martedì 7 giugno 2016

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 111° pagina


Almeno, questa è la cosa più rassicurante che mi può venire in mente. Perché l’alternativa più immediata sarebbe pensare che sia improvvisamente impazzita. O che magari sia stata colta da un’altra amnesia, che le ha fatto dimenticare dove si trovava. O che magari sia impazzita perché all’improvviso ha ricordato cosa le è veramente successo….».

«Un momento! Cosa hai detto??? Che avrebbe potuto ritrovare la memoria?».

«Forse. Anche se è improbabile. Perché?».

«Perché prima che sparisse, ieri sera…. sono andato nella sua camera, per vedere come stava il bambino, e mi ha parlato. Mi ha detto che cominciava a ricordare altri particolari della sua vita passata. Ha detto una cosa che mi è parsa molto strana. Ha detto che si ricordava che suo zio possedeva una reliquia del tempo prima del Diluvio. Una statuetta d’ambra che rappresentava un toro, proprio come la grande statua del Santuario d’Ambra! Ricordava che suo zio le aveva detto che nella Valle dei Gigli nell’era antidiluviana vivevano i Giganti, e che queste cose ha cominciato a ricordarle quando le hanno parlato per la prima volta del Santuario di Silen. Dice che la cosa l’ha molto spaventata. Non può essere una coincidenza».

«No, non può esserlo. Forse davvero si è ricordata di qualcosa che l’ha molto spaventata, a tal punto da fuggire nella notte. Hai già avvertito i gendarmi della sua scomparsa?».

«No, non ancora. Volevo prima parlare con te. Per quello che serve, poi… quegli imbecilli non fanno niente, neanche se si trovano di fronte a una banda di briganti, figuriamoci per la scomparsa di una figlia di nessuno, tra l’altro forestiera».

«Già. Ma non bisogna risparmiare nessuna via possibile. Io, da parte mia, avvertirò oggi tutte le persone che vedo, pazienti e loro parenti, e chiederò se possono averla vista. Non dovrebbe essere difficile notarla, a meno che qualcuno non le abbia dato dei vestiti da indossare».

Velthur avrebbe voluto che Larsin, che non aveva dormito tutta la notte, si riposasse un poco. Cercò di convincerlo a bere una delle sue tisane calmanti e dormire una ventina di minuti per riprendersi. Velthur accettò la tisana, ma rifiutò di riposarsi. Disse che sarebbe andato alla postazione dei gendarmi e che poi avrebbe dormito a casa, se ci fosse riuscito.

Quando se ne fu andato, Velthur cominciò a pensare a quello che voleva fare da qualche tempo, e che non aveva trovato il coraggio di compiere prima d’allora.

Ma la scomparsa di Thymrel era stata la miccia che l’aveva fatto decidere.

Sarebbe andato alle Colline di Leukun, e avrebbe cercato Prukhu in quei boschi, a costo di perdersi là dentro.

Non era mai stato in quei luoghi, che conosceva solo per sentito dire.

Ma in qualche modo, ne era sicuro, Prukhu era legato a quello che stava succedendo, qualcosa doveva sapere. Ricordava bene il suo monito di stare attento a qualsiasi cosa strana avesse notato in paese e nei dintorni, e di cose strane ne erano avvenute troppe.

Se necessario, avrebbe affrontato la Regina delle Fate di Leukun, per andare a fondo di quella faccenda. Sicuramente quella gente sapeva qualcosa, lo dimostrava quello che era successo su Monte Leccio e alla Polenta Verde.

Aveva bisogno di qualche giorno di libertà per andare in quel luogo. Avrebbe chiamato un giovane apprendista di sua conoscenza da Enkar per sostituirlo nei giorni di assenza. Poi sarebbe partito senza alcun indugio.

Si mise subito a scrivere la lettera per il suo collega e chiese subito alla signora Mendibur di portarla alla stazione dei cavalli, che fungeva anche da stazione postale.

Ci sarebbero voluti un paio di giorni perché la lettera arrivasse a destinazione, a cavallo o in barca lungo il corso del fiume, e se il suo giovane collega rispondeva subito, o si degnava addirittura di venire direttamente, poteva sperare che fra una settimana circa o poco più, potesse partire.

Nel frattempo, chissà, poteva darsi che Thymrel venisse ritrovata e che la cosa venisse chiarita. Ma indipendentemente da quel fatto, lui sarebbe andato lo stesso a cercare Prukhu.
Era una cosa che doveva fare assolutamente. Sentiva ancora lo sconcerto, la rabbia e la frustrazione di quando l’amico Sileno era comparso sulla soglia di casa sua e gli aveva detto che doveva subìre

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