scelto a caso, dato che Tulvanth nella lingua dei Thyrsenna significava “confine del fato” o qualcosa del genere.

Sethir, dalla lunga barba senza baffi, grigia ed appuntita come voleva la tradizione dei vecchi contadini, e dai grigi e furbi occhi chiarissimi, stava tornando a casa dopo aver portato il proprio granturco da macinare ad uno dei mulini ad acqua che si trovavano lungo il fiume Eydin ad Aminthaisan.

Velthur salì sul carro a fianco del vecchio e si misero a chiacchierare per far passare il tempo.

«State andando al bosco delle Fate, vero?».

«Come avete fatto ad indovinare?».

«Indovinare? Non c’è neanche bisogno di indovinare. Anzi, non avrei neanche dovuto domandarvelo! Eh, li si vede bene, quelli che vanno al bosco delle Fate. Li si riconosce tutti quanti. Con quell’aria da viandati pellegrini, che vanno lungo questa strada nella speranza di poter incontrare qualche Fata che gli dia risposte sulla loro sorte, o sulla sorte di persone a loro care, o anche per ricevere solo un consiglio in cambio di qualche favore».

«Ne vengono in tanti qui, per visitare le Fate?».

«Oh sì, tanti e da sempre. Da quando esiste il villaggio, perché loro erano già là da molto prima. Dai tempi del Diluvio. Vengono in tanti, ma non tutti riescono a parlarci. Solo a chi comoda a loro. E non si riesce a capire perché alcuni riescano ad avere udienza, e altri no. Capita che persone importanti e rispettabilissime vengano qui, e non ottengano un ragno dal buco, mentre invece emeriti briganti e malfattori, o poveracci senza arte né parte, vengano ricevuti subito e senza tanti problemi.

Un vecchio carico di esperienze deve andarsene con le pive nel sacco, mentre magari invece un ragazzino sciocco e frivolo che le visita solo per gioco, trova risposte alle sue domande.

I più saggi dei nostri contadini dicono che è così proprio perché le Fate vedono il futuro, e vedono anche le conseguenze dei loro responsi. E quindi sanno anche a quali persone è meglio darli, e a quali no, perché avrebbero conseguenze nefaste. Ma in realtà, non si capisce molto di quella gente. Noi che ci viviamo vicino forse non ne sappiamo molto di più di chi non le ha mai viste in vita sua.

Le Fate mantengono gelosamente i loro segreti, e noi non cerchiamo certo di carpirli, per non inimicarcele. Meglio averle come amiche che come nemiche».

«Voi siete mai stato da loro? Avete chiesto anche voi qualche responso?».

«Mai. Le ho viste parecchie volte, ovviamente. Le ho incontrate e ho parlato loro, e ho scambiato doni, ma non ho mai chiesto niente di più.

Non ho mai voluto sapere il futuro, o scoprire cose del passato. Né ho mai sentito il bisogno di farlo. Sarà che sono stato fortunato e ho avuto una vita abbastanza tranquilla. Penso che le gente che va dalle Fate a cercare risposte siano tutte persone che soffrono, o che hanno tanta paura.

Anche voi, immagino che volete andare da loro perché c’è qualcosa che vi angoscia, o perché avete avuto un grande dolore nella vostra vita, e vorreste trovare qualcosa che lo spenga, o lo renda meno violento....».

«Sì, ma preferisco non parlarne».

«Oh, scusate. Non volevo sembrare impiccione, era solo per chiacchierare. Ma io ne ho viste tanti di visitatori, di tutti i tipi, salire su questa strada a piedi, in cocchio, a cavallo, su di un carro. Contadini come me, gente di città, poveri e ricchi, persino molti sacerdoti, anche se magari diffidano i fedeli a non seguire i culti praticati dalle Fate. Poi sono loro i primi a cedere alla tentazione, e sul loro conto si narrano le storie più belle ed intriganti fra tutte quelle che sentiamo qui. Quante storie che si sentono! A centinaia, una per ogni visitatore!».

«Beh, dato che avete il tempo di raccontarmele, ditemene almeno qualcuna. Può darsi che dopo mi decida a raccontare io il perché sono venuto qui. Così potrete aggiungere la mia storia al vostro repertorio».

Nessun commento:

Posta un commento